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Dove un giornalista del New York Times non può arrivare, per mancanza di tempo o eccessiva quantità di informazioni da consultare, l’intelligenza artificiale può aiutare. Ma senza influire sul processo decisionale, né sulla creazione del contenuto.
Il quotidiano statunitense ha adottato un approccio rigoroso all’utilizzo dell’IA all’interno della propria redazione, con un obiettivo: alzare ulteriormente la qualità dei prodotti, lasciando al reporter il pieno controllo su ogni fase del lavoro.
Lo ha raccontato a Digiday il direttore editoriale delle iniziative IA della testata, Zach Seward, a capo di un team che da dicembre del 2023 sta sviluppando nuove strategie per capire come sfruttare questa tecnologia per svolgere compiti non gestibili da un essere umano, ad esempio analizzare centinaia di ore di video o migliaia di dati.
Sul piano giornalistico, questo tipo di utilizzo giova in particolare alla ricerca e analisi delle informazioni delle inchieste, che sono “di gran lunga il principale impiego delle nostre risorse e la più grande opportunità, oggi, quando si parla di IA nei media”, ha confermato Seward.
Se il metodo scelto per aiutare il giornalista si rivela efficace, viene standardizzato e reso replicabile per gli altri componenti della redazione.
Un esempio citato dal direttore editoriale delle iniziative di IA è la richiesta di un cronista di esaminare 500 ore di registrazioni Zoom ottenute all’interno di un gruppo che svolgeva attività illegali di interferenza su un processo elettorale, il giorno prima del voto.
In quel caso, Cheat Sheet, uno strumento IA sviluppato dal dipartimento di Seward, si è rivelato imprescindibile per svolgere ricerche semantiche, cercando sinonimi che rimandassero al tema della disinformazione in campagna elettorale.

L’entrata della sede del New York Times a New York, realizzata dall’architetto italiano Renzo Piano. Foto: Unsplash.
Interno ed esterno
Nel corso dell’evento Digiday Publishing Summit a Miami, in Florida, Seward ha spiegato che tipo di strumenti di IA vengono utilizzati al New York Times, che con le multinazionali della tecnologia intrattiene rapporti articolati.
Da un lato, il gruppo editoriale New York Times Company ha intentato una causa contro OpenAI e il suo azionista Microsoft per violazione del copyright, a dicembre del 2023. Di recente, però, l’azienda ha firmato un accordo da oltre 20 milioni di dollari all’anno con Amazon per l’utilizzo dei contenuti editoriali della testata all’interno delle piattaforme di intelligenza artificiale del gruppo fondato da Jeff Bezos, in primo luogo Alexa.
Tra i tool usati dal giornale ci sono sia strumenti sviluppati internamente, sia servizi esterni, che includono “tutti i provider commerciali di IA, oltre a modelli open source”.
Oltre a Cheat Sheet, il quotidiano sfrutta l’intelligenza artificiale per creare contenuti per i social media, ottimizzare i testi per la Seo, generare riassunti, suggerire domande per le interviste, proporre modifiche e idee editoriali.
In particolare, il New York Times ha costruito Echo, un meccanismo di sintesi che consente ai giornalisti di riassumere articoli e facilitare il processo di ricerca e condensazione delle informazioni.
Per facilitare la comunicazione fra la redazione e il team di Seward, il giornale ha a disposizione un canale Slack dedicato, tramite cui ogni giornalista può porre domande e chiedere su compiti specifici, nei limiti previsti dalle linee guida aziendali.
Linee guida che tracciano con chiarezza i confini da non superare: l’IA non può essere sfruttata per scrivere articoli. E, sottolinea Seward, “non bisogna mai fidarsi del risultato generato da un modello linguistico di grandi dimensioni. Va trattato con la stessa cautela con cui ci si rivolgerebbe a una fonte appena incontrata, di cui non è ancora chiaro se ci si possa fidare”.

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Approcci alternativi
Il New York Times non è la sola testata a sperimentare nuove modalità di utilizzo dell’IA.
L’Economist, ad esempio, ha deciso di non stringere accordi di licenza con le big tech, evitando anche di intraprendere battaglie legali rumorose e puntando invece su collaborazioni innovative, tra cui quella con NotebookLM di Google, a cui ha aderito anche l’Atlantic.
O, ancora, il Financial Times, scrive Press Gazette, sfrutta l’intelligenza artificiale per personalizzare i messaggi del paywall e mostrare offerte diversificate ai potenziali nuovi clienti.
Questo approccio avrebbe contribuito ad aumentare di quasi il 300% i tassi di conversione degli abbonamenti.
A dimostrazione del fatto che, per il settore giornalistico, l’IA rappresenta una grande opportunità ancora da esplorare, più che una minaccia.