La decisione storica di cancellare il late-night show di Stephen Colbert, tra soldi e politica

Di il 21 Luglio, 2025
Ed Sullivan Theatre in New York City_Stephen_Colbert_2019_free_Flickr
È l'inizio della fine di un format che ha unito generazioni e non ha fatto presa sul pubblico dei social. Trump si libera di un critico sagace, ma gli regala dieci mesi di fuoco per chiudere in bellezza
L’Ed Sullivan Theater, a Manhattan, dove viene registrato il Late Show with Stephen Colbert. Foto: Flickr.

Nel 2022, Stephen Colbert si collega da remoto al Kennedy Center di Washington per celebrare l’assegnazione del premio Mark Twain per l’umorismo a Jon Stewart, suo collega di lunga data.

I due hanno lavorato per sei anni, dal 1999 al 2005, allo stesso programma, il Daily Show.

La notte del 13 dicembre 2000, quando il candidato democratico All Gore ha riconosciuto la vittoria del repubblicano George W. Bush, “ti ho detto che questo era il miglior lavoro possibile da fare in televisione”, ricorda Colbert all’amico durante il suo discorso alla premiazione.

“Quello che intendevo davvero dire era che la cosa migliore fosse farlo per te. Lo credevo quando te l’ho detto nel 2000 e 22 anni dopo non lo credo più. Ho un lavoro molto migliore ora”, scherza. “Guadagno molto di più, lo share è maggiore, le persone cantano il mio nome e la Cbs ha un aereo che ogni tanto posso usare”.

Tre anni dopo, è un mondo diverso.

Il modello dei late-night show inizia a sgretolarsi, picconato dalle intimidazioni della Casa Bianca e da una diffusa e inguaribile crisi dei guadagni delle reti televisive.

Il Late Show with Stephen Colbert, erede dal 2015 dell’omonimo programma lanciato nel 1993 da David Letterman, verrà sospeso a maggio del 2026 dalla sua emittente, la Cbs – di proprietà della Paramount.

Non ci sarà rimpiazzo. Con la fine dell’era Colbert, dopo 12 anni, la rete ha deciso di rimuovere il formato late-night dai propri palinsesti.

E ora c’è il rischio che possa fare la stessa fine anche il Daily Show, trasmesso su Comedy Central, sempre della Paramount, e tornato in onda a gennaio dello scorso anno sotto la conduzione di Stewart.

Per politica

Del perché della decisione ne hanno parlato tutti.

Colleghi, da Jimmy Killer e Jimmy Fallon a John Oliver. Attori, da Ben Stiller a Jamie Lee Curtis. E politici, a partire dal senatore progressista Bernie Sanders, che – come molti altri – ha dato la colpa alle pressioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Per altri commentatori ed esponenti vicini al mondo conservatore e trumpiano, la motivazione reale corrisponde a quella data dalla stessa Paramount: “una decisione di natura puramente finanziaria”.

Come ha sottolineato il New York Times, è probabile che entrambe le versioni abbiano influenzato la cancellazione dello show.

Da un punto di vista politico, si tratta dell’ennesima capitolazione dei media di fronte alle minacce di Trump.

Una fonte interna anonima interpellata dalla Cnn ha definito Colbert come “vittima della fusione”.

Per fusione si intende la trattativa – in corso da oltre un anno e sempre più verso la finalizzazione – tra Skydance, società controllata dall’amministratore delegato David Ellison, figlio del fondatore di Oracle, Larry – vicino all’amministrazione statunitense e uno dei potenziali acquirenti della divisione statunitense di TikTok – e Paramount, per assumere il controllo di quest’ultima.

L’ad di Skydance sta cercando di ottenere l’approvazione della Federal Communications Commission, l’agenzia governativa che gestisce il mercato statunitense e le operazioni finanziarie nel settore dei media, cercando di assicurare al presidente dell’ente, il trumpiano Brendan Carr, che il nuovo palinsesto della Paramount rifletterà “le varie ideologie degli spettatori americani”.

Non a caso, la Paramount ha accettato di donare 16 milioni di dollari alla biblioteca presidenziale di Trump per evitare di affrontare una causa da 10 miliardi di dollari, intentata dal presidente per la gestione dell’intervista all’ex candidata democratica, Kamala Harris, alla trasmissione 60 Minutes di Cbs News – che, a detta dell’inquilino della Casa Bianca, era stata montata per migliorare le risposte di Harris.

Durante il suo programma, Colbert aveva definito l’intesa una “una tangente bella grossa”.

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Stephen Colbert, conduttore del Late Show with Stephen Colbert al Montclair Film Festival, nel 2023. Foto: Wikimedia Commons.

I dirigenti delle società interessate sembrano non aver gradito, anche se è probabile che la decisione nei confronti di uno dei più popolari e arguti critici dell’amministrazione Trump fosse già stata presa.

Un tempo, ha detto al New York Times l’ex manager della Nbc Rick Ludwig, i vertici sapevano incassare meglio le critiche, anche perché “il pubblico le adora e vorrebbe poter dire le stesse cose ai propri capi”.

