L’intelligenza artificiale compagna di scrivania dei giornalisti. I casi Axios e Fortune

Di il 11 Luglio, 2025
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Mentre la testata guidata dall'ad VandeHei apre agli articoli scritti dai chatbot, la rivista fondata da Henry Luce userà l'IA per velocizzare la stesura delle breaking news e generare grafici e podcast

In un mondo editoriale in costante evoluzione, l’intelligenza artificiale continua a permeare le redazioni. In modo sempre più profondo, insidioso e, per certi lati, controverso.

Da una parte, i giornalisti si difendono dalle potenzialità crescenti dell’IA – a volte, collaborando –, dall’altra lo strumento diventa sempre più indispensabile.

Non solo per evitare di perdere tempo dietro a compiti ripetitivi, ma anche nella produzione stessa delle notizie.

È il caso della rivista Fortune, che ha comunicato al suo staff di stare potenziando i contenuti prodotti dall’intelligenza artificiale e di Axios, che sta ammorbidendo la sua posizione sul divieto di pubblicare storie scritte dall’IA, come si legge su Semafor.

Axios, apertura all’IA

In un post su X, Semafor aveva svelato le nuove linee guida editoriali interne di Axios.

Secondo quanto riportato dal giornalista Max Tani, la testata guidata dall’amministratore delegato Jim VandeHei, fondatore di Politico, ha dichiarato di aver modificato le precedenti linee guida, secondo cui “il nuovo linguaggio sostituisce la nostra impostazione originale, incentrata sul fatto che tutto ciò che facciamo ‘sarà scritto o prodotto da una persona reale con una vera identità. Non ci saranno storie scritte dall’intelligenza artificiale”.

Ma questa affermazione, continua il post, “risale a diversi anni fa ed era inutilmente restrittiva, alla luce di quanto abbiamo imparato sulle reali capacità e limiti degli strumenti di IA”.

Fortune e il suo chatbot

In una nota interna condivisa con Semafor, Fortune ha dichiarato di voler richiamare l’ex direttore Nick Lichtenberg per “testare modi per utilizzare l’intelligenza artificiale per fornire le ultime notizie più velocemente”, attraverso una nuova sezione chiamata Fortune Intelligence.

In particolare, si tratta di articoli scritti in collaborazione con un chatbot, sebbene la nota abbia ripetutamente sottolineato che “la supervisione umana è necessaria in ogni fase prima della pubblicazione”.

L’obiettivo della testata fondata nel febbraio del 1930 da Henry R. Luce è quello di utilizzare l’intelligenza artificiale anche per generare grafici e trasformare le newsletter in podcast, come ha dichiarato la vicepresidente esecutiva, Alyson Shontell.

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La copertina del numero di settembre 1939 di Fortune. Foto: Flickr.

Varie ed eventuali

Un recente sondaggio di Ibm condotto su duemila amministratori delegati di tutto il mondo ha rilevato che, sebbene i leader siano ancora convinti che l’intelligenza artificiale sia fondamentale per il loro futuro, solo il 25% delle loro attuali iniziative in questo ambito ha prodotto i ritorni sugli investimenti sperati.

A Wall Street, ad esempio, il gruppo JPMorgan Chase ha comunicato che i casi d’uso di intelligenza artificiale utilizzati per le attività interne hanno generato un valore stimato di due miliardi di dollari.

Anche la banca Bank of New York Mellon, fondata 240 anni fa, ha adottato l’intelligenza artificiale, lanciando uno strumento interno, chiamato Eliza, per aiutare i dipendenti a sviluppare i propri agenti di IA e sta collaborando con OpenAI per collaborare su casi d’uso nei servizi finanziari.

Nel settore dei media, sono sempre di più gli editori che adottano gli ultimi modelli di IA e instaurano delle collaborazioni con le società di intelligenza artificiale.

Tra gli ultimi che hanno stretto accordi con OpenAI, ci sono gli editori del Guardian e del Washington Post.

Secondo Shontell, un utilizzo oculato ed efficace dell’intelligenza artificiale potrebbe aiutare Fortune a diventare più competitiva sul mercato editoriale, nonostante sia più piccola di molte delle aziende con cui compete.

In controverso panorama mediatico, da un lato c’è chi spinge sempre di più sull’efficienza e dall’altro chi si preoccupa delle minacce provenienti dall’IA.

Due anime incarnate dal gruppo del New York Times, che, seguito a otto quotidiani locali ha fatto causa a OpenAI e Microsoft per violazione del copyright a dicembre del 2023 e di recente ha stretto un accordo con Amazon per l’utilizzo dei propri contenuti editoriali da parte dell’assistente vocale Alexa e i modelli di IA dell’azienda fondata da Jeff Bezos.

La redazione di Politico, invece ha sottolineato alla dirigenza un altro problema: le nuove politiche aziendali sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale violerebbero quanto stabilito negli accordi fra i giornalisti e la testata sui limiti dell’impiego dell’IA stessa.

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Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).