
“Se solo qualche tempo fa avessi detto la parola approfondimento, mi sarei inimicato molte persone”.
Lo ha detto ironizzando Carlo Castorina, direttore di Mediatrends, durante l’evento Like & Leadership. Dall’anno delle grandi elezioni al futuro della partecipazione: dove nasce oggi l’opinione pubblica, nella cornice gremita del Teatro del Borgo a Milano.
Ha strappato diverse risate, perché la battuta è giunta in un momento in cui c’era della tensione, nel senso di occhi e orecchie tese verso un discorso impegnativo, irriducibile a uno scambio breve, ma su cui si continuava solida a canalizzarsi l’attenzione dei partecipanti in sala.
Il tema – like, leadership e opinione pubblica, appunto – è di quelli che chiedono di scomodare i grandi classici, per esempio Walter Lippmann e la sua Opinione pubblica. Uno di quei sacri pilastri per nerd del giornalismo, non certo di quei libri che citi senza aver letto ma per cui faresti un figurone.
Uno di quei libri che Francesco Puggioni, moderatore dell’incontro e caporedattore di Mediatrends, ha scelto per aprire l’incontro, cominciando da un monito: “il soggetto percepisce l’ambiente. Ma chi sta creando questo ambiente oggi?”
È una domanda che torna spesso nelle colonne del nostro magazine. Abbiamo spesso definito questo ambiente ibrido, frammentato, centrifugo, come ha ricordato più volte Castorina.
“Tutto si è fatto più complicato, la rottura è sistemica. I social media generano disintermediazione, hanno cambiato alle fondamenta il modo di produrre e diffondere la notizia. È un fatto che siano per milioni di persone l’unica fonte di informazione: questo ha rotto la catena del valore delle newsper come le conoscevamo”.

Nel corso dell’evento Like & Leadership si è discusso della diffusione dell’IA generativa in occasione dell’importante ciclo elettorale del 2024.
Opinione pubblica molto social
In questo scenario, in cui i social media non sono editori e dunque non devono sottostare alle stesse responsabilità legali ed etiche, irrompe anche l’IA, con conseguenze ancora inedite.
“Credo che i fenomeni siano slegati. Eliminare il fact-checking è stato un atto politico, per mera captatio benevolentiae a Donald Trump. E per quanto, ad esempio, il professore Walter Quattrociocchi ci mostri che forse non hanno avuto un grande impatto nel far cambiare idea, era un tentativo di migliorare l’ecosistema informativo su internet”, ha detto Luca Zorloni, direttore di Wired Italia.
“Ora con l’IA embedded nella funzione di ricerca, vedo invece crescente il pericolo delle echo chamber e che quindi quelle risposte vadano ad alimentare una bolla, perché sul modo in cui sono costruiti gli algoritmi non c’è alcuna trasparenza”.
È quindi innegabile che i social giochino un ruolo nel muovere l’opinione pubblica: i casi delle recenti elezioni in Romania e India ne sono una testimonianza, come dice Silvia Boccardi, giornalista freelance e co-fondatrice del collettivo di giornalismo di inchiesta Flares.
“La buona notizia è che in Romania hanno scoperto il lavoro che era stato fatto su TikTok, fino a escludere Călin Georgescu dalla competizione. In India, Narendra Modi ha usato i social per propaganda, per arrivare a nicchie dentro una società molto complessa e stratificata. La vera domanda è: cosa ha imparato l’Unione Europea da tutto questo?”
Una domanda lecita, mentre si dibatte del confine e della giustezza dell’ingerenza del pubblico nel privato, cercando le regolamentazioni più adeguate a tutelare i diritti mentre si spinge sull’innovazione.
“Le piattaforme social però non stanno collaborando. Devono sedersi al tavolo anche loro”, ha aggiunto Zorloni.
“E non solo. Si guarda a TikTok come all’unico problema, senza pensare che a volte mancano delle alternative istituzionali credibili e coerenti alle spinte populiste di destra”, ha affermato Boccardi.
Domande e questioni che si pone ogni testata che voglia trovare un business model sostenibile ponendosi in difesa di un giornalismo di qualità.
“Tutte le testate si stanno riposizionando, anche nomi come il Wall Street Journal“, ha evidenziato Castorina.
“Le redazioni sono in subbuglio. Perdono alcuni dei propri editorialisti più famosi, che cercano opportunità di profitto altrove. In tutte le realtà c’è caos, ci si interroga sempre su come stare al passo“.
Quando i media tradizionali hanno compreso le potenzialità dei social, “hanno generato una reazione in chi già li stava occupando, e questo per nostra fortuna ha creato una competizione per generare contenuti di sempre migliore qualità”, ha continuato il direttore di Mediatrends, accendendo il dibattito sulla copertura mediatica riservata al presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
“Il suo ex stratega Steve Bannon aveva una strategia molto chiara, doveva riempire di contenuto ogni anfratto digitale e non solo”.
E così ha fatto. “Si sta ora sviluppando un sistema di nuovi media che hanno una matrice di populismo di sinistra, o meglio anti-Trump, proprio perché non puoi non parlare dell’uomo più potente del mondo. Il punto non è la copertura, ma se aiuti le persone a sviluppare un’idea propria”.
Sull’ultima questione è intervenuta Boccardi: “Non so quale sia il business model corretto, ma non credo si fondi sulle branded partnership, perché a volte si perde di vista il punto, che è il ruolo stesso del giornalista”.

