Contenuto in collaborazione con Pfizer Italia
Foto copertina: Shutterstock.
Le fake news possono assumere forme diverse. Si può distinguere tra misinformazione, quando notizie false o fuorvianti vengono diffuse in maniera non intenzionale, e disinformazione, ossia contenuti inesatti costruiti ad arte.
Nell’ambito scientifico e, più in particolare, della salute, questo doppio problema si fa ancora più critico poiché va a intaccare l’affidamento dei cittadini nella medicina e nelle istituzioni preposte alla tutela della salute e alle cure.
Come già riportato da Mediatrends, la situazione si è aggravata a seguito della pandemia di Covid-19, a seguito di cui la fiducia nell’industria farmaceutica si è erosa in maniera significativa.
Uno studio pubblicato nel 2025 da Lancet ha confermato questa tendenza, allargando lo spettro all’intero campo sanitario il quale, spiega la rivista scientifica, ha subito un ulteriore calo di credibilità, causato in primo luogo dal “senso di ansia e urgenza” che si avvertiva nei mesi clou della pandemia e alimentato dalla disinformazione sostenuta sui social media e avallata da alcune fazioni politiche estremiste.
Reagire, in questo caso, non può bastare e, anzi, assumere un atteggiamento di mero inseguimento e correzione delle fake news rischia di generare l’effetto inverso di ampliarne la rilevanza mediatica.
Come in campo medico, l’approccio da utilizzare, quindi, è quello della prevenzione: istituzioni e aziende devono assumersi un compito educativo, volto a fornire ai cittadini gli strumenti per discernere la veridicità dei contenuti online.
E, per farlo, è necessario che i vari attori coinvolti nell’industria sanitaria collaborino insieme a giornalisti e comunicatori, i quali – come hanno evidenziato diversi incontri promossi dalla Federazione delle relazioni pubbliche italiana (Ferpi) e Pfizer –, devono farsi guide affidabili, in grado di aiutare i cittadini a orientarsi.
“A dire il vero” c’è chi lo fa già
È con questa consapevolezza che Pfizer Italia ha ideato, nel 2023, un’iniziativa con obiettivi chiari: promuovere una comunicazione corretta, efficace e responsabile, incentivare una informazione giornalistica corretta e aggiornata e consolidare la fase di pre-bunking sui temi in ambito medico-scientifico.
Intitolato “A dire il vero”, il programma affronta queste aree poiché è all’interno di esse che si concentrano i cortocircuiti che intaccano in modo più grave le certezze dei cittadini e, dunque, di clienti e pazienti.
“Minare la fiducia che i cittadini hanno nei confronti delle istituzioni sanitarie e, più in generale, della medicina, rischia di mettere in crisi la loro fiducia nelle democrazie”, ha sottolineato Biagio Oppi, External Communications Director di Pfizer Italia, che ha presentato il progetto in un’intervista ad AboutPharma.

Tre direttrici
Finora, ha spiegato Oppi, “A dire il vero” ha agito in modo progressivo su tre categorie:
- studenti delle scuole superiori
- futuri professionisti della comunicazione e dell’informazione oggi all’università
- giornalisti praticanti e professionisti dell’informazione e della comunicazione
Scuole superiori
L’iniziativa ha supportato la formazione di oltre 500 studenti di diverse scuole superiori di Roma, insieme a Fondazione Media Literacy, e di decine di professori, in collaborazione con Fondazione Golinelli.
Lidia Gattini, Segretaria Generale Fondazione Media Literacy, non nascose ai giornali il suo entusiasmo: “Apprezzo molto il fatto che nel complesso il progetto non riguardi soltanto i giornalisti, le università e gli adulti, ma preveda anche un focus sull’adolescenza perché poi è quello il momento in cui si diventa più autonomi e si forma la propria identità”.
La direttrice principale della fase diretta agli studenti fu quella di imparare attraverso la pratica, una metodologia non sempre semplice da adottare poiché persistono “tante lacune strutturali”, sottolineò ormai due anni fa Antonio Danieli, direttore generale e vicepresidente di Fondazione Golinelli.
“Molte scuole italiane oggi non hanno ancora un laboratorio o hanno spazi fatiscenti o insufficienti nei materiali e nelle attrezzature scientifiche, che invece andrebbero aggiornate con investimenti significativi”, aggiungeva Danieli, sottolineando il ruolo della Fondazione nel fornire strumenti di laboratorio e nuove attrezzature.
Università
L’iniziativa nel corso del 2024 e del 2025 ha poi realizzato una partnership che ha visto coinvolti oltre 20 alunni del master di giornalismo e più di 500 della facoltà di scienze della comunicazione dell’Università di Bologna, attraverso moduli dedicati e il coinvolgimento di giornalisti, divulgatori e comunicatori.
Giornalisti e operatori della comunicazione
Infine, il programma ha promosso corsi di formazione erogati dagli Ordini dei Giornalisti Regionali a Pescara, Bologna, Bari, Palermo, Roma e Milano, focalizzandosi sull’offrire soluzioni a chi già lavora nel campo ma non ha strumenti specialistici per trattare temi complessi come la medicina e la salute.
I corsi, nelle diverse città, sono stati seguiti da centinaia di giornalisti.

