I Cinque. Gli articoli da ricordare questa settimana (4-10/05)

Di il 11 Maggio, 2024
Gli articoli da ricordare questa settimana: contro la metafisica e contro lo storicismo, la Liguria degli scrittori, il fallimento sportivo del secolo, a che serve parlare con Putin.

Categoria: cultura/filosofia

Contro Cacciari. Di Alfonso Berardinelli, Il Foglio del 4 e 5 maggio 2024

Se mai nella storia della filosofia c’è stata una stroncatura feroce, questa la supera in crudeltà. Prima di affrontare Massimo Cacciari e la sua Metafisica concreta, Berardinelli aderisce ai dettami critici del poeta Auden  e dichiara preventivamente le sue preferenze: “Mentre il professor Cacciari ha una passione per la metafisica più astratta e per una politica personale piuttosto concreta, i miei saltuari e non professionali interessi vanno invece dalla filosofia della conoscenza o gnoseologia alla filosofia morale o teoria della virtù o dei comportamenti“.

Si tratta quindi di un altro campo di gioco, secondo il critico, che diffida della metafisica e considera la filosofia politica come un ramo della filosofia morale e non come una disciplina autonoma. Detto questo, Berardinelli imputa a Cacciari (e all’Adelphi) di ignorare la tradizione della filosofia inglese e americana, l’empirismo di Locke e Hume e il pragmatismo di James e Dewey, preferendo loro, ad esempio, Heidegger e l’ontologia del “dasein”, “una filosofia di fantasmi inventata per eludere l’esistenza come esperienza conoscitiva e attiva“.

Ma l’attacco più duro è sullo stile: “La passione di Cacciari per il lessico greco e tedesco infesta e polverizza il suo linguaggio rendendolo lessicalmente asfittico (…) Evidente è in lui la miseria linguistica della filosofia, usata come una solenne maschera geroglifica che nasconde il puro esibizionismo, l’inconsistenza argomentativa e l’ingorgo citazionistico“.

L’impenetrabilità del linguaggio determina un altro problema: Cacciari sceglie la metafisica come tema inesauribile perché inaccessibile. Come diceva perfidamente Max Horkheimer, la metafisica è come un chewing gum che si può masticare all’infinito senza ricavarne alcun sapore. E quindi Berardinelli conclude che nei libri di Cacciari l’io pensante non c’è, è troppo oltre per essere presente, mentre è assiduamente presente nei talkshow.

Categoria: intervista

Sono un pittore regalato alla filosofia. Di Antonio Gnoli, Robinson del 5 maggio 2024

Se Berardinelli è contro la metafisica, Marco Santambrogio, filosofo del linguaggio, è contro lo storicismo. Sul tema ha da poco pubblicato Filosofia e storia (La nave di Teseo), non “un libro di filosofia in senso stretto, ma un’impietosa analisi sulle conseguenze negative che quella corrente di pensiero ha avuto sull’insegnamento nei licei e nelle università”.

Secondo Santambrogio, lo storicismo ha imperato in Italia grazie all’influenza di Benedetto Croce e ha contribuito non solo alla sottovalutazione del pensiero scientifico ma anche alla svalutazione dei grandi classici della filosofia a vantaggio della manualistica, vincolando la loro interpretazione al fondale storico che li ha partoriti e perdendo di vista la loro universalità. Non a caso Santambrogio si è laureato con Ludovico Geymonat, che ha introdotto l’epistemologia in Italia, maestro anche di Giulio Giorello. 

A 26 anni è docente al Dams, dove incontra Umberto Eco con il quale ingaggia in pizzeria, solitamente perdendole, gare letterarie sui dettagli dei Tre moschettieri o Vent’anni dopo di Dumas. Ora che è in pensione, Santambrogio si è concesso il piacere di dedicarsi alla pittura, sua antica passione, iscrivendosi all’Accademia di Brera.

Continua a occuparsi dei filosofi di tradizione analitica, a cominciare da Gottlob Frege, perché “senza uno straccio di nozione di verità non si va da nessuna parte. Pasolini poteva anche permettersi di dire: io so, ma non ho le prove. È una perfetta assurdità. Ma almeno lui era uno scrittore. Noi, cerchiamo di essere un po’ più seri”. 

Categoria: infografica

Mappa della Liguria. Di Andrea Monteverdi, La Lettura del 5 maggio 2024

Quest’anno la regione ospite del Salone del Libro di Torino è la Liguria. La mappa, che accompagna un bell’articolo di Sara Erriu, tenta di censire le targhe che “sono (o non sono…) collocate là dove vissero, lavorarono o morirono scrittori o letterati italiani e stranieri“.

