Substack punta sempre più in alto dopo il successo con le newsletter

Di il 28 Luglio, 2025
Con un modello di business che mostra alcune lacune per quanto riguarda la mancanza di filtri e moderazioni e cinque milioni di abbonati a pagamento, le sorti della piattaforma sono ancora in divenire
Foto: Substack.

Nel 2017 era un servizio di newsletter semisconosciuto, poi Substack ha attratto giornalisti, scrittori, opinionisti, blogger e più semplicemente curiosi che vogliono sempre restare aggiornati su quello che accade nel mondo attraverso un canale lontano da pressioni politiche e linee editoriali stringenti.

Così, negli ultimi anni, ha ottenuto sempre più rilevanza, affermandosi tra i new media.

Oggi pure il Dipartimento di Stato statunitense ha un suo Substack, e la piattaforma ha attirato più traffico dei lettori del Wall Street Journal o di Cbs News, come si legge su Bloomberg.

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Il successo di Substack

Parte del successo si deve anche al suo servizio di live streaming introdotto a inizio anno, che ha contribuito ad attirare sempre più utenti nel mondo del giornalismo stesso e che ha dato il via a un passaparola tra gli addetti ai lavori e non solo.

Un paio di settimane fa, la piattaforma che oggi conta più di 50 milioni di abbonamenti attivi – dei quali cinque milioni a pagamento – Substack ha dichiarato di aver raccolto 100 milioni di dollari in un round di finanziamento, con una valutazione di 1,1 miliardi di dollari.

Oggi lì si possono leggere alcuni degli scrittori più famosi del mondo, ai quali si è aggiunta una nuova generazione di utenti. Così su Substack si trovano scrittori, podcaster, videomaker, musicisti, scienziati e operatori culturali.

“Pensiamo che, se abbinati al giusto modello di business, i poteri di Internet possano essere sfruttati per costruire la media economy più importante che il mondo abbia mai conosciuto, un’economia in cui il valore non si misura solo in moneta sonante ma anche in qualità e in conversazioni oneste, con la creazione di un Internet che promuova e sostenga l’umanità”, si legge sulla stessa piattaforma.

Modello di business

Mentre molti autori non fanno pagare l’accesso ai loro contenuti – Dipartimento di Stato incluso –, quelli che lo fanno, incassano circa 450 milioni di dollari. Una cifra che è pari a oltre un terzo di quanto il New York Times genera in ricavi da abbonamenti digitali.

In particolare, sulla piattaforma si legge che “quando un lettore paga un abbonamento su Substack, in media l’86% del compenso va allo scrittore, mentre il resto va a coprire la nostra quota di ricavi e le commissioni del fornitore di servizi di pagamento Stripe. Poiché guadagniamo solo quando guadagnano le persone che pubblicano i contenuti, i nostri interessi rimangono allineati a quelli di scrittori e lettori”.

Finora, si aggiunge, “i lettori hanno remunerato gli scrittori con centinaia di milioni di dollari attraverso Substack”.

Lo stesso canale precisa che “oltre il 40% di tutti gli abbonamenti e il 15% degli abbonamenti a pagamento provengono direttamente dalla rete Substack. Questo accade perché ogni settimana su Substack sono attive decine di milioni di persone che comprendono cosa significa abbonarsi a uno scrittore o a una scrittrice e che sono pronte a scoprire nuovi contenuti a cui appassionarsi”.

Secondo Bloomberg, “con tassi di conversione tipici da abbonati gratuiti a abbonati a pagamento che si aggirano intorno al 3%, anche una frazione del suo pubblico si traduce in entrate sostanziali”.

A incrementare lo stesso numero di utenti, e di conseguenza anche di abbonati, sono state le elezioni presidenziali americane, grazie alle quali nell’ultimo anno, Substack ha guadagnato particolare fama lasciando spazio anche ai cosiddetti news influencer, coloro che fanno i content creator ma appartengono al mondo dell’infotainment, che unisce l’intrattenimento all’informazione.

La maggior parte delle entrate di Substack, infatti, arriva da contenuti politici, dato che beneficiano di un maggiore coinvolgimento dopo le elezioni statunitensi.

Un passo avanti in questa direzione lo ha fatto, poi, lo stesso presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha aperto la Casa Bianca anche a giornalisti indipendenti e podcaster, spesso addirittura preferendoli a testate storiche come l’Associated Press – esclusa dallo Studio Ovale e dall’Air Force One per essersi rifiutata di scrivere nei suoi articoli “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico”.

