
Sono in tanti a piangere il ritiro di TechCrunch dall’Europa, dopo che una delle principali testate attive nel campo della tecnologia ha chiuso i battenti delle attività locali e licenziato dipendenti di lunga data.
Per oltre un decennio, la divisione europea della rivista online è stata, infatti, il punto di riferimento per le startup emergenti in cerca di visibilità.
Revolut, Wise e Vinted sono alcuni esempi. Prima che finissero sotto i riflettori dei media generalisti, TechCrunch ne aveva parlato.
Perdono tutti
Tra coloro che sono rimasti più colpiti della notizia c’è Chad West, responsabile della comunicazione di Revolut, che ha dichiarato: “Non si tratta solo di un altro giro di licenziamenti nel settore media. È un duro colpo per l’ecosistema”.
L’imprenditore seriale Andrei Korchak, cofondatore della startup fintech Monite, ha raccontato a Sifted che uno dei primi articoli pubblicati sul magazine è stato fondamentale per la crescita della sua azienda.
“Ha scatenato un’ondata di interesse da parte degli investitori, in particolare dagli Stati Uniti. Conosco personalmente molti fondatori che hanno attirato l’attenzione di Sequoia, Accel o a16z dopo essere stati menzionati”.

Un momento di premiazione durante l’evento TechCrunch Disrupt a Berlino, nel 2019. Foto: Flickr.
Tempi duri
L’addio arriva dopo che Yahoo, l’ex società madre di TechCrunch, ha venduto l’azienda al fondo di private equity Regent a marzo.
Mentre la testata non ha ancora comunicato un numero definitivo di persone che sono state licenziate, due settimane fa, Ingrid Lunden, redattrice basata a Londra, ha annunciato su LinkedIn di aver lasciato l’azienda ad aprile dopo 13 anni.
Stessa decisione per la firma Natasha Lomas e l’editorialista Paul Sawers.
Romain Dillet, ex reporter senior di TechCrunch che si occupava dell’ecosistema francese, ha scritto su LinkedIn che “questo è un momento agrodolce per me, perché non ho lasciato TechCrunch di mia spontanea volontà”.
Dillet ha aggiunto di essere in disaccordo con la decisione della nuova società controllante, Regent.
“Pensavano che la copertura internazionale delle startup non fosse essenziale. Sono fortemente in disaccordo con questa decisione”.
Vent’anni sembran pochi
Lanciato nel 2005 da Michael Arrington e Keith Teare, TechCrunch era di proprietà di Yahoo, prima di essere venduto alla società di investimento californiana Regent.
All’epoca della fondazione di TechCrunch, Arrington e Teare erano partner di Archimedes Ventures, società di venture capital specializzata in ambito B2B.
TechCrunch è stato uno dei primi blog di informazione a fornire dati finanziari nel settore del tech a lettori e investitori.
Uno dei progetti più significativi del sito è stato Crunchbase, una piattaforma lanciata nel 2007 che monitora e fornisce dati su startup e aziende tecnologiche private e pubbliche.
Si tratta di un servizio importante perché consente di tracciare i finanziamenti, analizzare le tendenze di mercato e le connessioni fra startup e venture capital.
Nel 2015, otto anni dopo la sua nascita, Crunchbase si è staccata dalla testata per diventare una società indipendente.

L’edizione 2017 dell’evento TechCrunch Disrupt, organizzato all’Arena Berlin di Berlino. Foto: Wikimedia Commons.
Diversi cambiamenti di proprietà hanno interessato la stessa TechCrunch nei suoi 20 anni di storia.
Dopo gli acquisti di Aol e Yahoo – rispettivamente nel 2015 e 2017 – da parte della società di telecomunicazioni Verizon, quest’ultima ha inglobato TechCrunch, Yahoo Sports, Engadget e altri siti di informazione in una nuova divisione chiamata Oath e poi Verizon Media.
A settembre del 2021, Verizon ha venduto Verizon Media – e quindi anche TechCrunch – alla società di asset management Apollo Global Management per cinque miliardi dollari e la divisione è stata rinominata Yahoo!.
Questo è stato l’ultimo assetto che TechCrunch ha avuto per quasi quattro anni, fino al passaggio a Regent.
Ora arriva l’addio definitivo all’Unione Europea.
“Con meno pubblicazioni che promuovono le storie europee, abbiamo un vuoto enorme che ci renderà tutti un disservizio”, ha scritto Cathy White, professionista della comunicazione e investitrice che lavora nel settore da 15 anni.
“Per ora”, ha aggiunto, “RIP TechCrunch, e grazie a tutti i giornalisti con cui abbiamo avuto il piacere di lavorare”.