I Cinque. Gli articoli da ricordare questa settimana (20-26/04)

Di il 27 Aprile, 2024
Immanuel Kant, genio postmoderno. Il gran ballo d’Europa intorno a Draghi. Ecco le luci (e le ombre) della sua ricetta. Elogio della nebbia e del magone. “Civil War” di Alex Garland lascia senza parole perché ha detto tutto. “Per ricostruire la Striscia serviranno 30 miliardi. All’Italia un ruolo cruciale”.

Categoria: cultura/storia della filosofia

Immanuel Kant, genio postmoderno. Di Sebastiano Maffettone, Il Sole 24 Ore – Domenica del 21 aprile 2024

Quest’anno compie trecento anni Immanuel Kant, genio poliedrico il cui pensiero travalica l’Illuminismo di cui è stato uno dei massimi propulsori. Per Sebastiano Maffettone, uno dei maggiori filosofi politici italiani, “Kant vive ancora in mezzo a noi. Le sue idee e le sue teorie sono parte integrante del nostro patrimonio intellettuale. Lo si vede chiaramente dalla nostra comune ideologia, dalle più rilevanti ipotesi filosofiche che hanno popolato il secolo ventesimo e l’inizio del nostro”. Kant è indubbiamente difficile da leggere e da capire, senza una guida può risultare scoraggiante affrontare il suo pensiero, che abbraccia temi come la conoscenza e la morale. Dal complesso rapporto tra “il cielo stellato sopra di noi” e “la legge morale dentro di noi” discende il nucleo della sua opera, rappresentato soprattutto dalle tre Critiche (della ragion pura, della ragion pratica, del giudizio).  In particolare, nella prima, Kant tratta il mondo com’è e come possiamo conoscerne a priori la struttura, mentre la Critica della ragion pratica riguarda il mondo come dovrebbe essere. “In entrambi casi, il soggetto dà leggi a sé stesso”, fedele a quel concetto di autonomia tipico della filosofia kantiana. Nella Critica del giudizio Kant prova a risolvere il dualismo tra teoria della conoscenza e il dominio della pratica, introducendo appunto la capacità riflessiva del giudizio. Questo impianto teoretico inesorabile e compiuto illuminerà poi la filosofia di Hegel e Marx, fino ad arrivare a Wittgenstein, Habermas e Rawls, ed è impossibile “per noi eredi del progetto incompleto della modernità trovare il bandolo delle nostre idee senza tornare a Kant”.

 

Categoria: economia

Il gran ballo d’Europa intorno a Draghi. Ecco le luci (e le ombre) della sua ricetta. Di Francesco Saraceno, Domani del 21 aprile 2024

Nei giorni scorsi Mario Draghi ha anticipato i contenuti del rapporto sulla competitività europea che gli era stato commissionato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La stampa italiana ha preso lo spunto per concentrare l’attenzione sul futuro politico di Draghi, e sulle possibilità di diventare il successore della stessa von der Leyen. È stata dedicata poca attenzione ai contenuti del rapporto, che l’economista Saraceno invece analizza. Il rapporto inizia citando il premio Nobel Paul Krugman e la sua critica negli anni ‘90 alla “ossessione della competitività”, a vantaggio del concetto di aumento della produttività. Ma, scrive Saraceno, poi Draghi in parte si contraddice perché la produttività si perde nel prosieguo del rapporto. La ricetta di Draghi si basa su tre pilastri: la dimensione adatta per competere con Usa e Cina, i beni pubblici come la transizione ecologica e la difesa (ma vengono dimenticati sanità e istruzione), l’approvvigionamento di input strategici (come è avvenuto per i vaccini in occasione del Covid).  Le criticità di questa impostazione risiedono nella scarsa attenzione alla coesione sociale, vista come “un fastidioso vincolo”, e al depauperamento ambientale. “Infine, ma non da ultimo, una concezione della politica industriale novecentesca, incentrata sulla creazione di grandi conglomerati oligopolistici”. Vengono così ignorati gli studi più recenti che evidenziano l’insufficienza del modello dei campioni nazionali a favore di politiche molto più articolate per sostenere progresso tecnico aumento di produttività.  Ma non sono tutte ombre: si intravede “la preconizzazione di una capacità di bilancio europea, un organo europeo per le politiche di bilancio e industriali”, sperando che la creazione di un bilancio centrale sia messa nero su bianco nel rapporto finale.