Un caso singolare è stato quello che ha coinvolto il conduttore televisivo di Abc News, Terry Moran.

La sua emittente lo ha licenziato in seguito ad alcuni post su X in cui criticava Trump e Stephen Miller, consigliere per la sicurezza interna degli Stati Uniti, giustificando l’azione come effetto della violazione delle politiche editoriali dell’azienda.

Due giorni dopo, il conduttore ha aperto il suo canale su Substack. E a seguirlo sono stati anche altri.

Foto: Substack.

Sospetti su Substack

Per i vertici dell’azienda, ci sono oltre 50 autori che guadagnano più di un milione di dollari dagli abbonamenti alle loro newsletter. Questo indicherebbe un ottimo stato di salute del modello di business, che sembrerebbe essere positivo non solo per i giornalisti, ma anche per la società stessa.

Tuttavia, questo modello inizia a insospettire gli esperti del settore, come scrive Wired.

Infatti, essendo il sistema di pagamento basato sugli abbonamenti alle singole newsletter, solo alcune personalità riescono a crearsi un grande pubblico e, di conseguenza, guadagnare cifre considerevoli.

Libertà editoriale su Substack significa anche “mancanza di moderazione” e questo ha rappresentato una lacuna per alcuni che utilizzavano abitualmente la piattaforma dato che, appunto, non c’è alcun filtro.

Mentre alcuni autori di newsletter hanno guadagni rilevanti, molti altri non riescono a raggiungere la stessa stabilità che avrebbero a lavorare in testate tradizionali.

In più, visto l’alto prezzo degli abbonamenti alle newsletter, sono pochi gli utenti a potersi permettere di seguire molteplici autori.

Questo rende Substack una piattaforma che non può ospitare più di un certo numero di grandi nomi nel mondo dell’informazione, perché renderebbe il mercato saturo.

Così se tutti i grandi autori finiscono per scrivere la propria newsletter, il settore dell’informazione diventa sempre più elitario e mentre Substack continua a crescere, gli esperti del settore si stanno domandando quanto potrà essere lunga la vita di Substack.

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Costi e ricavi

Mentre i creatori prosperano, Substack trattiene solo il 10% dei ricavi da abbonamento, restituendone il 90% agli autori.

Al Financial Times, lo stipendio più alto è di 1,8 milioni di sterline (2,4 milioni di dollari), secondo i documenti aziendali, ma l’azienda paga ai dipendenti solo il 37% del suo fatturato totale.

Il New York Times non divulga i compensi dei giornalisti, ma negli ultimi cinque anni i costi del giornalismo sono aumentati di un importo pari al 38% della crescita del fatturato della pubblicazione, quindi il pagamento è probabilmente simile. Questo lascia loro abbastanza soldi per investire in infrastrutture e pagare agli azionisti la piccola somma rimanente.

Al contrario, il basso tasso di assorbimento di Substack le lascia circa 45 milioni di dollari di fatturato annuo ricorrente: una crescita impressionante, ma modesta considerando l’influenza culturale e il traffico della piattaforma.

Da questa crescita, l’azienda deve mantenere l’infrastruttura, che offre gratuitamente agli autori che non fanno pagare per i loro contenuti. Non ha fornito aggiornamenti più recenti, ma nel 2022 ha registrato una perdita di 22,8 milioni di dollari.

L’azienda ha anche lanciato un’app mobile progettata per sfidare il dominio di Twitter prima e X poi sui social media testuali. “Una via di fuga dal cataclisma e un luogo dove riappropriarsi della propria mente”, hanno scritto i fondatori.

L’app vanta ora 5,5 milioni di utenti attivi mensili e 1,5 milioni di utenti attivi giornalieri, con una crescita da tre a quattro volte rispetto all’anno scorso.

Dal punto di vista del modello di business, tuttavia, ci sono grandi differenze.

Attualmente, molte pubblicazioni su Substack vendono le proprie sponsorizzazioni e pubblicità, ma Substack non trattiene alcuna commissione. Un fenomeno che potrebbe anche cambiare.

Per il momento, il successo della strategia di espansione di Substack determinerà se diventerà una piattaforma completa per i creatori o se rimarrà vincolata dalle dinamiche economiche del settore mediatico in cui ha scelto di entrare.

Con una valutazione di 1,1 miliardi di dollari, gli investitori puntano sulla prima opzione.

Se sarà esattamente questa la direzione che prenderà la piattaforma, dipenderà dalla capacità di Substack di risolvere le tensioni tra il successo dei creatori e la redditività della piattaforma, una sfida che ha già messo in difficoltà molte aziende del settore media.

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Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).