Immagine di copertina: Unsplash.
Nel mondo dell’intelligenza artificiale ci sono contenuti dimenticati che stanno tornando sotto i riflettori. Peter Hollens, The Acappella guy su YouTube, ha guadagnato oltre 33mila dollari nell’ultimo anno soltanto concedendo in licenza mille ore di vecchi video per l’addestramento di modelli AI.
Classe ’82 dell’Oregon, Hollens ha iniziato la sua carriera musicale nel mondo universitario, fondando nel 1999 il gruppo musicale a cappella On The Rocks.
Il suo archivio, che oggi supera le 1.400 ore, può essere venduto più volte a diverse aziende, generando introiti superiori a quelli pubblicitari di YouTube.
“Le riprese peggiori valgono quanto le migliori”, ha dichiarato Hollens, come si legge su Semafor. A sottolineare come la monetizzazione non dipenda dalla qualità artistica, ma dalla quantità e varietà di dati visivi e sonori.
Ecco, quindi, chi sono coloro che stanno iniziando a monetizzare con la vendita dei diritti d’autore all’intelligenza artificiale.
Verso un nuovo ecosistema
In questo scenario di mercato relativamente nuovo, le startup si inseriscono a pieno in qualità di mediatori tra coloro che sono disposti a cedere i propri diritti all’IA e chi, invece, non vede l’ora di poterli comperare.
Un esempio è Troveo, una startup texana che etichetta e distribuisce contenuti video ai colossi tecnologici.
E dato che le aziende di IA hanno bisogno di enormi volumi di dati per simulare movimenti, espressioni e comportamenti umani, i creator digitali, con i loro archivi pubblicati e inediti, rappresentano una miniera preziosa.
Un mercato che si muove in direzione opposta e contraria alle proteste da parte di musicisti, attori e creativi che negli ultimi anni si sono spesi per denunciare l’appropriazione illegale da parte dell’IA di video, contenuti, suoni e voci.
Così, mentre autori, musicisti e creativi denunciano l’uso non autorizzato delle proprie opere, altri – come Hollens – scelgono di collaborare, negoziando direttamente i termini.
Le società di IA “hanno bisogno dei dati e noi dobbiamo ottenere il massimo valore possibile”, ha spiegato a Semafor.

Il cantante Peter Hollens. Foto: Wikimedia Commons.
Economia del consenso
La startup Troveo non è l’unico attore. YouTube ha, infatti, introdotto una funzione che consente ai creator di segnalare la disponibilità dei propri video per l’addestramento dell’intelligenza artificiale.
Tuttavia, la trasparenza è ancora limitata: alcuni utenti, come Morgan Gold, si dichiarano aperti alla collaborazione ma lamentano la mancanza di incentivi concreti.
Secondo Jack Malon, portavoce di YouTube, “l’IA rappresenta una nuova frontiera economica per i creator, ma solo se saranno loro a mantenere il controllo”, si legge su Semafor.
Eppure, molti professionisti che hanno già alti guadagni non mostrano interesse.
“Se guadagni più di 500mila dollari l’anno, queste iniziative diventano una distrazione”, ha sottolineato Reed Duchscher, amministratore delegato di Night Media ed ex collaboratore dello youtuber MrBeast.
Non solo etica
Non tutti i creator sono disposti a partecipare al nuovo ecosistema che si sta via via costruendo.
La youtuber Miranda Webster rifiuta l’idea di contribuire all’addestramento dell’IA perché, a sua detta, “i soldi non compensano i potenziali effetti collaterali”.
Altri, come la collega Kameron Buckner, vedono invece un’opportunità per promuovere la rappresentazione afroamericana nei modelli generativi.
Nel frattempo, emergono iniziative simili in altri settori. La piattaforma Created by Humans, specializzata proprio nelle contrattazioni tra creator e società di IA per la cessione di contenuti in maniera etica, ha avviato accordi con autori per la licenza dei testi degli autori che gestisce.
Il dibattito è aperto e la posta in gioco è alta. Chi controlla i dati, controlla il futuro dell’IA e, quindi, di buona delle attività quotidiane di milioni di persone.




 
          
          
          