Verso un Servizio Sanitario Nazionale sempre più digitalizzato

Di il 09 Giugno, 2024
Verso un Servizio Sanitario Nazionale sempre più digitalizzato
Una condizione necessaria ma non sufficiente per garantirne efficacia e sostenibilità

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sta attraversando la fase di più vigorosa trasformazione digitale della propria storia. Le criticità evidenziate dalla pandemia, relative alla scarsa capacità di condivisione dei dati e alla difficoltà di fare leva sulle tecnologie digitali per erogare prestazioni sanitarie a distanza, hanno agito da leva propulsiva e attivato un dibattito sulle necessarie dotazioni infrastrutturali e tecnologiche di cui il Paese e il sistema salute hanno bisogno. Nell’ambito della Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), quella dedicata alla sanità, sono stati identificati vari investimenti finalizzati a promuovere la transizione digitale, con obiettivi chiari che dovrebbero garantire entro il 2026 la piena disponibilità su tutto il territorio nazionale di varie soluzioni e piattaforme. In questo scenario, sono almeno tre i grandi cantieri aperti.

Primo cantiere: la telemedicina

In primo luogo, l’ormai nota “telemedicina”, che ricomprende tutte le forme di erogazione di prestazioni sanitarie da remoto. Si tratta di un panorama ampio e differenziato: al suo interno sono ad esempio annoverate le visite specialistiche in cui medico e paziente interagiscono da remoto tramite un collegamento audio-video (televisita), così come il rilevamento e la trasmissione a distanza di parametri vitali e clinici tramite sensori che interagiscono con il paziente (telemonitoraggio). Su questo cantiere di lavoro sono stati stanziati 1,5 miliardi di euro, attraverso i quali tutti i Servizi Sanitari Regionali (SSR) dovrebbero dotarsi di infrastrutture regionali che fungano da veri e propri ambienti di confronto virtuale in grado di garantire l’erogazione dei servizi minimi definiti a livello nazionale, a cui dovrebbe poi affiancarsi una piattaforma nazionale di telemedicina deputata a garantire il funzionamento pienamente “armonizzato” delle infrastrutture locali, lo scambio dei dati e il monitoraggio dell’effettiva implementazione e dei benefici generati.

Secondo cantiere: il Fascicolo Sanitario Elettronico

Un secondo ambito di investimento rilevante (circa 1,3 miliardi di euro) è quello relativo al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Si tratta del fondamentale strumento a disposizione di ogni individuo per la raccolta in formato digitale di tutti i dati e i documenti sanitari e sociosanitari della propria storia clinica. Per oltre un decennio vari interventi normativi hanno cercato, senza particolare successo, di favorirne la diffusione. Il PNRR punta a rilanciare il FSE come snodo unico ed esclusivo per l’accesso a tutti i servizi di sanità digitale offerti a livello regionale (tanto da far riferimento a un vero e proprio FSE 2.0), uniformare il contenuto dei vari FSE regionali in termini di dati contenuti e codifiche adottati, favorendone l’utilizzo anche per scopi di salute pubblica più ampi della cura del singolo cittadino-paziente. Un aspetto da non sottovalutare è che la progressiva diffusione del FSE passa da una maggiore digitalizzazione delle strutture ospedaliere, su cui i dati non sembrano attualmente incoraggianti: HIMSS, un network internazionale che punta a favorire la digitalizzazione in sanità tramite confronto e apprendimento tra Paesi, segnala che solo cinque strutture ospedaliere italiane raggiungono ad oggi un livello medio-alto di digitalizzazione dei processi.

Terzo cantiere: l’intelligenza artificiale

Infine il terzo cantiere, rappresentato dallo sviluppo di una piattaforma di intelligenza artificiale volta a supportare l’attività di triage dei medici di medicina generale e snellirne carico amministrativo e monitorarne appropriatezza prescrittiva: la relativa gara di appalto per identificarne modalità e fornitori risulta ad oggi sospesa dall’Autorità Garante per la privacy.

