Media vs AI: questione di business model

Di il 19 Maggio, 2024
Media vs AI: questione di business
I gruppi editoriali stanno valutando la migliore strategia da adottare nella battaglia legale e commerciale con le società di intelligenza artificiale

Ormai da tempo le grandi testate giornalistiche si trovano a confrontarsi con i giganti della tecnologia in una battaglia legale e commerciale che potrebbe ridefinire i confini del diritto d’autore nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Le cause contro OpenAI

Il New York Times a dicembre ha compiuto il primo passo intraprendendo azioni legali contro OpenAI, accusata di utilizzare indebitamente milioni di suoi articoli per addestrare i propri strumenti di intelligenza artificiale, in particolare ChatGPT. Il quotidiano newyorkese sostiene che questo utilizzo degli articoli non solo violi i copyright ma crei anche una concorrenza diretta sfruttando contenuti per i quali il Times ha investito significative risorse. Si tratta di una causa per danni stimati in “miliardi di dollari”, che chiede la distruzione di qualsiasi dato ottenuto illegalmente. OpenAI ha risposto alle accuse sostenendo che l’attività rientra nell’ambito di applicazione della legge sul copyright, accusando il Times di aver manipolato il proprio sistema per produrre prove a sostegno della causa.

Parallelamente, otto giornali di proprietà di Alden Global Capital, tra cui il Chicago Tribune e il Denver Post, hanno seguito l’esempio del Times presentando una causa simile, ma con una strategia legale più diretta senza tentativi preliminari di negoziazione di licenze.

Gli accordi con OpenAI

Altre importanti società di news hanno invece optato per la collaborazione. L’Associated Press, ad esempio, ha concluso un accordo con OpenAI che consente l’accesso al suo vasto archivio di notizie in cambio di vantaggi tecnologici e finanziari, con l’obiettivo di sfruttare l’AI per ampliare la portata e l’impatto del giornalismo tradizionale.

Analogamente, il colosso tedesco dei media Axel Springer ha siglato un accordo (si parla di più di dieci milioni di dollari all’anno) che permette a OpenAI di utilizzare i suoi contenuti per addestrare il suo sistema, in cambio di sintesi di notizie che dirigono gli utenti verso gli articoli originali. La società guidata da Sam Altman ha descritto l’accordo come un modello di business emergente che vede i media tradizionali collaborare con le società di intelligenza artificiale per esplorare nuove vie di monetizzazione e distribuzione del contenuto.

Questo tipo di accordi ha mantenuto un ritmo elevato anche quest’anno. A marzo, OpenAI ha siglato importanti partnership con Le Monde, e con Prisa Media, importante gruppo editoriale spagnolo.

Anche il Financial Times ha recentemente deciso di cogliere l’opportunità, permettendo a OpenAI di accedere e catalogare i suoi contenuti per l’addestramento di ChatGPT e altri strumenti di intelligenza artificiale. Similmente a quanto fatto con Axel Springer, OpenAI fornirà agli utenti di ChatGPT riassunti delle notizie del quotidiano finanziario, rimandando sempre alla fonte originale.

L’ultima realtà che ha stretto un accordo con OpenAI è stata Dotdash Meredith, una media company che controlla riviste come People, Better Homes & Gardens e InStyle, oltre a diversi siti web focalizzati su temi come la salute e gli investimenti.

Anche Google tratta con gli editori

OpenAI, tuttavia, non è l’unica società tecnologica a stringere accordi legati all’intelligenza artificiale. The Information ha riportato che Google ha siglato una partnership (si parla di cinque o sei milioni di dollari all’anno) con News Corp, di proprietà di Murdoch, che comprende testate di grande rilievo come il Wall Street Journal, il New York Post e vari giornali britannici e australiani.

Dipende tutto dal modello di business

La decisione di un giornale di procedere per vie legali o di concedere licenze per i propri contenuti è spesso influenzata dal proprio modello di business. Per realtà come l’Associated Press, che trae profitto dalla licenza dei suoi contenuti, stipulare un accordo rappresenta una scelta logica; al contrario, altri editori che dipendono maggiormente dalle entrate derivanti dal traffico web potrebbero esitare a fornire materiale a una società di intelligenza artificiale che potrebbe ridurre la necessità per i lettori di visitare direttamente i loro siti.

Per testate con una lunga storia come il New York Times, l’enorme archivio rappresenta un asset di valore, motivo per alcuni esperti osservatori ritengono che la loro causa legale miri a ottenere compensazioni superiori rispetto a quelle che OpenAI era disposta a offrire durante le trattative.

Decisioni che influenzeranno l’intero settore

L’attuale contesto solleva questioni cruciali sull’equilibrio tra protezione del diritto d’autore e innovazione tecnologica, in un momento storico dominato dall’AI in cui la capacità dei media di sfruttare i propri contenuti potrebbe essere determinante per la loro sopravvivenza e prosperità.

Mentre le testate giornalistiche valutano la migliore strategia da adottare in questa contesa legale e commerciale, una cosa appare certa: le scelte che tribunali e gruppi editoriali prenderanno oggi avranno un impatto significativo sul futuro dell’intero settore. E non solo.

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