Nei social le donne sono tante ma comandano poco

Di il 13 Ottobre, 2025
A eccezione di Bluesky e Signal, le piattaforme sono guidate da uomini e alcune scelte recenti sulla moderazione dei contenuti non sembrano favorire la tutela della diversità di genere e dell'inclusione
Foto copertina: generata dall’autrice, utilizzando ChatGpt.

Le donne leader nei social ci sono, ma non sono abbastanza in alto.

Molte posizioni apicali nei consigli di amministrazione delle piattaforme social e di messaggistica sono ricoperte dal genere femminile, ma il comando resta saldo in mano ai fondatori – tutti uomini –, fa notare Axios.

È il caso di TikTok, Spotify – dove l’amministratore delegato Daniel Ek ha di recente lasciato il suo ruolo –, Twitch, Apple, Snapchat, LinkedIn, Reddit, Pinterest, Telegram, Substack e Patreon.

Tutte aziende in cui le donne sono presenti in vari ambiti, dalle risorse umane al marketing.

Alcuni avvicendamenti recenti hanno rafforzato questo squilibrio, dopo alcune importanti dimissioni e altre nomine tutte al maschile.

Risultano invece pressoché assenti manager queer.

L’evento Women in Business, TechEd 2014. Foto: Flickr.

Chi decide cosa

Ci sono donne leader nei social, soprattutto ai vertici finanziari: sono, ad esempio, Susan Li, Michelle Weaver e Julia Brau Donnelly, rispettivamente chief financial officer di Meta, Twitch e Pinterest.

Anche ai manager dei dipartimenti di comunicazione, le donne ai vertici sono diverse: Rachel Delphin per Twitch, Dustee Jenkins, a capo dell’area public affair per Spotify, Julie Henderson a Snap Inc. – società madre di Snapchat – e Andréa Mallard che dirige il marketing e la comunicazione di Pinterest.

Substack, fondata da tre uomini, ha scelto Helen Tobin per coordinare le sue strategie di comunicazione.

A guidare YouTube, dal 2023, è Neal Mohan, che prima di diventare ad si era già occupato di sviluppo del prodotto e ora sta ottenendo risultati positivi per l’azienda.

I top manager di Meta sono quattro uomini.

Il fondatore Mark Zuckerberg, ad, ha nominato Connor Hayes a capo di Threads, con lo scopo di far diventare l’app un ecosistema social autonomo e separato da Instagram, a sua volta guidata da Adam Mosseri. Infine, il numero uno di WhatsApp è Will Cathcart.

Ci sono, comunque, alcune eccezioni: Bluesky è guidata da Jay Graber e Signal da Meredith Whittaker.

Sono entrambe piattaforme che si raccontano come alternative emergenti, soprattutto nell’ambito della moderazione dei contenuti e della qualità dell’informazione.

A tal proposito, su X Linda Yaccarino si era assunta il compito di trasformare il social di proprietà di Elon Musk in una everything app, ma soprattutto di far ritornare gli inserzionisti che avevano lasciato la piattaforma dopo il cambio di dirigenza.

Dopo due anni come ad, a luglio Yaccarino si è dimessa, senza destare polemiche, ma a pochi giorni dallo scivolone che aveva fatto scrivere al software di intelligenza artificiale Grok delle frasi a giustificazione di Adolf Hitler.

Da quattro mesi, il posto è tornato nelle mani di Musk, che dopo la rottura con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe avere più tempo da dedicare all’azienda.

Foto: Wikimedia Commons.

Non è una piattaforma per donne

Il quadro preoccupa per alcune ragioni.

C’è qualche distorsione nell’accesso ai capitali per l’imprenditorialità al femminile, se le maggiori big tech e le piattaforme di social media contano solo su “padri fondatori”?

Tuttavia, questi uomini hanno deciso di affidare ruoli chiave nella gestione manageriale e d’impresa a donne, che stanno dimostrando di saperle guidare verso la crescita.

Un altro aspetto va considerato in questo squilibrio di genere.

Secondo una recente ricerca pubblicata sul Journal of Forensic and Legal Medicine, l’inneggiamento e i riferimenti visivi alla violenza sessuale contro le donne, sui social media, è maggiore di quella diretta contro gli uomini.

Per lo European Institute for Gender Equality, è nelle politiche di moderazione dei contenuti che bisogna intervenire per far crescere la sensibilità alla cyberviolenza contro le donne e le ragazze – Cyber violence against women, Cvawg.

In Italia, ad esempio, si può contare soltanto sulla legge Piemontese contro l’hate speech del 2021, che ha però dei limiti investigativi quando ci si riferisce all’uso privato dei commenti sui social, come riporta Agenda Digitale.

Infatti, in Unione Europea  la direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi, la Raccomandazione R(97)20 del Consiglio d’Europa e il Digital Service Art sono strumenti dotati di una certa capacità di vigilanza e di enforcement, ma non si può dire lo stesso delle piattaforme social.

Proprio su questi, dal 2021 i ritmi di utilizzo e anche gli indirizzi normativi dei proprietari delle piattaforme stesse sono molto cambiati, per favorire l'”autogestione” e definire quella che viene venduta come libertà di espressione.

Eppure, non è detto che board composti da donne siano più inclini a proteggere iniziative come la DEI – diversità, equità e inclusione – o volte a ridurre la violenza informatica.

In ogni caso, è ancora raro osservare un assetto proprietario al femminile. Così come è difficile imbattersi in membri della comunità LGBTQ+ ai vertici delle aziende.

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Ludovica Taurisano
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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.