La prima considerazione è che la Liguria, regione corta e stretta, ha accolto nel corso dei secoli un numero inaspettatamente elevato di scrittori. Si comincia da Dante, che nella Divina Commedia unisce le due estremità della Liguria – Lerici (La Spezia) e i dintorni di Ventimiglia – per descrivere l’ascesa alla montagna del Purgatorio e, sempre nel Purgatorio, cita Noli (Savona) per rappresentare la salita lungo le pareti dell’Antipurgatorio.

Si prosegue con Francesco Petrarca, che transitò per Portofino e, dopo un salto di secoli (ma ci si dimentica di Giordano Bruno, anch’egli passato per Noli) si arriva a George Byron e ai coniugi Shelley, che visitarono Portovenere e Lerici, oltre a Charles Dickens a Genova e David Lawrence, che trovò l’ispirazione per L’amante di Lady Chatterley a Spotorno.

Il Novecento è stato un secolo di grande affollamento letterario: da Italo Calvino a Sanremo, a Eugenio Montale a Genova e alle Cinque Terre, fino a Levante con Mario Soldati e alla “Società degli Amici di Bocca di Magra”, che comprendeva tra gli altri Vittorio Sereni, Guido Piovene, Elio Vittorini e Marguerite Duras. E poi il meraviglioso Giorgio Caproni, Edoardo Sanguineti, Dario Fo, Anna Maria Ortese e molti altri nomi, alcuni davvero inaspettati. Fra questi, Friedrich Nietzsche, che a Rapallo iniziò a scrivere Così parlò Zarathustra e poi si trasferì a Torino, dove finì per impazzire.

Categoria: sport

Maledetta e cara Parigi, storia di un fallimento costato due miliardi. Di Maurizio Crosetti, la Repubblica del 9 maggio 2024

Il Paris Saint-Germain, o Psg, anche quest’anno non vincerà la Champions League, nonostante l’inverosimile quantità di denaro investito e di (presunte) stelle del calcio. Ma “nella galassia parigina, le stelle collassano e diventano buchi neri: il più nero diventa quello del bilancio, con un disavanzo di quasi 900 milioni di euro, sommando gli ultimi tre esercizi”. Il proprietario del Psg è il fondo sovrano del Qatar, che dal 2011 ha speso circa 4 miliardi (sic) in stipendi, “un investimento e un abbaglio senza eguali nell’intera storia del football, che ha reso la miseria di dieci titoli nazionali”.

Al Psg sono passati giocatori come Ibrahimovic, Beckham, Cavani, Verratti, Donnarumma, fino ad arrivare a quella che avrebbe dovuto essere la santa trinità del calcio e invece si è rivelata un “triplete maledetto”: Messi, Neymar e Mbappé. I primi due sono già scappati, il terzo lo sta per fare, passando al Real Madrid di Carlo Ancelotti, volato in finale di Champions contro il Borussia Dortmund, una squadra famosa per individuare giovani talenti, come Haaland e Bellingham, e rivenderli a peso d’oro.

Il presidente del Psg è Nasser Al-Khelaifi, “qatariota eppure non emiro e nemmeno sceicco come vorrebbe la vulgata popolare (suo padre era pescatore di perle; questa sì che è una suggestione non poco favolistica)”. Dire che, dopo tutto, nel calcio i soldi non fanno la differenza è una romantica sciocchezza; dire che non la fa una montagna di soldi è, almeno in un unico, strabiliante caso, la verità.

Categoria: politica internazionale

I veri europeisti. Di Francesco Cundari, la Linea, newsletter de Linkiesta del 7 maggio 2024

Le minacciose esercitazioni russe con armi nucleari hanno rilanciato in Italia, come prevedibile, il dibattito sulla necessità di «parlare con Putin», per usare le parole di Matteo Salvini. Dimenticando come al solito che tutti i leader europei non hanno letteralmente fatto altro, dal primo giorno dell’invasione (e anche da prima, se è per questo), a cominciare da Emmanuel Macron, il quale in una famosa telefonata in cui chiedeva di fermare i carri armati si sentì rispondere dall’autocrate del Cremlino che in quel momento aveva da fare, perché era in palestra.

Nel frattempo in Georgia, dove hanno già assaggiato l’invasione putiniana di intere regioni, mentre noi europei guardavamo altrove, le piazze continuano a riempirsi di manifestanti avvolti nella bandiera europea, che si battono contro «la legge russa», per non lasciar trasformare il loro paese in un’altra Bielorussia. Manifestazioni che ricordano, come scrive oggi Yaryna Grusha su Linkiesta, le proteste di Euromaidan del 2014 in Ucraina. E che verosimilmente vedremo presto infangate allo stesso modo sulla stampa e nella televisione italiana. 

Leggi anche: I Cinque. Gli articoli da ricordare questa settimana (27-03/04)

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Alberto Paletta si occupa di comunicazione e relazioni istituzionali presso un gruppo finanziario. Pur attratto dalla politica attiva, preferisce dedicarsi a quella contemplativa. Milanese d'adozione e di elezione, un po' come Stendhal.