
Foto copertina: Wikimedia Commons.
Si ampliano le collaborazioni fra Amazon e i gruppi editoriali per l’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei dispositivi basati su intelligenza artificiale dell’azienda fondata da Jeff Bezos.
Le ultime società a essere coinvolte sono due importanti società statunitensi nel campo dell’informazione, Condé Nast ed Hearst.
Le partnership, riferite da Digiday lo scorso 10 luglio, prevedono un accordo di licenza per consentire a Rufus, l’assistente IA di Amazon per lo shopping, l’accesso ai contenuti dei quotidiani e riviste dei due editori.
Secondo il suo sito, Condé Nast può contare su oltre un miliardo di clienti totali, distribuiti tra edizioni cartacee e online di giornali e piattaforme social.
Ne fanno parte testate di riferimento generaliste e di vari settori – dalla moda, alla musica, alla tecnologia –, come GQ, New Yorker, Pitchfork, Vanity Fair, Vogue e Wired.
Hearst, invece, attiva soprattutto nell’area lifestyle, pubblica oltre 200 edizioni complessive di varie riviste in varie parti del mondo e possiede circa 175 siti web di informazione.
Tra i marchi più noti di cui è proprietaria, Cosmopolitan, Elle, Esquire e Harper’s Bazar.
Come tutti i chatbot basati su modelli linguistici di grandi dimensioni, i cosiddetti Llm, anche Rufus beneficerà dalla enorme mole di informazioni utili a cui potrà attingere dai magazine pubblicati dalle società americane.
Tanto più che, nel caso specifico – scrive Digiday –, l’assistente di Amazon usufruirà di questi dati per affinare le risposte ai clienti che chiedono consigli e necessità di acquisto, suggerimenti e confronti tra prodotti.

La sede centrale di Hearst a Manhattan, New York, disegnata dall’architetto inglese Norman Foster. Foto: Flickr.
Nella puntata precedente
Un mese e mezzo fa era stato il turno del New York Times.
Il quotidiano statunitense, un anno e mezzo dopo aver fatto causa a OpenAI e Microsoft per il presunto sfruttamento illegittimo dei propri contenuti editoriali, ha firmato un accordo proprio con Amazon a inizio del mese di giugno.
Nel suo caso, però, il fulcro della collaborazione era il dispositivo Alexa, che, così come altri prodotti e servizi del gruppo di Bezos, ha quindi potuto accedere ad articoli e informazioni provenienti dalle testate edite dalla New York Times Company.
La testata newyorkese ha preferito fino a quel momento puntare sull’intelligenza artificiale attraverso strumenti sviluppati al proprio interno – come dimostrano i programmi di formazione IA in redazione per la scrittura dei testi per i social media e la creazione di titoli efficaci a livello Seo e il software Echo per la sintesi degli articoli –, mentre continua il processo contro la società guidata da Sam Altman.

Il One World Trade Center a Manhattan, New York, sede di Condé Nast. Foto: Wikimedia Commons.
Liberi tutti
Condé Nast e Hearst, invece, avevano già da tempo siglato accordi di licenza con OpenAI.
La prima aveva stretto ad agosto del 2024 una collaborazione che ha permesso all’azienda proprietaria di ChatGpt di utilizzare i contenuti di alcune delle sue riviste più famose – incluse New Yorker, Vogue, Vanity Fair e Wired, per alimentare il motore di ricerca SearchGpt.
Hearst ne aveva seguito l’esempio e, pochi mesi dopo – a ottobre dello scorso anno –, ha ufficializzato una partnership, sempre con la società di Altman, per aprire al suo chatbot gli archivi di oltre 20 magazine e 40 quotidiani del gruppo.
Ora, però, l’accordo con Amazon e l’accesso garantito a un assistente più specializzato come Rufus aprono un nuovo capitolo nelle alleanze tra giornalismo e IA.
Per Bezos, invece, è un ulteriore tassello nel suo mosaico di ormai oltre 200 collaborazioni editoriali, che garantiscono alla sua società la possibilità di sfruttare i contenuti di testate come Business Insider, Forbes, Reuters, Time, Usa Today, Vox e, naturalmente, il suo Washington Post.