
Il partito democratico statunitense si è messo alla ricerca dei suoi nuovi media. O meglio, ha chiesto ai suoi maggiori finanziatori di sborsare i soldi necessari a sostenere progetti, come podcast e canali social, che possano aiutare a competere con la schiera di influencer e creator vicini al presidente Donald Trump.
Il New York Times ha scritto che i consulenti e i responsabili della strategia di comunicazione del partito sono alla caccia del “prossimo Joe Rogan”, poiché ritengono che Trump abbia vinto grazie al suo esercito di youtuber, tiktoker e podcaster allineati alle posizioni della destra di Make America Great Again – oltre all’irrinunciabile Fox News.
Secondo gli strateghi dell’area liberal, questi new media non devono necessariamente essere politici, ma possono – e devono – anche includere testate in apparenza apolitiche, ad esempio di sport e lifestyle.
Quanto queste proposte possano far leva sui cosiddetti donor è tutto da vedere.
A oggi, segnala infatti il quotidiano newyorkese, i nomi e le iniziative attive su cui il partito democratico e i suoi collaboratori vorrebbero investire sono almeno 26 – la metà dei quali nati dopo la sconfitta alle elezioni dello scorso novembre. Molti di più dei soldi a disposizione.
Finanziabili e arruolati
“Gli influencer conservatori ricevono sostegno tutto l’anno, mentre noi della sinistra siamo stati abbandonati a noi stessi. Così non funziona”, aveva dichiarato al New York Times la creator Leigh McGowan, con oltre due milioni di follower complessivi sulle varie piattaforme.
Insieme ad altri colleghi, fra cui il podcaster Brian Tyler Cohen, McGowan ha creato Chorus, un’organizzazione no-profit nata per aumentare la presenza di influencer progressisti sui social media.
Proprio Chorus è una delle iniziative nel mirino degli strateghi democratici, così come una nuova società, chiamata And Media – dove And sta per Achieve Narrative Dominance –, lanciata lo scorso marzo negli uffici di American Bridge, uno dei maggiori Political Action Committee – Super Pac – del partito.
Secondo il New York Times, And Media ha l’obiettivo di raccogliere 45 milioni di dollari nei prossimi quattro anni, per arrivare ad avere a disposizione un budget totale di 70 milioni di dollari.
Queste cifre spiegano perché il supporto di American Bridge è necessario.
La testata statunitense menziona altri progetti di comunicazione e informazione presentato al tavolo dei finanziatori.
Tra questi, Project Bullhorn, un’iniziativa pensata per racimolare 35 milioni di dollari in un anno per ampliare la rete di creator progressisti e fare poi gestire questi fondi a Jason Berkenfeld, in passato consulente per le donazioni politiche di Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google.
Rob Flaherty, già consigliere di spicco della campagna della candidata democratica Kamala Harris, guida invece l’organizzazione Project Echo e ha realizzato un piano quadriennale da 52 milioni di dollari per promuovere i news influencer di sinistra.
Un’altra personalità influente tra gli strateghi della comunicazione democratici è Rachel Irwin, che ha fondato Double Tap Democracy, un’iniziativa che lavora con oltre duemila micro-influencer.
Anche Irwin ha fatto presente la necessità di avere un partito impegnato in un finanziamento costante di queste organizzazioni.
“Non possiamo continuare a lanciare questi progetti troppo tardi nel corso del ciclo elettorale e abbandonarli poco dopo”, ha detto.
Prima dei soldi
Mentre i consiglieri dell’area democratica stanno cercando lauti finanziamenti alle loro iniziative mediatiche, c’è chi, a sinistra, si chiede se questa mossa abbia senso, in un momento in cui al partito manca una chiara visione sui temi da fare propri per cercare di riallacciare il rapporto con una larga parte di elettori, soprattutto tra i delusi blue collar americani.
È il dubbio che esprime Faiz Shakir, tra i più importanti consiglieri dell’ex candidato alle primarie democratiche Bernie Sanders, che nel 2020 ha curato la campagna elettorale dell’83enne senatore del Vermont.
Shakir, che nel 2021 ha fondato More Perfect Union, una testata giornalistica no-profit progressista di cui è direttore esecutivo, ha scritto un recente editoriale su The New Republic, evidenziando come i più famosi podcaster conservatori – Joe Rogan, Theo Von, Lex Fridman e Andrew Schulz – abbiano voluto intervistare Sanders proprio per la chiarezza e la forza del suo programma politico.

L’ex candidato alle primarie del partito democratico e senatore del Vermont, Bernie Sanders, durante un comizio nel 2019. Foto: Unsplash.
“Sanders ha dimostrato l’integrità e la determinazione necessarie per sfidare il potere, con un messaggio forte e chiaro sulle priorità e i bisogni della gente comune che viene danneggiata dal sistema”, si legge nel suo articolo.
Questa visione è “di per sé un un contenuto coinvolgente per questi show e che il pubblico vuole sentir dibattere”.
In altre parole – e lo scrive lo stesso Shakir – “oggi il populismo, in termini politici, è quasi tutto a destra. Ma io voglio anche un populismo di sinistra”.
Con questa espressione, l’esperto di comunicazione intende la capacità di stilare un piano politico che si basi – e non cerchi di rincorrere a posteriori – su temi in grado di emozionare la pancia degli elettori.
Piano che, secondo lui, in questo momento manca al partito democratico.
Per questo motivo, crede sia inutile spendere decine di milioni di dollari per foraggiare creator e influencer, senza prima aver definito su quali posizioni debbano focalizzarsi.
All’indomani dalla sconfitta alle elezioni dello scorso anno, sostiene Shakir, una delle opinioni condivise emerse all’interno del partito è stata l’eccessiva spesa in spot televisivi e sui social media senza incentrarsi su politiche identitarie in grado di fare presa sugli elettori.
Sei mesi dopo, aggiunge, “stiamo per cadere nella stessa trappola”.