Il nuovo spot natalizio John Lewis scuote il Guardian: “È obsoleto”

Di il 20 Novembre, 2025
Tra linguaggi tradizionali e nuovi, ci sono brand che ripropongono situazioni familiari e affetti sul piccolo schermo per creare empatia con gli spettatori. Altri che, invece, spostano l'attenzione su tutt'altro

Ogni anno, il lancio dello spot natalizio di John Lewis segna l’inizio della stagione festiva nel Regno Unito. Dal 2007, la catena di department store ha costruito un vero e proprio rituale culturale.

In particolare, attraverso spot che parlano di famiglia, affetti e relazioni e creano empatia con il pubblico, colonne sonore un po’ malinconiche e con un finale emozionale che punta a far versare qualche lacrimuccia. Il mood è sempre lo stesso.

Una trovata natalizia che quest’anno il Guardian ha definito “outdated”, ovvero “obsoleto”, come se la magia che per anni ha commosso milioni di spettatori avesse perso parte del suo incanto.

Lo spot del 2025 non fa eccezione: intitolato Where Love Lives riprende la formula consolidata, focalizzandosi sulla relazione padre-figlio.

Il nuovo spot

Lo spot del 2025 racconta la storia di un adolescente che fatica a comunicare con il padre. Il ragazzo sceglie un gesto semplice ma potente: regalargli un vinile con una nuova versione del brano anni ’90 di Alison Limerick, reinterpretato da Labrinth.

La narrazione alterna immagini del padre giovane, immerso nelle luci di una discoteca, e poi del figlio piccolo, con quelle del presente, più silenzioso e domestico per sfociare in un abbraccio che scioglie la tensione in un finale carico di emozione.

Una formula, con musica malinconica, narrazione familiare, finale commovente, che è stata criticata dal Guardian come “obsoleta”.

In un mondo in cui John Lewis deve rapportarsi con competitor come Tesco o M&S che sperimentano linguaggi ironici e digital-first, il brand britannico sembra restare ancorato a un modello tradizionale.

Il rischio, secondo alcuni analisti, è quello di apparire ripetitivo e di perdere rilevanza verso un target giovane, abituato a contenuti veloci e virali.

Foto: sito web John Lewis

Il successo nonostante le critiche

Nonostante le critiche, però, lo spot sembra aver già colpito nel segno. Sui social, padri e figli hanno condiviso la propria commozione, riconoscendosi nella difficoltà di esprimere emozioni.

“Middle-aged dads getting emosh” (“Papà di mezza età che si emozionano”) è stato il titolo di un articolo di Indy100 riferito al nuovo spot che ha colto perfettamente il cuore del messaggio: la fragilità della mascolinità e il valore di un gesto semplice come un abbraccio.

I creativi, Ollie Agius e Pete Ioulianou hanno raccontato di essere stati “spazzati via” dalla risposta del pubblico, confermando che la campagna ha saputo toccare corde universali.

Ma oggi il contesto competitivo è cambiato e accanto ai grandi retailer, emergono campagne indipendenti e low-budget capaci di conquistare la visibilità globale.

È il caso di Sam Clegg, con lo spot Angel on a Tree, che ha ottenuto milioni di visualizzazioni online, dimostrando che la viralità non dipende dal budget ma dalla capacità di intercettare sentimenti autentici.

La campagna si chiude con un appello a chi passerà il Natale da solo, completo di dati su coloro che nel Regno Unito per le festività resteranno a casa in solitudine.

Sfida tra colossi

La sfida, oggi, non è più solo tra colossi della distribuzione: è tra tradizione e sperimentazione, tra rituale rassicurante e linguaggi nuovi.

Il caso John Lewis 2025 diventa un specchio dei trend contemporanei nella comunicazione natalizia. Da un lato, c’è la forza della nostalgia, che continua a commuovere e a creare senso di comunità, dall’altro la necessità di innovare, di sorprendere un pubblico frammentato e sempre più immerso nei linguaggi digitali.

La domanda che resta aperta è se la pubblicità natalizia debba continuare a essere un rito rassicurante o se debba trasformarsi in una sorta di laboratorio creativo.

Devi essere loggato per lasciare un commento.
Chiara Buratti
/ Published posts: 113

Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).