 

Categoria: cultura/fotografia

Elogio della nebbia e del magone. Di Luca Ricci, Tuttolibri – La Stampa del 20 aprile 2024

È una recensione di Viaggiatori ai margini del paesaggio di Corrado Benigni, che a sua volta ripercorre le tappe di un libro collettivo che ha segnato la storia della fotografia in Italia, Viaggio in Italia, ideato da Luigi Ghirri nel 1984. Il libro rappresentava uno spartiacque perché definiva un nuovo immaginario: “i fotografi coinvolti nel progetto prediligono le periferie ai centri storici delle città, se non proprio l’aperta campagna, o i non luoghi quali le zone industriali con relativi capannoni e rimesse, parchi giochi, benzinai, parcheggi, sale d’attesa”. La rinuncia alla bellezza è compensata dall’audacia tecnica e dal virtuosismo formale. Indiscusso capofila di questa scuola è Luigi Ghirri, le cui immagini hanno lo stesso effetto metafisico di De Chirico. “Ghirri non punta a rendere visibile l’invisibile, ma al contrario cerca un modo per nascondere l’evidenza. Le sue fotografie si attivano quindi nel mistero di una mancanza”. Forse il suo scatto più famoso è quello al Lido di Spina, nel 1974, che riproduce una piccola giostra sulla spiaggia, con nient’altro intorno se non il mare. Un’altra fotografia rappresenta un canalone che separa due porzioni identiche di pianura immerse nella nebbia, come un elogio del dubbio. Questo apparente minimalismo aveva entusiasmato lo scrittore Gianni Celati, autore della prefazione, che ne aveva adottato la poetica in letteratura. Lo stesso Celati, in uno dei suoi racconti, scriveva: “Noi chiediamo di poter celebrare questo insostanziale, e il vuoto, e l’ombra, l’erba secca, le pietre dei muri che crollano e la polvere che respiriamo”.

 

Categoria: critica cinematografica

“Civil War” di Alex Garland lascia senza parole perché ha detto tutto. Di Marianna Rizzini, Il Foglio del 25 aprile 2024

È nelle sale “Civil War” di Alex Garland, un film su una futuribile guerra intestina negli Stati Uniti. “Dalla visione del film si esce pietrificati (in senso positivo: attenti all’estremo), disorientati, concentrati”. È un film che non concede nulla, che si costruisce per sottrazione attraverso “una narrazione scarna, implacabile, senza retorica”. La violenza, spietata, è credibile come non mai. Lo scenario politico è solo un pretesto: gli stati separatisti di California e Texas combattono l’esercito lealista, non è definito da che parte stiano la ragione e il torto. È formalmente un road movie in cui quattro giornalisti, due uomini e due donne diversi per esperienza ed età, viaggiano da New York a Washington con l’obiettivo di intervistare il Presidente degli Stati Uniti, prossimo alla caduta. “Non è distopico quello che vediamo, potrebbe essere già qui, e forse lo è già in varie forme, quell’umanità perduta e regredita che si incontra lungo il feroce viaggio intrapreso dai quattro protagonisti.” Civil War potrebbe ispirarsi a La strada di Cormac McCarthy, ma anche a Stanley Kubrick, ai fratelli Coen, o agli “scenari da fiaba ostile in Tim Burton”.  E, se vogliamo, è anche un agghiacciante film sul giornalismo: “L’unica cosa che resta (o che importa) ai quattro protagonisti è scappare, scappare anche da sé stessi, e scattare la foto che permette di credere almeno alla propria esistenza”.

 

Categoria: intervista

“Per ricostruire la Striscia serviranno 30 miliardi. All’Italia un ruolo cruciale”. Di Francesca Caferri, la Repubblica del 25 aprile 2024

Abdallah al Dardari è assistente del Segretario generale dell’Onu per i Paesi arabi. Dice che ha cominciato a occuparsi della ricostruzione di Gaza dall’8 ottobre, quando non era ancora chiaramente visibile la dimensione della reazione israeliana. Serviranno trenta-quaranta miliardi dollari in tutto, ma sono stime provvisorie. “Abbiamo usato immagini satellitari e da quelle i nostri esperti hanno stimato danni per 18 miliardi di dollari: ma sappiamo bene che non tutto ciò che è stato distrutto è visibile dal cielo e quindi il totale sarà più alto”. Ma chi sarà disponibile a investire in una zona che è stata distrutta già quattro volte in vent’anni? Per al Dardari saranno i Paesi arabi e la diaspora palestinese, che dovrebbero però affidarsi a Ong locali, in modo da creare posti di lavoro. E che ruolo può giocare l’Italia? Come presidente di turno del G7 potrebbe coordinare i Paesi donatori insieme a una nazione araba. “Da un punto di vista pratico, l’Italia è già coinvolta in pieno nel nostro progetto: le Università di Padova e Venezia stanno disegnando i piani del post – ricostruzione. E sappiamo già che ci serviranno le tecnologie che il vostro settore privato è in grado di mettere in campo: nel campo delle costruzioni, della distribuzione dell’acqua, della rimozione delle macerie”.

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Alberto Paletta si occupa di comunicazione e relazioni istituzionali presso un gruppo finanziario. Pur attratto dalla politica attiva, preferisce dedicarsi a quella contemplativa. Milanese d'adozione e di elezione, un po' come Stendhal.