L’era dei media schierati politicamente sembra giunta al capolinea, a decretarne la crisi sarà proprio l’intelligenza artificiale. Sembra proprio che ad entrare tra le grazie dell’AI siano i media tradizionali, quelli la cui prosperità è cessata con l’avvento dei social network.
La crisi dei media schierati politicamente è trasversale e sta colpendo sia i giornali conservatori che quelli di sinistra. BuzzFeed, ad esempio, ha collaborato in passato con OpenAI per sviluppare contenuti per il suo sito utilizzando l’AI generativa. Allo stesso tempo, la compagnia di AI non ha tentato di stipulare un accordo di licenza per i contenuti di HuffPost, il sito di notizie di sinistra di proprietà di BuzzFeed.
La scorsa settimana, invece, OpenAI ha annunciato un accordo quinquennale con News Corp. per attingere dalle sue testate giornalistiche i materiali per arricchire il proprio database. Questo è l’ultimo di una serie di trattative stipulate con testate tradizionali la cui politica spazia dal centro-sinistra al centro-destra, quindi non marcatamente schierati. Tra questi, l’Associated Press, Politico, Axel Springer (proprietario di Business Insider) e il Financial Times.
Inoltre, OpenAI è in trattative da mesi anche con la CNN, dove i negoziati stanno rallentando a causa di disaccordi sul valore commerciale delle notizie dell’emittente. Dovrebbero seguire Washington Post, Time Magazine così come editori ora ostili alla AI come quelli del New York Times, che ha citato in giudizio OpenAI.
La rivincita dei media tradizionali
Ironia della sorte, mentre l’intelligenza artificiale sembra erodere il dominio di alcune società di media consolidate, allo stesso modo potrebbe ricreare un nuovo assetto gerarchico ripristinando un “vecchio ordine”.
Negli ultimi dieci anni, i media che hanno basato la propria informazione sui siti web di notizie, startup, blog, pagine Facebook e in generale sui social media, sono riuscite a dirottare l’opinione pubblica erodendo le aziende di media tradizionali. Questo modello di business incentrato sul sensazionalismo disincentivava la cautela e l’attenzione a favore della velocità, rendendo sempre più sterile il dibattito politico. Ora sembra che il vento stia cambiando, l’AI generativa vuole consegnare all’utente una serie di notizie quanto più attendibili e neutre, sfavorendo la ricerca di siti pieni di fake news.
Dall’altro lato, Condé Nast, editore di Vanity Fair, The New Yorker e Vogue, vede nell’intelligenza artificiale generativa “una chiara violazione della legge sul copyright”, ha affermato il suo CEO Roger Lynch.
Lynch ha anche chiesto al Congresso di emanare un nuovo quadro normativo sull’AI, così come in Europa. “Mentre alcune aziende tecnologiche hanno mostrato la volontà di creare partnership e accordi di licenza, altre no. Fino a quando tutti non lavoreranno con la stessa tutela della legge, la minaccia ai media e all’editoria rimarrà reale”, ha affermato.
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