Parallelamente, Pfizer ha anche organizzato due seminari, in collaborazione con Ferpi e rivolti ai comunicatori, in occasione dei quali sono intervenuti massimi esperti del settore.
Seminari che, così come quelli rivolti ai giornalisti, hanno riscosso un particolare successo: il primo, intitolato “Lotta alle fake news. Dovere e opportunità verso una comunicazione responsabile”, ha visto la partecipazione di ben 50 comunicatori di aziende pubbliche e private; mentre il secondo, “Contrastare la disinformazione. Dall’infodemia al trusted flaggers” ha superato le aspettative con oltre 65 comunicatori presenti.

Prima del fact-checking
“A dire il vero”, che in un anno e mezzo si è aggiudicato importanti riconoscimenti – tra cui InspiringPR di Ferpi nel 2024, il Digital Award di AboutPharma e il Life Science Excellence Award quest’anno – punta dunque sull’alfabetizzazione scientifica del pubblico, in particolare quello più giovane, e alla formazione degli operatori dell’informazione e della comunicazione in ambito salute a partire da giornalisti e comunicatori, passando per le nuove figure ibride dei creator e degli influencer.

Andare oltre l’individuazione e il contrasto delle fake news e adottare un impianto più comprensivo è un aspetto centrale in un momento storico in cui “la crisi di fiducia nella professione giornalistica è inequivocabile”, come ha ricordato in una recente intervista a Mediatrends Celeste Satta, sociologa della comunicazione e collaboratrice del master in giornalismo dell’Università di Torino.
Satta, che ha curato la versione italiana dell’ultimo Digital News Report del Reuters Institute dell’Università di Oxford, ha messo in guardia proprio sui limiti del fact-checking come pratica a sé stante.
“Non so perché continuiamo ad aspettarci così tanto dal fact-checking”, ha sottolineato. “Di solito, chi ha l’istinto di mettere in dubbio, di porre in discussione, sono persone già vaccinate contro le fake news”.
Dai seminari di Ferpi e Pfizer è inoltre emersa l’importanza dell’educazione scientifica dei cronisti delle testate locali, che hanno la responsabilità di rivolgersi a comunità circoscritte e molto legate ai loro organi di informazione.
Un ruolo determinante in un’epoca in cui, come evidenzia l’edizione italiana del Digital News Report 2025, il giornalismo locale è a rischio estinzione e necessita più che mai di essere salvaguardato.
In un cerchio che si chiude, infatti, gli effetti di una buona e chiara informazione medica hanno un impatto positivo sui cittadini, aumentando la loro partecipazione ai temi sanitari.
E, soprattutto, ha ricordato il giornalista ed esperto di comunicazione strategica e coordinatore di “A dire il vero” Massimo Alesii, “costruendo fiducia e consapevolezza nei confronti del sistema sanitario nazionale, troppo spesso indebolito da messaggi distorti o sensazionalistici”.

E l’intelligenza artificiale?
Stiamo vivendo la terza rivoluzione dell’informazione, che vede come protagonista indiscusso l’intelligenza artificiale.
E come ogni rivoluzione, anche l’IA andrebbe compresa e governata.
Perché, se è vero che l’IA ha bisogno di contenuti originali, verificati e credibili, è da questa rivoluzione che il giornalismo può ricostruire valore.
Ne è convinto anche Alesii, secondo cui: “La Post-Pandemia si è rivelata in questo settore un autentico e nuovo campo di battaglia nel quale sono scese armi tecnologiche sempre più sofisticate fra cui l’Intelligenza Artificiale cui sembra quasi impossibile opporsi”.
“Eppure – continua l’esperto – a ben guardare la A.I. può migliorare la qualità dell’informazione e contribuire a contrastare le fake news se accompagnata da una solida formazione dei giornalisti e dei comunicatori, accomunati nell’operare alla produzione di informazione e processi di comunicazione responsabile. Al momento sappiamo che l’intelligenza artificiale non è di per sé né buona né cattiva: dipende dall’uso che ne facciamo”.
Un esempio di strumento di intelligenza artificiale al servizio della comunicazione responsabile e della corretta informazione è il tool “MAAM” sviluppato dal centro d’innovazione di Pfizer a Salonicco.
Si tratta di un software in grado di rilevare, anche grazie agli input ricevuti dal progetto “A dire il vero”, i deepfake, e destinato all’utilizzo professionale di comunicatori e giornalisti.
Infine, da sottolineare l’impegno dei comunicatori a livello globale, stimolati anche da Ferpi, che con il Venice Pledge hanno approvato nel giugno scorso le linee guida per un utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale nella comunicazione.





