Lo scontro tra Musk e Trump sui social è X contro Truth

Elon Musk speaking at the 2025 Conservative Political Action Conference (CPAC) at the Gaylord National Resort & Convention Center in National Harbor, Maryland_free_Wikimedia_Commons
L’uomo più ricco del mondo attacca senza pietà il più potente sull'ex Twitter, dopo aver lasciato il suo incarico governativo. Ma il presidente sta rispondendo in maniera più morbida del solito

La guerra di dichiarazioni scoppiata tra Elon Musk e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è, prima di tutto, un conflitto di audience. O come si addice di più ai social media, di reach.

Musk, che il 30 maggio ha lasciato il Dipartimento per l’efficienza governativa – l’agenzia creata su misura da Trump per ridurre le spese dell’esecutivo – ha criticato in modo molto duro la proposta di legge di bilancio del presidente e i 215 membri della Camera che, a maggioranza di un solo voto, hanno approvato il disegno del One Big Beautiful Bill.

Rimane ora l’approvazione del Senato, che la Casa Bianca vuole ottenere entro il 4 luglio.

“Questo disegno di legge enorme, scandaloso e pieno di favoritismi è un abominio disgustoso. Vergogna a chi l’ha votato: sapete di aver sbagliato”, ha scritto in un post su X.

Secondo l’imprenditore, infatti, il disegno di legge “aumenta il deficit di bilancio” e “mina il lavoro svolto dal team del Doge”, come ha dichiarato alla Cbs.

Tuttavia, la “vera bomba”, come l’ha definita lo stesso Musk, l’amministratore delegato di Tesla e SpaceX l’ha pubblicata in un altro post pubblicato sul suo social media, dove ha scritto che Trump figurerebbe tra i nomi degli Epstein file, ossia i documenti giudiziari raccolti durante le indagini su Jeffrey Epstein, finanziere morto suicida nel 2019 e accusato di traffico sessuale di minorenni.

Risponde piano il presidente 

L’inquilino della Casa Bianca, sebbene abbia ribattuto, non lo ha fatto con l’accanimento e lo stile tempestoso a cui ha abituato nei suoi anni da presidente.

Secondo Anthony Scaramucci, conduttore del podcast The Rest is Politics Us e, per pochi giorni, capo della comunicazione della Casa Bianca durante la prima amministrazione Trump, questo potrebbe essere dovuto alla volontà di evitare un’escalation della diatriba.

Un comportamento singolare per una personalità che non ama essere attaccata frontalmente e alla quale è stata mossa un’accusa molto grave e personale.

Questa reazione, sostiene Scaramucci, potrebbe lasciar intendere una situazione delicata dalla quale è meglio togliere in fretta i riflettori.

“Ha perso la testa”, ha detto alla Abc.

A scatenare la rabbia di Musk, ha affermato il presidente durante l’incontro del 5 giugno con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, sarebbe stata la decisione della Casa Bianca di cancellare i sussidi per i veicoli elettrici.

Poco per i toni a cui ha abituato negli ultimi anni.

X vs Truth

Al momento, quella fra Musk e Trump è una battaglia giocata in primo luogo sui social media.

A oggi, l’esito potrebbe dipendere da chi tra i due duellanti riuscirà per primo a scagliare contro l’altro il post più esplosivo, capace di generare visualizzazioni, interazioni e copertura tali da rendere innocui quelli dello sfidante.

Trump preferisce servirsi soltanto della sua piattaforma Truth Social per conseguire la sua narrazione volta a delegittimare la credibilità dell’avversario.

Musk sta attaccando dal suo profilo X, dove sfiora i 221 milioni di follower.

Da lì sta continuando a pubblicare una sequela di post che hanno nel mirino sia direttamente il presidente, sia il suo progetto di legge finanziaria – casus belli ufficiale di questa inattesa conflittualità.

Stando ai dati collezionati dall’agenzia marketing Arcadia, aggiornati alla mattina del 6 giugno, in tre giorni – da mercoledì 4 a venerdì 6 giugno –, l’account X di Musk ha postato e ricondiviso 86 contenuti contro il One Big Beautiful Bill.

Questi post e repost del proprietario di X hanno ottenuto fino a venerdì mattina oltre 389 milioni di visualizzazioni e più di 6,3 milioni di interazioni.

Più complicato, invece, il censimento della copertura complessiva dei contenuti di Trump, perché, fino a ora, il presidente ha affidato il suo pensiero soltanto ai post pubblicati su Truth, che non è monitorato dalle piattaforme di social listening.

Tuttavia, a un primo conteggio manuale – sempre aggiornato alla mattina di venerdì 6 giugno –, i tre post in cui il presidente risponde alle critiche di Musk hanno incassato una media di 56mila reaction – considerando commenti, mi piace e condivisioni.

La media per un contenuto di Trump su Truth è di circa 12mila.

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La sede centrale di Google a Mountain View, in California. Foto: Wikimedia Commons.

Chi gongola

Sono lontani i tempi di quando, a marzo dello scorso anno, il presidente degli Stati Uniti aveva chiesto all’allora alleato e proprietario di X di acquistare Truth Social.

Al momento, però tra i due litiganti c’è già un terzo che gode e a cui lo scontro sta fruttando informazioni e denaro: Google.

Il motore di ricerca sta infatti immagazzinando una quantità impressionante di dati comportamentali condivisi dagli utenti, americani e non solo, che sono compulsivamente alla ricerca di novità sui due contendenti e la loro diatriba.

E, mai come ora, ha senso ricordare la celebre dichiarazione del matematico britannico Clive Humby, secondo cui “i dati sono il nuovo petrolio”.

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