IA e giornali, questione di traffico. Parte 2 – Il voltafaccia di Google

Di il 09 Luglio, 2025
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L'anno scorso le funzioni Discover e Search del motore di ricerca hanno garantito un massiccio flusso in entrata ai siti di informazione. Oggi, AI Overviews e AI Mode stanno riducendo gli accessi
Questo articolo è il secondo di un approfondimento in due parti sull’evoluzione del traffico esterno verso i siti d’informazione, spinta dal crescente uso degli assistenti virtuali basati su IA generativa per accedere alle notizie.
La prima parte è stata pubblicata su Mediatrends l’8 luglio 2025.

Lo scorso anno si era chiuso con una buona notizia per i siti delle testate: l’affidabilità di Google. Nel 2024, la funzione Discover del motore di ricerca aveva convogliato oltre il 25% del traffico esterno totale sulle homepage dei giornali, mentre Search aveva assicurato un altro solido 14%. Nel giro di sei mesi la situazione si è ribaltata.

Infatti, mentre i dati rassicuravano i gruppi editoriali, a maggio dello scorso anno il gruppo di Mountain View lanciava AI Overviews, il servizio di intelligenza artificiale che genera riassunti delle informazioni reperite dalle pagine web, evitando all’utente lo sforzo di visitarle.

Il servizio è stato integrato in vari Paesi nei mesi seguenti, arrivando in Italia a marzo del 2025.

Nello stesso periodo, è stata presentata un’altra novità, chiamata AI Mode, uno strumento che non si limita a creare riepiloghi ma fornisce risposte più elaborate e dettagliate, divise per tematiche.

Le conseguenze per i siti si sono concretizzate nel corso del primo semestre dell’anno.

Diverse analisi citate dalla Bbc indicavano una riduzione complessiva dei clic sulle pagine web compresa fra il 30% e il 70% e un rapporto pubblicato a febbraio da Bain & Company affermava come il 60% delle ricerche fossero zero clic, ossia terminano senza che l’utente sia entrato in almeno un sito.

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Foto: Canva.

Notizie a prima vista

I siti di informazione non hanno fatto eccezione e, anzi, hanno subito più di altri le conseguenze dell’erosione delle flusso in entrata sulle proprie pagine – soprattutto quei giornali e blog basati su un modello gratuito, che puntano a massimizzare le visite per tenere alti i costi degli spazi pubblicitari.

L’ultimo report di Similarweb ha confermato i segnali negativi.

Dal lancio di AI Overviews, a maggio del 2024, allo stesso mese di quest’anno, le ricerche per cercare notizie che finiscono senza clic sui siti di notizie sono cresciute dal 56% al 69%.

In valore assoluto, questo ha significato una riduzione del traffico esterno sui portali delle testate, passato 2,3 miliardi di visite a maggio del 2024 a circa 1,7 miliardi nel maggio 2025.

Come si legge nel rapporto di Similarweb, un andamento simile rischia di mettere in discussione la regola principe della Seo: il valore del ranking sui motori di ricerca, ossia la capacità di risultare tra i primi risultati mostrati.

L’andamento del traffico verso i siti di informazione negli Stati Uniti tra gennaio 2024 e maggio 2025. Fonte: Similarweb.

In sofferenza

Nonostante 37 delle maggiori 50 testate statunitensi abbiano registrato a maggio una diminuzione dell’afflusso di utenti provenienti dagli Stati Uniti ai loro siti – anche a causa del sempre maggiore utilizzo di AI Overviews di Google – non tutti stanno soffrendo allo stesso modo il calo delle visite.

A fornire una panoramica – principalmente sui media statunitensi, ma non solo – è Press Gazette, che ha rielaborato i dati forniti da Similarweb.

La società di analisi ha individuato, per ogni testata, le 100 parole chiave che storicamente generano più traffico verso il sito. Dopo aver verificato la presenza di un’AI Overview associata a ciascuna di queste parole chiave, ha calcolato la quota di ricerche che non hanno prodotto alcun clic.

I risultati mostrano che la versione online del tabloid britannico Daily Mail è la più colpita, con il 68,8% di zero clic comprendenti le keyword del giornale e associate a un’AI Overview a maggio del 2025. Nello stesso mese dello scorso anno, prima dell’avvento del servizio IA di Google, gli zero clic complessivi erano stati il 48%.

Nel caso di Buzzfeed, le ricerche di parole chiave rilevate da un’AI Overview che non hanno portato a ingressi sul proprio portale sono state il 69,2% a maggio del 2025, mentre un anno prima, quando la funzione di Google non c’era, si fermavano a 52,8%.