Da sinistra a destra: Luca Zorloni, direttore di Wired Italia, Carlo Castorina, direttore di Mediatrends, Silvia Boccardi, cofondatrice di Flares, e Francesco Puggioni, caporedattore di Mediatrends, al termine dell’evento Like & Leadership.
Riabituarsi allo stupore
“Il giornalista non può accontentarsi del minestrone di notizie, deve dare gli strumenti per la comprensione. Ma credo che anche il pubblico debba fare uno sforzo di lettura, perché è un’attività che genera un’attivazione del nostro cervello e consente spazi di approfondimento”, sostiene Zorloni.
Di nuovo, il tempo, l’approfondimento, la lentezza che ritorna nei nostri incontri.
Si può fare informazione in 30 secondi? Inevitabile chiederselo quando si parla di like, leadership e opinione pubblica.
La redazione di Mediatrends ha una posizione chiara sul tema: mantenere un occhio attento sui fatti di attualità nell’ambito dell’innovazione nell’informazione, provare a offrire contenuti in grado di restituire la complessità dei fatti.
È un patto di fiducia con i nostri lettori, ai quali, se vogliono, chiediamo qualche minuto in più del loro tempo.
Puggioni ha ripreso le parole di Il Visconte Cibernetico, ultimo libro dell’ex rettore dell’Università Luiss, Andrea Prencipe, e dell’editorialista del Corriere della Sera, Massimo Sideri, dedicato all’innovazione nel pensiero di Italo Calvino. “Siamo nell’era della dittatura delle risposte, rischiamo di perdere la volontà di fare fatica per formulare domande vere, quelle che si pongono senza già aspettarsi quale sarà la risposta”.
Allora, come ritrovare quella bella fatica?
“Bisogna tornare ai fondamentali, riapprendere lo stimolo allo studio e all’educazione. Imparare a esercitare lo scetticismo su ciò che si legge. Riallenarsi allo stupore, che può essere una delusione ma ben venga se in contatto con la realtà”, ha suggerito Zorloni.
Sulla stessa lunghezza d’onda Boccardi, secondo cui “si possono fare prodotti interessanti anche con lentezza. È una questione di metodo, non di mezzo. Anche il giornalismo di inchiesta può far appassionare varie categorie di pubblico, ma deve essere spiegato passo dopo passo“.
È anche una questione generazionale, per Castorina.
“Ci siamo rimpinzati di pillole di dieci secondi su cambiamento climatico e legge di bilancio e alcuni di noi oggi non hanno neanche mai visto che esiste un’alternativa come i giornali tradizionali o le edicole. Credo che ci stiamo rendendo conto di questo effetto distorsivo. Oggi, quando incoraggio all’approfondimento, noto che c’è una volontà diversa che unisce persone di varie età e formazioni”.

All’evento Like & Leadership, organizzato da Mediatrends al Teatro del Borgo a Milano, hanno partecipato oltre 200 persone.
Non siamo in grado di pronosticare dove si informerà l’opinione pubblica nei prossimi cinque o dieci anni, ma ieri, al Teatro del Borgo, abbiamo concordato su alcuni punti irrinunciabili.
“Forse nello stomaco”, ha chiosato Zorloni, “ma è compito dei giornalisti offrire piatti elaborati e non snack”.
E alla metafora culinaria si aggancia Boccardi. “Mostrare le padelle in cucina, tutti i passaggi per arrivare a quella pietanza”, che piaccia o meno, sarà cucinata bene.
“Nei motori di ricerca basati sull’intelligenza artificiale”, ha concluso Castorina.
E se il convivio è per eccellenza il momento dello stare insieme, attorno a temi come Like, Leadership e opinione pubblica, e agli altri eventi, si sta creando una comunità di curiosi, addetti del mestiere e, in generale, persone che hanno voglia di tornare a fare quella bella fatica.