
Quando è stato fondato nel 2017, Substack è nato come un servizio online pensato per pubblicare il lavoro di giornalisti, scrittori e blogger sotto forma di newsletter, senza le restrizioni imposte da editori e testate.
Negli ultimi anni, la piattaforma è cresciuta a livello sia di utenti sia di autori, ottenendo una certa rilevanza nel panorama dei cosiddetti new media.
Il sito web infatti, grazie al successo del suo servizio di live streaming introdotto a inizio anno, ha iniziato ad attrarre molti talenti nel mondo del giornalismo.
Cronisti e conduttori televisivi, ora privi dei vincoli editoriali e liberi di seguire le proprie idee e pagati, in alcuni casi, anche di più di quanto una testata possa permettersi.
Tuttavia, questo modello inizia a insospettire gli esperti del settore, scrive Wired.
Infatti, essendo il sistema di pagamento basato sugli abbonamenti alle singole newsletter, solo alcune personalità riescono a crearsi un grande pubblico – e, di conseguenza, guadagnare cifre considerevoli.
La questione centrale è che, pur offrendo a tutti gli autori le stesse possibilità e opportunità, solo i nomi più famosi del settore riescono ad attrarre un alto numero di abbonati e trarre un effettivo vantaggio economico.
Gli altri, quelli che non riescono a farsi sentire, potrebbero cadere nel dimenticatoio.

Foto: Unsplash.
Effetto Trump
Nell’ultimo anno, Substack ha guadagnato particolare fama anche grazie alle elezioni presidenziali americane.
Queste infatti sono state la prima e vera dimostrazione che nel panorama dei media, oltre alle testate tradizionali e alle emittenti televisive storiche, c’è spazio anche per singoli news influencer.
Durante la campagna conclusa con le elezioni di novembre, spesso i candidati si sono rivolti a podcaster e creator nel mondo dell’infotainment.
I giornalisti hanno così capito che anche a livello monetario, oltre che editoriale, l’indipendenza avrebbe potuto favorirli.
C’è poi la questione della sala stampa della Casa Bianca.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha aperto le porte anche a giornalisti indipendenti e podcaster, spesso addirittura preferendoli a testate storiche come l’Associated Press, esclusa dallo Studio Ovale e dall’Air Force One per essersi rifiutata di scrivere nei suoi articoli Golfo d’America al posto della sua definizione standard, Golfo del Messico.
Di conseguenza, alcune testate hanno cominciato ad assecondare il presidente, dettando linee editoriali più accomodanti.
Indipendenza editoriale
Eclatante è il caso di inizio giugno del conduttore televisivo per Abc News Terry Moran.
La sua emittente lo ha licenziato in seguito ad alcuni post su X critici nei confronti di Trump e Stephen Miller, consigliere per la sicurezza interna degli Stati Uniti, giustificando l’azione come effetto della violazione delle politiche editoriali dell’azienda.
Due giorni dopo, il conduttore ha aperto il suo canale su Substack, come hanno fatto anche molti altri.
Quello che attrae più di tutto i giornalisti a sbarcare sulla piattaforma è proprio l’indipendenza nei confronti di rigide linee editoriali.
Gli autori su Substack possono seguire i propri obiettivi e stile, senza che i superiori intralcino la loro strada.
La libertà editoriale che caratterizza il sito di newsletter però è un’arma a doppio taglio.
Infatti, se da un lato attrae molti talenti, dall’altro porta spesso gli autori a farsi domande e lasciare la piattaforma, in cambio delle alternative, per l’eccessiva mancanza di moderazione in alcuni contenuti.
Modello in bilico
L’altro tassello del successo di Substack è dato dalle prospettive di guadagno.
Per i vertici dell’azienda, ci sono oltre 50 autori che guadagnano più di un milione di dollari dagli abbonamenti alle loro newsletter.
Questo indicherebbe un ottimo stato di salute del modello di business, che sembrerebbe essere positivo non solo per i giornalisti, ma anche per la società stessa.
Secondo Eric Newcomer, giornalista che pubblica sulla piattaforma la newsletter Newcomer – incentrata sul mondo tecnologico e della Silicon Valley – e azionista dell’azienda, Substack ha guadagnato 45 milioni di dollari nell’ultimo anno e sta puntando a raccogliere investimenti fino a 700 milioni per espandersi.
Tuttavia, ci sono alcuni dubbi sulla sostenibilità di questo modello sia dal punto di vista delle iscrizioni sia sotto il lato economico, come ha anche evidenziato l’esperta di marketing online Lex Roman in un suo articolo.
Mentre alcuni autori di newsletter hanno guadagni rilevanti, molti altri non riescono a raggiungere la stessa stabilità che avrebbero a lavorare in testate tradizionali.
In più, visto l’alto prezzo degli abbonamenti alle newsletter, sono pochi gli utenti a potersi permettere di seguire molteplici autori.
Questo rende Substack una piattaforma che non può ospitare più di un certo numero di grandi nomi nel mondo dell’informazione, perché renderebbe il mercato saturo.
Ed è il motivo per il quale competitor emergenti, come Noosphere, hanno proposto un diverso meccanismo di abbonamento, che consistente di un prezzo fisso per accedere non a un singolo giornalista, ma a tutti quelli presenti sulla piattaforma.
In più c’è anche un problema di raggiungimento del pubblico.
Se tutti i grandi autori finiscono per scrivere la propria newsletter, il settore dell’informazione diventerà sempre più elitario.
Così mentre Substack continua a crescere, gli esperti del settore si stanno domandando quanto potrà durare questo fenomeno.
E lo stesso fanno i giornalisti.