Sono in arrivo i nuovi opinionisti del Washington Post

Di il 10 Giugno, 2025
Commenti scritti anche dalle personalità dei nuovi media e supervisionati dall'IA. L'ultima novità del quotidiano di Jeff Bezos riguarda una sezione già interessata da recenti e profondi cambiamenti

I nuovi opinionisti del Washington Post potrebbero essere pescati da Substack.

Con l’iniziativa chiamata Ripple, il giornale si offre come terreno di compromesso tra le diverse sfumature dell’ecosistema mediatico contemporaneo.

Essere un opinionista del più diffuso e antico quotidiano della capitale degli Stati Uniti – e fra i più importanti al mondo – è certamente motivo di grande prestigio, ma il criterio di scelta delle firme potrebbe essere costretto a delle variazioni.

Con l’auspicio di dare maggiore respiro tematico e stilistico alle colonne del giornale, secondo quanto riporta il New York Times, il programma Ripple vuole attirare i guru che abitano i nuovi media, per trovare i nuovi opinionisti del Washington Post.

Bezos Washington post free photo foto Flickr

Foto: Flickr.

Nei desideri di Bezos

Jeff Bezos, proprietario della testata dal 2013, le sta provando tutte per far crescere il quotidiano, alle prese sia con difficoltà economiche, sia con una serie di addii eccellenti a causa dei cambiamenti della linea editoriale.

Prima delle elezioni americane, ha specificato che non ci sarebbe stato alcun pubblico endorsement ai due candidati – nel caso specifico, all’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris – scelta che ha interrotto una tradizione del quotidiano.

A febbraio, prima ha deciso di non pubblicare un’inserzione critica su Elon Musk.

Poi ha imposto una svolta agli opinionisti, vietando commenti contrari alle “libertà personali” e al “libero mercato” e accostandosi maggiormente alle posizioni del Wall Street Journal.

Questa nuova linea, che in superficie sembra ammiccare alla linea del presidente Donald Trump, è in realtà quanto di più lontano ci sia dalle politiche protezionistiche predicate e perseguite da Trump stesso, e sembra più una strategia per attrarre lettori di orientamento conservatore.

Una scelta che comunque ha causato le dimissioni del caporedattore David Shipley, ex responsabile della sezione, che ora scrive per The Spectator.

In redazione, i tumulti e l’insofferenza verso le interferenze di Bezos sono cresciuti.

Shipley è solo l’ultimo di una lunga lista: se ne sono molte altre note firme, fra cui Taylor Lorenz, Ann Caldwell, Josh Dawsey, Ashley Parker, Michael Scherer, Shane Harris, Devlin Barrett, Tyler Pager, Matea Gold e la vignettista Ann Telnaes.

E forse c’è anche questo dietro il tentativo del giornale di aprirsi a nuove firme.

Oltre a creare una rete di nuovi – e più allineati – talenti, Bezos desidera espandere le possibilità di partnership con altre testate e accordi commerciali.

Ripple opinionisti washington post

La sede del Washington Post. Foto: Flickr.

Arte del compromesso

Stando alle indiscrezioni, il compromesso sarebbe questo.

Il Washington Post si vuole aprire anche ad autori non professionisti ma con un largo seguito mediatico, garantendo ai propri lettori maggiore qualità e tempo di approfondimento rispetto a social come X o Reddit.

Tuttavia, i nuovi opinionisti non troverebbero subito spazio sul cartaceo, ma su una sezione online e in app non a pagamento.

Questo, secondo ricerche interne, dovrebbe consentire di raggiungere fino a 38 milioni di lettori adulti negli Stati Uniti.

Ma si tratta di una pratica è rischiosa per molte ragioni.

L’apertura dei giornali a firme spot può essere desiderabile se aumenta la varietà di opinioni e punti di vista presenti, ma non fino al punto da mettere a repentaglio anche la riconoscibilità del giornale stesso.

Tuttavia, può anche essere una pratica che in alcuni contesti rischia di aumentare la condizione di precarietà della categoria.

C’è infine una questione di stile e qualità del contenuto.

Ripple prevede di usare Ember, uno strumento di intelligenza artificiale creato internamente al giornale, per offrire percorsi di formazione ai nuovi opinionisti del Washington Post.

L’obiettivo è uniformare le proposte secondo uno schema di questo tipo: tesi enunciata brevemente in introduzione, argomentazioni solide a supporto, conclusione memorabile.

Se non ci sarà una supervisione accurata, e se questo appiattirà la creatività e la pluralità di voci, potrebbe risentirne il legame di fiducia con i lettori, oltre che il livello di proposta del quotidiano nel futuro.

Resta dunque da chiedersi come verranno selezionai i nuovi opinionisti.

Lo si potrà chiedere al responsabile di Ripple, non appena si scoprirà chi è.

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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.