Nike, Lacoste e Superdry sono finite nel mirino dell’Advertising Standards Authority, l’ente di controllo della pubblicità nel Regno Unito perchè, secondo l’ASA, avrebbero gonfiato i benefici in termini ambientali legati ai loro prodotti, diffondendo informazioni fuorvianti sulla sostenibilità.
A giugno, l’ASA ha vietato gli annunci Google di queste aziende legati al tema, sottolineando come nessuna di queste fosse in grado di dimostrare concretamente i benefici del proprio operato ai consumatori.

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Le campagne pubblicitarie incriminate
Le campagne incriminate puntavano tutte sulla leva ecologica: Nike ha promosso polo da tennis realizzate con “materiali sostenibili”, Lacoste ha presentato abiti per bambini come “sostenibili ed eleganti” mentre Superdry ha invitato i consumatori a “sbloccare un guardaroba che combina stile e sostenibilità”.
Un linguaggio ormai diffuso nel settore moda, dove la sostenibilità è diventata un elemento chiave di comunicazione, spinto dalla crescente consapevolezza del pubblico sul peso ambientale dell’industria.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, il comparto tessile e moda è responsabile tra il 2 e l’8% delle emissioni globali di gas serra. In particolar modo, l’inquinamento riguarda i processi di sbiancamento, tintura e finitura.
La decisione dell’ASA si inserisce in una più ampia repressione del greenwashing: già nel 2024, l’autorità garante della concorrenza britannica aveva richiamato Asos, Boohoo e George (marchio di Asda) per dichiarazioni ambientali non supportate da prove concrete.

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Il parere dell’autorità di controllo inglese
“Gli inserzionisti devono essere in grado di supportare le loro affermazioni ecologiche con prove concrete, in modo che le persone ricevano informazioni corrette e accurate”, ha dichiarato Justine Grimley, responsabile operativo dell’ASA.
Grimley diffonde un messaggio molto chiaro: la sostenibilità non può essere ridotta a uno slogan.
Le linee guida dell’autorità sottolineano, infatti, che termini abusati come “sostenibile” rischiano di trarre in inganno, inducendo i consumatori a credere che un prodotto non abbia alcun impatto ambientale.
E anche l’intelligenza artificiale ha avuto un ruolo proattivo nell’individuare, grazie al sistema di monitoraggio dell’ASA, le campagne nel settore moda.
Una tecnologia che, secondo Brinsley Dresden, co-responsabile del dipartimento legale di Lewis Silkin, rappresenta una “grande sfida” per gli inserzionisti, soprattutto quando si tratta di affermazioni ecologiche soggette a regole sempre più stringenti.

Justine Grimley, responsabile operativo dell’ASA. Foto: profilo LinkedIn
La controbattuta di Nike, Lacoste e Superdry
Nike, Lacoste e Superdry hanno difeso le proprie scelte comunicative, sottolineando l’uso di materiali riciclati e processi produttivi a minore impatto.
In particolare, il noto brand di scarpe ha spiegato di aver già rimosso l’annuncio incriminato, mentre Lacoste ha ammesso la difficoltà di dimostrare concetti come “eco-compatibile” e ha ritirato la campagna dopo il reclamo.
Superdry, invece, ha contestato l’interpretazione dell’ASA, pur assicurando che la pubblicità non sarebbe stata più utilizzata.
Al di là delle singole campagne, i brand hanno ribadito il proprio impegno verso la riduzione dell’impatto ambientale: Lacoste ha dichiarato al Financial Times di aver ridotto del 19% l’impatto delle materie prime per la collezione bambini dal 2022 mentre Nike ha sottolineato la collaborazione con l’ASA e l’impegno a fornire “informazioni chiare” ai consumatori.