Verso un SSN più equo

L’innovazione in campo digitale è certamente un pilastro attraverso il quale costruire un SSN più equo, basato su logiche di prevenzione e sostenibilità. D’altra parte, se è vero che il dibattito istituzionale e gli impegni condivisi con la Commissione europea sono principalmente focalizzati sull’acquisizione e la messa in funzione di piattaforme tecnologiche volte a facilitare la raccolta e lo scambio efficiente e sicuro di dati, molti sforzi ulteriori sono necessari affinché questi strumenti possano effettivamente generare i benefici sperati.

Alcuni di questi sono noti ed ampiamente dibattuti. Si fa riferimento alla necessità di diffondere adeguate competenze digitali e di superare le tradizionali resistenze dei professionisti, oltre che di favorire una alfabetizzazione digitale di base tra gli assistiti. Anche le questioni relative ai dati, tra cui l’imperativo di adottare trasversalmente le stesse codifiche e la loro gestione nel rispetto della privacy e in piena sicurezza, sono ben note e al centro dell’attenzione. Meno enfasi è invece dedicata ai temi di natura organizzativa e all’impatto che possono generare sugli operatori del settore e sul loro modo di lavorare: è infatti rischioso ipotizzare che la sola disponibilità di piattaforme, seppure conformi a moderni e rigorosi standard definiti a livello nazionale, si traduca automaticamente in un beneficio sulla qualità dei servizi che le aziende sanitarie erogano in risposta ai bisogni di salute dei loro assistiti.

Ripensare i modelli organizzativi e i modelli di servizio per i cittadini

Più di tutto, dunque, è necessario farsi carico del ripensamento dei modelli organizzativi e dei modelli di servizio per i cittadini. Fino ad ora questo sforzo è stato lasciato esclusivamente sulle spalle delle singole aziende sanitarie, senza adeguate risorse, senza un reale supporto da parte dei livelli istituzionali superiori e senza la garanzia che l’innovazione digitale che osserviamo e osserveremo nel SSN sia davvero utilizzata per migliorare i servizi offerti e gli esiti di salute dei pazienti. Non bastano tuttavia proclami e interventi normativi a tratti inconsistenti per imprimere un cambio di passo al settore. Mentre l’attenzione si concentra su questioni tecnologiche, emerge chiaramente il bisogno di presidiare con altrettanta cura le questioni di natura strategica, ossia di definizione degli obiettivi prioritari che si intende perseguire attraverso queste soluzioni digitali, affinché tali innovazioni non restino scatole vuote destinate a scarsa fortuna.

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Francesco Petracca è Lecturer del Knowledge Group di Government, Health & Not for Profit presso SDA Bocconi School of Management. Svolge ricerca nell'ambito del CERGAS (Centro di ricerche per la gestione dell’assistenza sanitaria e sociale). È Academic Fellow presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Bocconi. Presso la SDA Bocconi è stato Teaching Assistant del Master in Management per la Sanità (MiMS). Le sue attività di ricerca sono focalizzate primariamente sulla sanità digitale, con particolare focus su mHealth e utilizzo di applicazioni mobili, metodologie per la loro valutazione e impatto sulla gestione delle patologie croniche. Altre aree di interesse includono: assetti istituzionali e organizzativi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), cure primarie e territoriali, modelli di presa in carico della cronicità. Ha fatto parte del consorzio del progetto europeo COMED EU-H2020. È autore di varie pubblicazioni sulle tematiche di suo interesse. I suoi principali lavori sono stati pubblicati in NPJ Digital Medicine, Health Economics, BMJ Open, BMC Nutrition, Journal of Medical Internet Research e JMIR mHealth uHealth.  Si è laureato nel 2014 in Economia e Management delle Amministrazioni Pubbliche e delle Organizzazioni Internazionali presso l’Università Bocconi.