Le interviste della discordia di Tucker Carlson. La destra americana si spacca sul conflitto con l’Iran

Di il 23 Giugno, 2025
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Dopo l'offensiva contro Teheran, Trump è a un bivio: rimanere leale alla base Maga, contraria al coinvolgimento statunitense, o allinearsi ai neoconservatori interventisti. Ma forse ha già scelto

Durante i comizi elettorali era chiara la posizione isolazionista dell’allora candidato republicano Donald Trump riguardo alle guerre in corso.

Nella notte di sabato scorso, quando Washington ha ordinato l’attacco contro i siti nucleari iraniani, intervenendo a sostegno dell’alleato israeliano, molti esponenti di spicco del movimento Make America Great Again non l’hanno presa bene.

Tre dei più ferventi sostenitori dell’ideologia trumpiana –  l’esperto di comunicazione di estrema destra Steve Bannon, il giornalista e conduttore Tucker Carlson e la deputata Marjorie Taylor Greene – hanno preso una posizione molto critica nei confronti del presidente, colpevole secondo loro di aver tradito i propri ideali e sostenitori, accecato dal potere.

Si è così aperto lo scontro tra gli interventisti neoconservatori – come il senatore Lindsey Graham, il Segretario di Stato Marco Rubio e il podcaster Ben Shapiro –, allineati alla linea della Casa Bianca, e gli isolazionisti più vicini alla base Maga.

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Steve Bannon, conduttore del podcast War Room. Foto: Wikimedia Commons.

Lontano 2016

Tutto è iniziato martedì scorso, 17 giugno, quando Carlson ha pubblicato un episodio del suo programma, in cui aveva invitato Bannon per discutere del conflitto tra Israele e Iran.

Nella puntata, l’ex stratega trumpiano, ora anche lui conduttore di un video podcast, War Room, sosteneva che se Trump fosse intervenuto a favore di Israele sarebbe stata la fine del movimento Maga.

Durante la conversazione, i due hanno definito i tre pilastri di quella che hanno definito la “rivoluzione del 2016” – anno del voto che ha portato alla prima elezione di Trump.

Questi erano: la chiusura dei confini nazionali all’immigrazione, la decisione di riportare il settore manifatturiero in America e la fine delle cosiddette “forever war”.

La rottura dell’ultimo criterio ha determinato la rottura interna al movimento Maga.

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Tucker Carlson, conduttore del podcast The Tucker Carlson Show, nel 2023. Foto: Wikimedia Commons.

Carlson alla riscossa

Il conduttore aveva già cominciato a muovere critiche al comportamento di Trump già prima dell’episodio del 17 giugno.

Da quando Israele ha attaccato i siti nucleari iraniani, l’ex conduttore di Fox News aveva da subito iniziato a scrivere sui social media che non era nell’interesse dell’America iniziare un nuovo conflitto in Medio Oriente.

Poi i toni si erano accesi quando lunedì al G7 in Canada, Trump aveva dichiarato che non gli interessava quello che Carlson diceva e che si sarebbe dovuto fare il suo canale televisivo così che la gente potesse ascoltarlo.

Pochi giorni prima, tra l’altro, Axios aveva riportato che il conduttore aveva comprato tutte le quote della sua società di media per non dipendere  più da investitori esterni e poter prendere decisioni editoriali in maniera indipendente.

Nel frattempo, lo scontro social è continuato.

Il presidente ha infatti ribadito il concetto sul suo social media, Truth, definendo eccentrico l’opinionista Maga e sostenendo che qualcuno avrebbe dovuto spiegargli perché l’Iran non deve avere l’arma atomica.

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Donald Trump, 45esimo e 47esimo presidente degli Stati Uniti, durante un’intervista al Fox News Channel town hall event del 2020, con i giornalisti Bret Baier and Martha MacCallum. Foto: Wikimedia Commons.

Fox e Israele

Un altro punto affrontato dal conduttore e da Bannon durante lo stesso episodio del Tucker Carlson Show di martedì scorso era stato l’atteggiamento dei media sul conflitto.