Oggi, ha detto al Guardian il 95enne Marvin Kalb, ex corrispondente di spicco della Cbs – assunto da Edward Murrow in persona – il pagamento a Trump e la chiusura del programma di Colbert significano che “la Cbs, a partire da 60 Minutes, sarà sottoposta a un controllo editoriale più stretto che mai. L’idea che 60 Minutes possa continuare a fare reportage senza paura su Trump potrebbe svanire”.

Il timore di Kalb è che la sua ex emittente possa finire per diventare qualcosa di simile a Fox News.

Per soldi

Quello stesso pubblico, ora, non è più abbastanza ampio per sostenere un format che ha dei costi fissi molto alti – circa 100 milioni di dollari all’anno per il Late Show – dovuti agli allestimenti imponenti, alla presenza di una band, agli autori e alle centinaia di dipendenti – ricordano la Cnn e il Wall Street Journal.

Secondo la società di analisi dei dati pubblicitari Guideline, i programmi americani con format late-night sono passati dall’ottenere, in complesso, 439 milioni di dollari nel 2018 a 220 milioni nel 2024 dagli inserzionisti.

Nello specifico, evidenzia il New York Post, il programma di Colbert starebbe perdendo tra i 40 e i 50 milioni di dollari all’anno e, dei circa 2,4 milioni di spettatori medi giornalieri – lo share più alto fra i competitor –, solo 200mila hanno un’età compresa fra i 25 e i 54 anni.

L’età media del Late Show è di 68 anni, il che, afferma Hollywood Reporter, sembra dire molto sul tipo di pubblico della Cbs, più che del programma specifico.

La mancanza di pubblico giovane è infatti al centro di tutti i cambi di strategia delle emittenti statunitensi, dalla Cnn a Espn, sempre più decise a dare precedenza allo streaming.

Il modello late-night mostra dunque i sintomi della crisi del modello della tv via cavo e le difficoltà a misurarsi con le nuove generazioni.

Fa eccezione lo spettacolo di Fallon che in un anno, dal primo giugno 2024 al 30 maggio 2025, ha ottenuto 9,2 miliardi di visualizzazioni complessive sui social, facendo segnare una crescita del 55%.

Eppure, spiega l’Associated Press, anche il successo del Tonight Show Starring Jimmy Fallon – meno politico e più di intrattenimento – è parziale. La trasmissione ha infatti tagliato uno dei suoi appuntamenti settimanali, passando da cinque a quattro, per ridurre le spese.

Il New York Post sostiene che trasmissioni in onda in seconda serata – nel caso di Colbert alle 11.30 di sera – su una rete televisiva soggetta a spot pubblicitari e alle politiche di moderazione di un media tradizionale, non riescono a fare presa sulla generazione Z e i millennial, abituati alla velocità e ai contenuti non filtrati dei social media.

I dati citati dal Wall Street Journal confermano le preoccupazioni. Il pubblico della trasmissione è calato di oltre il 30% negli ultimi cinque anni e con percentuali ancora maggiori nella fascia compresa tra i 18 e i 49 anni.

Fine di un’era

Politica o denaro, la cancellazione del Late Night Show dalla programmazione della Cbs è un fatto storico nel mondo dei media.

Segna l’inizio della fine di un modello televisivo che, aggiunge il Wall Street Journal, aveva unito gli americani nati tra l’inizio del secondo dopoguerra e l’inizio degli anni ’80.

Colbert, più di qualsiasi altro attuale presentatore di programmi simili – da Kimmel a Fallon, a Seth Meyers – ha saputo incarnare la tradizione degli host, dal padre dei late-night show, Johnny Carson, passando per il raffinato Dick Cavett, il rivoluzionario David Letterman, lo stravagante Conan O’Brien e il più politico Stewart.

“Nonostante io conduca un programma nella stessa fascia oraria e tradizione di Carson, non sono di certo Johnny”, ha scritto Colbert stesso sul New Yorker.

Oltre alle differenze personali e artistiche, continua, c’è proprio quella del pubblico, in larga parte non più disposto ad ascoltare i conduttori e i loro tempi.

Ma qualche punto in comune tra i due c’è.

Nel suo editoriale, l’erede di Letterman commenta un articolo sulla figura di Carson del celebre critico teatrale Kenneth Tytan, che ricorda come “lo show è Johnny e Johnny è lo show. Vivere è stare sul filo. Il resto, come dice il morto, è attesa”.

Colbert su quel filo ha danzato per anni, criticando il potere attraverso la sua intelligente ironia, prima che il ritorno a Washington di Trump e una combinazione fra politiche aziendali accomodanti e difficoltà economiche della Cbs lo tagliassero.

Ma a loro rischio e pericolo.

Sia perché il Late Show with Stephen Colbert ha davanti dieci mesi di fuoco, gli ultimi della sua storia, senza timori di doversi contenere per mantenere un posto nel palinsesto. Sia perché c’è un pubblico enorme, quello dei social e dei podcast, pronto a dare all’inventore del Colbert Report l’audience che in tv manca.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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