I Cinque. Gli articoli da ricordare questa settimana (29/05-07)

Di il 06 Luglio, 2024
Gli articoli da ricordare questa settimana: il mistero Spalletti, la piccola Italia del pallone, il destino di Tim, Pontiggia recensore, il viaggio di Viktor

Categoria: sport 1

L’autocombustione di Luciano Spalletti. Di Emauele Atturo, l’Ultimo Uomo del 2 luglio 2024

Alla fine della partita, incassato in quella strana giacca morbida di Armani, Luciano Spalletti era molto diverso da quanto ci aspettavamo. Avevamo appena subito una sconfitta tremenda, una delle peggiori della storia della Nazionale, e ci siamo trovati di fronte una versione di Spalletti disallineata al nostro sentimento. (…) Spalletti sembrava essere stato riesumato dal suo sarcofago, dopo aver consumato un sonno millenario, per tornare da noi e regalarci qualche verità semplice e profonda sul calcio. Forse una parte di noi immaginava che davanti ai microfoni, a caldo, avrebbe rassegnato le proprie dimissioni. Sulla base di una prestazione così deludente, in cui una Nazionale ben organizzata come la Svizzera è sembrata molto superiore a noi, le dimissioni sembravano l’unica cosa all’altezza della nostra delusione. (…) Forse non c’è modo di uscire bene col linguaggio da un disastro calcistico tale, ma Spalletti poteva certamente fare meglio. Ha ammesso le sue responsabilità, ma poi ha scaricato le colpe addirittura sul caldo, e soprattutto sui giocatori, che hanno corso meno degli avversari.  (…) Oggi possiamo dire che trattare i calciatori come bambini capricciosi non ha funzionato. Nel tentativo di costruire un gruppo coeso, ambizioso e senza distrazioni, ne ha costruito uno fragile, spaventato e che alla prima difficoltà – il primo tempo contro la Spagna – è andato in pezzi. A forza di trattare i giocatori come ragazzini problematici quelli si sono comportati come tali. Spalletti, però, è sembrato il primo ad andare in pezzi, sprofondando in un burnout oscuro. Sempre più nervoso, apocalittico e scostante nelle risposte alla stampa. Sempre più sotto pressione. Mentre l’Italia continuava a presentare problemi tattici, e a sfoggiare formazioni psichedeliche, Spalletti non voleva parlare di tattica, o ne voleva parlare sempre con un tono vagamente passivo-aggressivo. (…) Spalletti è davvero in grado di gestire lo stress mediatico che si ha da CT della Nazionale durante un grande torneo internazionale? C’è una frase detta nella famigerata conferenza post-Croazia passata in sordina, e che invece secondo me dice molto di ciò che rende Spalletti imprevedibile e incline all’auto-distruzione. Forse, chissà, contiene anche la soluzione al problema: «Io non voglio che mi si metta ancora più pressione di quella che mi mette addosso la gente. Io reagisco perché me lo inietto da solo il veleno». Quindi ci siamo avvelenati da soli?

Categoria: sport 2

Dove finisce il talento, un buco nero divora la meglio gioventù. Di Matteo Pinci, La Repubblica del 2 luglio 2024