In particolare, i due sono stati molto critici nei confronti della Fox.

Carlson, che nell’emittente televisiva ha lavorato per 14 anni ed era un volto di punta, ha dichiarato che i proprietari della rete sono sempre stati favorevoli alle guerre che non convenivano agli americani.

Infatti, la Fox ha supportato le scelte militari del presidente e, anzi, la scorsa settimana aveva dichiarato che Trump sarebbe stato considerato un pacificatore se avesse attaccato il sito nucleare di Fordow.

Venerdì 20 giugno, Bannon ha poi aperto il suo show con un editoriale molto critico nei confronti dell’emittente creata da Rupert Murdoch, accusato di non aver mai messo gli interessi dell’America prima dei suoi.

Ha poi sostenuto che la Fox fa solo propaganda e ci dovrebbe essere un’investigazione per controllare l’influenza straniera sulla rete televisiva.

Contro tutti

Un altro momento fondamentale nello scontro tra i Maga isolazionisti e i falchi neoconservatori interventisti è l’intervista rilasciata mercoledì 18 giugno dal senatore Ted Cruz, sempre al Tucker Carlson Show.

Il conduttore ha adottato un atteggiamento aggressivo verso il republicano e ha utilizzato ogni occasione per attaccare le sue posizioni sull’argomento.

Tra le domande iniziali dell’intervista, Carlson ha chiesto quale fosse la popolazione dell’Iran, domanda alla quale Cruz non ha saputo rispondere.

L’ex conduttore televisivo lo ha accusato di “non sapere nulla dell’Iran” e che avrebbe dovuto studiare di più la demografia e le caratteristiche di un Paese nei confronti del quale voleva attuare un cambio di regime.

Ha poi continuato chiedendo quale fosse l’etnia del popolo iraniano e quando Cruz ha risposto esitando, il conduttore lo ha attaccato di nuovo.

Gara all’endorsement

Mentre il sostegno del movimento Maga all’amministrazione vacilla sulle decisioni di politica estera dell’amministrazione statunitense, si è aperta una gara silenziosa tra il vicepresidente JD Vance e Rubio per aggiudicarsi l’endorsement di Trump alla nomination repubblicana del 2028.

Il vicepresidente, che si è sempre dichiarato contrario alle guerre in Medio Oriente, è considerato l’elemento più vicino alle fronde Maga e agli attivisti come Bannon e Carlson.

Rubio, al contrario, è il portavoce dei neoconservatori nel governo Trump e un falco anti-Iran e anti-Cina.

Tuttavia, ieri mattina anche Vance si è dichiarato favorevole all’intervento degli Stati Uniti.

A un’intervista del programma Meet the Press della Nbc, il vicepresidente ha dichiarato che, nonostante fosse sempre stato contrario all’intervento americano in Paesi stranieri, in questo caso occorreva dare fiducia alla scelta di Trump.

Ha poi aggiunto che negli ultimi 25 anni i presidenti erano stati “dumb” – stupidi – e che invece ora Trump aveva le capacità necessarie per entrare in guerra e completare i suoi obiettivi rapidamente, senza sprecare vite americane ed entrare in un lungo conflitto.

Nel frattempo, Rubio era ospite della Cbs, a cui dichiarava che l’operazione di sabato notte non era né un attacco all’Iran né un’operazione di cambio di regime, ma soltanto un attacco alle strutture nucleari di Teheran.

Così, mentre gli attivisti Maga criticano l’operato di Trump e denunciano il tradimento dei suoi principi, Rubio e Vance hanno solo parole al miele per gli eventi di sabato notte.

Difficile dire se si tratta solo di una strategia comunicativa per ottenere l’endorsement del presidente, o se le parole rispecchiano le loro reali posizioni.

Intanto, mentre la base Maga si allontana dal suo punto di riferimento, Bannon potrebbe iniziare a pensare che l’idea del terzo partito avanzata da Elon Musk non sia poi così malvagia come aveva detto.

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