Fino a pochi mesi fa l’intelligenza artificiale veniva raccontata con una sicurezza quasi dogmatica.
Era l’innovazione destinata a riscrivere tutto, dal lavoro alla creatività, dalla scuola alla geopolitica. Un’onda inarrestabile, da cavalcare senza esitazioni.
Oggi quella narrazione mostra le prime crepe. Non perché l’IA abbia smesso di funzionare, ma perché il racconto che la sostiene sta entrando in una fase più instabile e più conflittuale.

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La stampa internazionale e nazionale registra questo cambio di tono.
Come scrive il New Yorker, l’IA vive una condizione ambigua: da un lato una tecnologia reale, già integrata in prodotti e processi; dall’altro un sistema finanziario e simbolico che ha corso molto più veloce della sua capacità di generare valore diffuso.
La domanda non è se l’IA sia utile, ma se le aspettative costruite intorno ad essa siano sostenibili nei tempi promessi.
Numerosi articoli descrivono l’attuale fase come una corsa all’oro, in cui nuovi prodotti “AI-powered” vengono lanciati più per intercettare capitali e attenzione che per risolvere problemi strutturali.

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Questo slittamento narrativo diventa ancora più significativo quando arriva dall’interno. Diversi CEO delle Big Tech hanno iniziato a parlare apertamente di rischio bolla.
Sundar Pichai di Google avverte che un eventuale scoppio colpirebbe l’intero settore. Sam Altman di OpenAI richiama esplicitamente il clima pre dot-com, sottolineando come l’euforia degli investitori stia anticipando risultati ancora da dimostrare.
Non sono dichiarazioni difensive ma segnali di consapevolezza che il ciclo dell’IA non è solo tecnologico, ma anche economico e psicologico.

Sam Altman al TechCrunch di San Francisco nel 2019. Fonte: Wikimedia Commons.
Qui torna utile la teoria delle narrazioni economiche di Robert Shiller.
Le storie che raccontiamo sull’economia non descrivono semplicemente la realtà, la orientano. Si diffondono, diventano contagiose, spingono investimenti, frenano decisioni, accelerano o rallentano interi settori.
La parola “bolla”, una volta entrata nel dibattito pubblico, non resta neutra. Modifica il comportamento di investitori, regolatori, aziende e talenti.

Robert J. Shiller durante Annual Meeting 2012 del World Economic Forum. Fonte: Wikimedia Commons.
Questo cambio di narrazione rappresenta un rischio sottovalutato. Le narrazioni negative sull’IA possono avere un impatto rilevante sullo sviluppo dell’IA stessa.
Non per ragioni ideologiche, ma per dinamiche molto concrete: capitale più prudente, orizzonti temporali più corti, maggiore enfasi su storytelling rispetto a infrastrutture, sviluppo e ricerca.
Il paradosso è che una tecnologia che richiede pazienza industriale rischia di essere giudicata con il metro dell’hype trimestrale.
Il vero nodo, oggi, non è decidere se l’IA sia una bolla o una rivoluzione. È capire se saremo capaci di raccontarla in modo abbastanza maturo da permetterle di diventare davvero la seconda.