Leggete con attenzione queste parole. «La competitività della nostra Nazionale è in picchiata, dobbiamo invertire la tendenza. C’è una difficoltà oggettiva di ricambio generazionale, un problema di quantità di giocatori selezionabili per l’Italia e di qualità degli stessi giocatori». No, non sono frasi di Spalletti dopo la figuraccia contro la Svizzera. Ma di Giancarlo Abete, anno 2010, quando era presidente della Federcalcio e l’Italia salutava al primo turno un Mondiale che affrontava da campione in carica. Un po’ come l’ultimo Europeo. Quattordici anni dopo siamo ancora all’anno zero, col rimpianto di aver incenerito oltre un decennio senza fare assolutamente nulla. In quel 24 giugno 2010 Gianluigi Donnarumma era un undicenne che giocava nel Club Napoli di Castellammare di Stabia. Oggi è l’unico fuoriclasse prodotto dal nostro movimento in questi 14 anni. Dove finisce il talento? (…)  Gli italiani non giocano. E non giocano ad altissimo livello: per minuti in Champions gli azzurri dell’Europeo sono distantissimi da francesi e tedeschi, portoghesi e spagnoli, nonostante l’età verdissima di questi ultimi. Anche perché sono pochi i nostri nazionali che vanno a giocare all’estero: poco più di uno ogni dieci, mentre in Francia più di due su tre vivono lontano da casa, uno su quattro tra gli spagnoli. E il 92% degli svizzeri, nuovo termine di un imbarazzante paragone. I ventenni non sono praticamente pervenuti: tra i cento under 20 più impiegati nelle serie A di tutto il mondo, l’unico italiano è Kayode, della Fiorentina, e solo o quasi per l’infortunio di Dodò. (…) Di chi è la colpa? Facile dire della Federcalcio, responsabile della Nazionale e della politica sui giovani. E responsabilità ne ha di certo. Ma ogni tentativo di riforma si è scontrato con le resistenze del movimento. Senza che i club – nessuno, davvero – facessero alcunché per favorire l’impiego degli italiani. Anzi, hanno intasato le squadre di stranieri, spesso senza alcuna qualità, ma che grazie al decreto crescita costavano meno. Il 4 novembre si voterà un nuovo (o vecchio) presidente federale. A deciderlo sarà con ogni probabilità la Lega Dilettanti che pesa per più di un terzo dei voti. Ed è guidata da quell’Abete che 14 anni fa denunciava il problema e che oggi è ancora lì, senza aver mai nemmeno suggerito una soluzione.

Categoria: economia industriale

Tim, via alla svolta sulla rete. Venduta a Kkr per 18,8 miliardi. Di Francesco Bertolino e Federico De Rosa, Corriere della Sera del 2 luglio 2024

Tim dismette l’ultima (e più importante) eredità del monopolio. Ieri a Milano è stato firmato l’atto di vendita della rete di telecomunicazioni alla holding partecipata da Kkr, Abu Dhabi Investment Authority (Adia), Canada Pension Plan Investment Board (Cpp), ministero dell’economia ed F2i, per un corrispettivo di 18,8 miliardi di euro (che può salire fino a 22 miliardi al verificarsi di alcune condizioni). La cessione della rete consente al gruppo telefonico di deconsolidare 14,2 miliardi di debito e di incassare circa 4 miliardi di liquidità. (…) Fibercop, la società della rete, parte con circa 4 miliardi di ricavi, 2 miliardi di margine operativo e 20 mila dipendenti. L’azienda avrà debiti per 6,5 miliardi, di cui 5,5 trasferiti da Tim con lo scambio dei bond. A questi si aggiungerebbero 3-4 miliardi di debiti bancari in capo alla holding di Fibercop funzionali all’operazione. La società della rete avrà come primo socio Kkr con il 37,8%, seguito da Cpp e da Adia (17,5% ciascuno). Al gestore italiano F2i andrà l’11,2%, mentre al Mef spetteranno il 16%, poteri di controllo sulle strategie e la scelta del presidente. Incarico confermato a Massimo Sarmi — a cui sono stati conferiti i poteri connessi al golden power e alle questioni strategiche — affiancato dell’ex Fs Luigi Ferraris come ceo. In cda 8 componenti sono espressi da Kkr, 2 dal Mef, 2 da Adia, 2 da Cpp e 1 da F2i.  (…) L’avvio del nuovo percorso non ha provocato reazioni particolari in Borsa, dove ieri i titoli Tim hanno chiuso in rialzo dell’1,12% a 0,226 euro, più o meno lo stesso livello di prezzo a cui erano scesi a marzo dopo il crollo provocato dai dubbi sui numeri del nuovo piano strategico. Adesso inizia un nuovo percorso che dovrà confermare la capacità di Tim di raggiungere gli obiettivi, ora che non c’è più il fardello del debito. Ma neanche la protezione della rete.

