Cinque piccole lezioni dalla vicenda del video ad Andy Byron e Kristin Cabot al concerto dei Coldplay

Di il 26 Luglio, 2025
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La vita di due persone sono state stravolte in un attimo insieme alle loro relazioni e carriere, con la loro azienda, Astronomer, costretta a prendere le distanze per salvare la propria reputazione
Foto copertina: un concerto dei Coldplay, nel 2016 a Chicago. Foto: Wikimedia Commons.

Ora che la tempesta è scemata, vale la pena chiedersi cosa ci ha lasciato in eredità la vicenda di Andy Byron, ex amministratore delegato di Astronomer, e di Kristin Cabot che ne era responsabile delle risorse umane, ripresi dalla kiss cam a un concerto dei Coldplay a Boston.

Le loro vite e l’insieme delle relazioni umane e sociali che avevano costruito sono state travolte e stravolte in poche ore dall’uragano dei social media.

Sono cinque le piccole lezioni di questa storia che fotografa in maniera cristallina la pervasività ossessiva dell’era dei social media.

1. Cosa significa privacy

La privacy è diventata un concetto sfumato, quasi indefinibile. Non ha più confini invalicabili, tanto da dover forse metterne in discussione la sua definizione tradizionale, per trovarne una più aggiornata.

Il frame video dell’abbraccio tra Byron e Cabot rimbalzato dalla kiss cam non avrebbe provocato la tempesta che ha poi generato, se fosse rimasto confinato all’interno del Gillette Stadium di Foxborough, nel Massachusetts, dove i due stavano assistendo al concerto dei Coldplay.

Invece, quel singolo momento è stato rilanciato dall’account TikTok di Grace Springer, che ha postato il video, guadagnando oltre 33mila follower.

Quella singola condivisione, del tutto legale, ha innescato un classico meccanismo di polarizzazione e il post di Springer ha ottenuto in una settimana oltre 127 milioni di visualizzazioni.

Quindi, per quanto si voglia difendere la privacy e proteggersi dal voyeurismo social, è necessario rammentare che questa può essere violata e manipolata in qualsiasi momento e da chiunque. Anche impunemente.

2. Social, creazione e distruzione

L’invadenza e la pervasività dei social media hanno una diretta conseguenza sulle costruzione e distruzione delle reputazioni digitali e fisiche, delle persone e delle aziende.

La società Astronomer, di cui Andy Byron era amministratore delegato e Kristin Cabot la direttrice delle risorse umane, è una società di tecnologie open-source sconosciuta ai non esperti del settore, nonostante la sua valutazione superiore a un miliardo di dollari.

A maggio la società aveva ha annunciato un round di investimenti da 93 milioni di dollari guidato da Bain Ventures e altri investitori, tra cui Salesforce Ventures.

Per evitare il rischio fondato di essere penalizzata dalle reazioni innescate dalla scoperta della relazione extra-coniugale dei suoi due manager, provocando anche un possibile esodo degli investitori, l’azienda è corsa ai ripari per tutelare la propria reputazione.

Ha sospeso e sostituito Byron. E, al contempo, ha anche precisato che la policy aziendale non accetta certi comportamenti dei dipendenti e che la terza persona ripresa dal video non è una loro dipendente.

Allo stesso tempo, però, anche i due diretti protagonisti della vicenda sono stati costretti a fare i conti con l’integrità delle loro reputazioni professionali e personali.

Per difendersi dagli attacchi e provare a difendere le proprie carriere, hanno scelto di cancellare gli account che avevano su LinkedIn, mentre la moglie di Byron ha cancellato dal nome utente del profilo Facebook il cognome del marito.

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Foto: Unsplash.

3. Chi decide chi sei

Persiste poi il tema dell’identità digitale e di come gli utenti possono incidere e manipolare la percezione che si ha degli altri.

Per quanto Byron e Cabot abbiano subito cancellato i loro account social, questo non ha impedito che i loro profili e post fossero vivisezionati, ripubblicati e decontestualizzati in un profluvio di commenti e pubblicazioni che hanno ridefinito la percezione online nei loro confronti.

Ad esempio, in molti hanno iniziato a condividere – considerandoli prove inconfutabili della sua disonestà – il post che Cabot aveva pubblicato per presentarsi su LinkedIn: “il buon esempio significa conquistarsi la fiducia dei dipendenti di tutti i livelli, dagli amministratori delegati ai manager, fino agli assistenti”.

Quindi, così come la privacy, anche – e forse di più – la costruzione dell’identità digitale non appartiene al rispettivo individuo che dovrebbe possederla, ma è a portata di chiunque voglia manipolarla.

E, dunque, nelle mani di utenti e follower che non si conoscono e non sanno nulla l’uno dell’altro, se non grazie a un frame video di dieci secondi.

Questa marea di contenuti, volente o nolente, condiziona anche le relazioni fisiche, modifica i comportamenti e quelli delle persone che si incontrano nella quotidianità.

Occorre dunque anche chiedersi se ha ancora senso discutere di modelli comportamentali online, che, soprattutto in episodi come queste, gli utenti dovrebbero attuare.

Da un alto, ogni volta qualcuno venga esposto a tanto clamore e commenti, può nascere la curiosità di rovistare nei profili social dei protagonisti. Dall’altro, accade sempre più spesso che, in in assenza di account diretti – ormai, perfino quando questi esistono – alcuni utenti creino dei profili, dichiarazioni e contenuti falsi che possono assorbire parte del traffico scaturito dalla vicenda.

Ecco quindi spuntare come funghi gli account omonimi su Instagram, X e Facebook, oltre alle pagine parodiche che sfruttano la scia di interesse.

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I Coldplay durante la loro esibizione al festival di Glastonbury, in Inghilterra, nel 2024. Foto: Wikimedia Commons.

4. Diritto all’oblio, questo sconosciuto

Ancora, questa vicenda aiuta a riflettere sul tema dell’oblio digitale, cioè dell’impossibilità di cancellare per sempre un contenuto.

Per quanto i protagonisti di questo video, singoli protagonisti e l’azienda in cui lavoravano, abbiano provato a difendersi dalla gogna dei social, stanno comunque facendo i conti con la permeabilità della rete.

Non c’è contenuto che, per quanto cancellato, rimosso o modificato non potrà essere recuperato e rigenerato. La memoria digitale è pressoché eterna.

5. Percentuale di rischio

Infine, in ultimo ma non per ordine di importanza, l’episodio aggiunge una quinta lezione, anzi un monito, valido per ogni stagione. Nessuna persona, sconosciuta o famosa, follower o influencer, può dirsi o pensarsi totalmente al riparo dalla possibilità che la propria vita venga stravolta dai social media, all’improvviso e senza pietà. Come successo a due persone a un concerto.

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Consigliere nazionale AssoComPol e FerpiLab, editorialista con Formiche, Panorama.it, il Tempo, il Riformista, la Stampa e il Mattino. Data analyst di XXI Secolo, il programma ideato e condotto da Francesco Giorgino su Rai 1.