Dove e come nasce oggi l’opinione pubblica, un confronto necessario

Di il 17 Maggio, 2025
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Da quando i social media sono diventati i principali arbitri del consenso politico, la partecipazione democratica ha cambiato volto. Ma è davvero tutta colpa degli algoritmi o siamo noi i primi architetti della polarizzazione?
Una versione in lingua inglese di questo articolo è stata pubblicata dallo stesso autore il 2o maggio 2025.

Dopo un anno elettorale senza precedenti, che ha visto oltre quattro miliardi di persone chiamate alle urne in ogni angolo del pianeta, è il momento di fermarsi a riflettere.

Il voto, oggi, si svolge oggi in un contesto radicalmente mutato, dove i social media rappresentano l’arena principale della formazione del consenso. E questo ha un impatto significativo sui meccanismi della democrazia.

Nuovo campo di battaglia

La narrazione dominante degli anni ’90 raccontava di una globalizzazione dell’informazione come strumento di libertà e progresso. Si credeva che internet avrebbe abbattuto le ultime barriere, che i media globali avrebbero favorito il dialogo e la comprensione reciproca tra gli stati.

Ma la realtà ha preso un’altra strada.

La fine della Guerra Fredda non ha chiuso il conflitto tra autoritarismo e democrazia: lo ha soltanto spostato sul piano dell’informazione.

Nell’era della cyberguerra e della guerra cognitiva, la comunicazione è diventata un campo di battaglia.

I social media non sono semplici contenitori di opinione: sono strumenti di potere, spazi dove si definiscono identità collettive, si costruiscono narrazioni politiche e si orchestrano campagne mirate con l’aiuto di big data e intelligenza artificiale.

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Al Parlamentarium di Bruxelles, il centro visitatori del Parlamento europeo, un banner in occasione delle ultime elezioni europee, tenute tra il 6 e il 9 giugno dello scorso anno. Foto: Flickr.

Elettore, bersaglio e non solo

Ogni cittadino, connesso e profilato, è oggi al tempo stesso elettore, bersaglio e creatore di contenuti.

Le strategie di comunicazione dei nuovi populismi lo dimostrano: quello che appare come spontaneità è spesso il frutto di un’architettura raffinata, costruita da spin doctor, data scientist e psicologi del comportamento.

Le gaffe diventano segnali di autenticità, le fake news strumenti di fidelizzazione, il disordine comunicativo un’arma politica. E il terreno dove tutto questo accade sono i social media.

A chi la colpa

Secondo uno studio internazionale pubblicato su Nature e condotto da un team guidato da Walter Quattrociocchi, professore dell’Università Sapienza di Roma, le trasformazioni delle piattaforme digitali in sé non bastano a spiegare la tossicità del discorso politico online.

Gli algoritmi possono amplificare certi contenuti, ma è l’azione collettiva degli utenti a determinare davvero la polarizzazione.

In altre parole, la radicalizzazione delle opinioni e la diffusione delle fake news non nascono solo dalle logiche delle piattaforme, ma anche dalla nostra predisposizione a cercare conferme alle nostre idee, a unirci in comunità omogenee, a escludere il confronto.

Lo studio suggerisce una verità scomoda. Non sono solo i social media a essere tossici, siamo noi, spesso, a renderli tali.

L’architettura di queste piattaforme facilita la disintermediazione, ma anche la costruzione di camere dell’eco in cui si rafforzano pregiudizi e ostilità. La responsabilità del declino del dibattito pubblico sarebbe quindi condivisa tra piattaforme, attori politici e cittadini.

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L’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington DC da parte dei manifestanti Maga, il 6 gennaio 2021. Foto: Wikimedia Commons.

Partecipazione politica

Nel nuovo ecosistema, la partecipazione politica non è morta, ma mutata.

Si è fatta più immediata, ma anche più fragile. Più inclusiva in apparenza, ma spesso guidata da meccanismi opachi.

Il cittadino attivo rischia di essere ridotto a “utente ingaggiato”, mentre il potere si sposta verso chi progetta le logiche algoritmiche dei social media in cui quella partecipazione prende forma.

Ma anche chi partecipa ha un ruolo determiante: la democrazia digitale, per essere davvero tale, richiede consapevolezza, educazione e spirito critico.

Like & Leadership, appuntamento a Milano

Di tutto questo parleremo lunedì 26 maggio in occasione del nostro prossimo incontro, Like & Leadership, cercando risposte, ma anche ponendo nuove domande.

Perché capire oggi il ruolo dei social media nella politica significa capire il futuro stesso della democrazia. E non possiamo più permetterci di ignorarlo.

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