Categoria: cultura/editoria

Le pagelle di Pontiggia. Di Cristina Taglietti, La Lettura del 30 giugno 2024

(…) Nelle mani di Daniela Marcheschi, collaboratrice di Pontiggia e curatrice del Meridiano Mondadori dedicato allo scrittore, Un libro che divorerei si struttura come un’ampia selezione degli oltre 4 mila pareri di lettura conservati nelle carte dello scrittore alla Fondazione Beic di Milano. (…) “L’Art magique, di André Breton. È un libro di interesse immenso. Breton unisce l’incisività dello di orizzonte a una ammirevole ampiezza provocatorio storico e culturale. È meno ma molto che negli anni Venti-Trenta, più problematico e articolato. La parte storica è ricca di suggestioni, di scorci illuminanti, di sorprese… Mi sembra che, per la convergenza fortunata di molti fattori (compresa un punto l’iconografia), sia un libro, dal punto di vista editoriale, entusiasmante.” (…) “Sodomie in corpo undici, di Aldo Busi. Bisogna riconoscere che, al di là del consapevole quanto esasperato narcisismo, l’opera rivela non solo il talento e l’orgoglio, ma anche il coraggio di essere uno scrittore. Per me è il libro più bello di Busi.” (…) “Gli anni della mia giovinezza, di Winston S. Churchill. …Sapido, gustoso, animato da una vitalità contagiosa. È un libro interessante per molteplici ragioni (storiche, politiche, esotiche, militari), ma è soprattutto un libro avvincente per lo stile. Io sarei proprio per farlo.” Domani nella battaglia pensa a me, di Javier Marìas. Domani nella battaglia pensa a me. La narrazione avvolgente, ma discontinua (minuziosità maniacale dei dettagli che si alterna a ridondanze barocche), tenta di intensificare con la misteriosità i significati della storia, ma finisce solo per renderli più prevedibili e manieristici. Mi sembra una occasione che un narratore di talento come Marìas ha in parte sciupato per ambizioni divergenti”.

Categoria: politica internazionale

Che va a fare Orbán a Mosca. Non firmato, Il Foglio del 5 luglio 2024

Ieri pomeriggio alcuni giornalisti ungheresi che si occupano, con i pochi mezzi rimasti a loro disposizione, di investigare ogni mossa del governo di Budapest, hanno scoperto che il premier Viktor Orbán sarebbe diretto verso Mosca. Non per vacanza, ma per lavoro e un aereo sarebbe già atterrato ieri nella capitale russa con a bordo la prima parte della delegazione ungherese. Questa settimana è iniziata la presidenza ungherese del semestre europeo con lo slogan “Make Europe Great Again”, e dopo aver celebrato la fondazione di un gruppetto di sovranisti contrari alla solidarietà con l’Ucraina dentro al Parlamento europeo, Orbán è andato a Kyiv per la prima volta dall’inizio della guerra per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Arrivato nella capitale ucraina, il premier ungherese ha parlato di cessate il fuoco e il presidente ucraino gli ha risposto che bisogna invece lavorare per una pace che sia giusta. La visita è stata cordiale, i comunicati finali anche, ma difficilmente Orbán ha parlato a Zelensky della sua intenzione di andare a Mosca. A Kyiv, il premier ungherese ci ha tenuto a presentarsi come leader europeo e non come primo ministro del suo paese, questa differenza va tenuta a mente se la visita al Cremlino verrà confermata. Dopo le voci del viaggio, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che la presidenza di turno dell’Ue “non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell’Ue”. Orbán ha negoziato una fornitura di gas e petrolio con Mosca nonostante l’invasione, ha un accordo per la costruzione di una nuova centrale nucleare e ci tiene molto a non fare torti al capo del Cremlino. Questa possibile visita è un tributo che vuole pagare a Putin forse temendo che si sia indispettito per il viaggio a Kyiv, non ha strumenti negoziali, è un vassallo. Il viaggio però sarebbe anche un torto pericoloso all’Ue: in due anni e mezzo di guerra, Orbán sceglie di andare a Mosca proprio mentre è a capo del semestre europeo e per riconfermare che tra Putin e l’occidente, sceglie Putin.

Devi essere loggato per lasciare un commento.
/ Published posts: 29

Alberto Paletta si occupa di comunicazione e relazioni istituzionali presso un gruppo finanziario. Pur attratto dalla politica attiva, preferisce dedicarsi a quella contemplativa. Milanese d'adozione e di elezione, un po' come Stendhal.