In Europa, una testata che ha subito in maniera drastica il cambiamento è il quotidiano francese Ouest-France, che, a causa del nuovo strumento di IA, ha visto le ricerche senza visite aumentare dal 39,8% al 54,5% nello stesso periodo.

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La sede della Cnn a Washington, DC all’820 di First Street. Foto: Wikimedia Commons.

Oltre Google

Più in generale, a prescindere dalla variazione tendenziale, diversi giornali ed emittenti hanno fatto registrare picchi di ricerche zero clic superiori al 70% lo scorso maggio.

Tra questi, Livedoor in Giappone (79,5%), il più diffuso quotidiano russo, Komsomolskaya Pravda (79%), e l’americana Cbs News (75,1%).

Analizzando più in generale i dati sulle visite ai siti dei giornali e delle emittenti, si conferma una crisi diffusa che, nel caso dei network televisivi, si somma alla perdita di ascolti via cavo, come nel caso della Cnn.

Proprio la rete di Atlanta, a maggio di quest’anno ha perso il 27,9% del flusso di utenti statunitensi online in entrata rispetto allo stesso periodo del 2024, sottolinea Press Gazette.

Sempre negli Stati Uniti, nello stesso lasso di tempo, il New York Post ha perso il 27% del traffico esterno proveniente dagli Stati Uniti e Fox News il 23,9%, l’HuffPost il 23%, il Washington Post il 19% e Usa Today il 17%.

Nel Regno Unito, gli utenti americani del Sun a maggio del 2025 sono stati il 59% in meno dello stesso mese del 2024, mentre per il Daily Mail la perdita ha ammontato al 32%.

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Foto: Unsplash.

Prima di Google

Il problema del traffico esterno verso i siti di informazione è una costante, quello che cambia sono le cause e gli attori coinvolti in questa dinamica.

Ne è un esempio Facebook, che nel 2024 aveva adottato delle politiche che penalizzavano le visite esterne ai siti di informazione, provocando una riduzione del volume nel flusso di utenti in entrata per le testate.

Un dato significativo è quello del mese di novembre dello scorso anno, quando il social media di Meta aveva contato per il 4% delle visite complessive, contro il 6,4% del novembre precedente.

Quest’anno, grazie a un aggiornamento del suo algoritmo, la piattaforma sembra per ora essere tornata amica dei gruppi editoriali.

A marzo, il 75% di un campione di 68 importanti testate in lingua inglese prese in considerazione, la quota di traffico social da desktop attribuibile a Facebook – esclusa, quindi, la navigazione da smartphone – è aumentata su base tendenziale.

Che sia Google o Facebook, dunque, i giornali devono fare i conti con un’instabilità congenita delle piattaforme attraverso cui gli utenti online accedono ai propri contenuti.

Nel caso del motore di ricerca, la questione ha assunto un rilievo istituzionale, dato che un gruppo di editori indipendente, riuniti nell’associazione Independent Publishers Alliance, insieme all’organizzazione non profit britannica Foxglove, hanno presentato un ricorso alla Commissione Europea – l’organo dell’Unione incaricato di far rispettare le norme antitrust – e un’istanza simile alla Competition and Markets Authority del Regno Unito.

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La sede del New York Times a New York, realizzata dall’architetto italiano Renzo Piano. Foto: Flickr.

Quale modello

La morale, però, non cambia. Le testate devono ripensare e diversificare – di nuovo – i loro modelli di business.

E, per ora, l’aumento dei referral prodotto dalla sempre più diffusa abitudine di consultare ChatGpt per ottenere le notizie non è paragonabile alle perdite dovute ai servizi IA dei motori di ricerca.

Non a caso – ha scritto Charlotte Klein sulla rubrica Intelligencer del New York Magazine – la maggior parte dei manager nei gruppi editoriali concorda sulla necessità di trovare un approccio che riduca la dipendenza da piattaforme esterne per raggiungere il pubblico.

Eppure, in molti casi regna la confusione.

A salvarsi sono le testate che hanno sempre puntato sul modello degli abbonamenti e, dunque, possono contare su un bacino di iscritti che vengono abituati a ricevere personalmente ogni giorno le notizie in diversi formati.

Riuscire a instaurare un rapporto stretto con la propria audience è fondamentale per fidelizzarla.

Il caso studio è il New York Times, che ha toccato gli 11,7 milioni di abbonati al termine del primo trimestre dell’anno e continua a macinare profitti.

Anche perché, come ha dichiarato a Klein un giornalista del quotidiano newyorkese, “costa meno trattenere un cliente che conquistarne uno nuovo”.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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