Gli errori della Bbc e il solito copione di Trump

Di il 10 Novembre, 2025
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In un contesto così delicato per la libertà di stampa, l'emittente britannica avrebbe dovuto evitare scivoloni plateali e non offrire un facile bersaglio all'aggressività della Casa Bianca e dei suoi alleati nel Regno Unito
Foto copertina: sullo sfondo, la sede della Bbc a Londra. Foto: Miltiadis Fragkidis, Unsplash.

Il direttore generale della Bbc, Tim Davie, e l’amministratrice delegata di Bbc News, Deborah Turness, si sono dimessi ieri, domenica 9 novembre, dopo che il Telegraph ha rivelato che un documentario del programma Panorama aveva montato in modo fuorviante due parti del discorso di Donald Trump del 6 gennaio 2021, facendolo apparire come un incoraggiamento all’assalto al Campidoglio di Washington.

Oltre a provocare uno scossone all’interno dell’emittente pubblica britannica, lo scivolone sulle parole di Trump ha avuto due effetti prevedibili: la messa in discussione della linea editoriale più recente della Bbc – ben oltre il singolo episodio – e la reazione del presidente statunitense, che ha seguito lo stesso copione visto molte altre volte nell’ultimo anno.

Non era mai accaduto che il direttore generale e la responsabile della divisione News si dimettessero nello stesso giorno.

Davie lascia la rete dopo cinque anni segnati da ripetute accuse di parzialità, provenienti soprattutto dall’area politica e mediatica conservatrice.

“Nel complesso, la Bbc sta operando bene, ma sono stati commessi alcuni errori e, in quanto direttore generale, devo assumermi la responsabilità finale”, ha detto.

Parole simili a quelle di Turness che, nel rassegnare le dimissioni, ha ammesso la gravità dell’accaduto.

Il montaggio ad arte della puntaa di Panorama ha “raggiunto un punto tale da danneggiare la Bbc“, ha dichiarato, specificando che “la responsabilità, in ultima analisi, è mia”.

La sede centrale della Bbc a Londra. Foto: Amy Karle, Wikimedia Commons.

Ultimo atto

Il quotidiano conservatore londinese Telegraph – insieme a un articolo del Daily Telegraph – da anni impegnato in una crociata contro il canone pubblico della Bbc, ha aperto il vaso di Pandora pubblicando un promemoria scritto da Michael Prescott, già giornalista del Sunday Times ed ex consulente indipendente dell’emittente per il rispetto delle linee guida e degli standard editoriali.

Prescott ha ricoperto questo ruolo per tre anni, fino al giugno scorso.

La reazione dei principali esponenti dei diversi partiti britannici, pur con toni e sfumature differenti, è stata sostanzialmente univoca: le dimissioni di Davie dovrebbero segnare una svolta per la Bbc.

Soprattutto perché, come ha sottolineato il Guardian, è raro che i dirigenti di più alto profilo dell’emittente paghino per gli errori dei propri colleghi. Tanto che tra i dipendenti della Bbc circola da tempo un motto ironico: “devono cadere le teste dei vice”, a indicare su chi ricade di solito la responsabilità.

Capi d’accusa

Stavolta non è andata così.

Nei suoi cinque anni alla guida della Bbc, Davie era stato soprannominato Teflon Tim perché sembrava che le critiche non lo scalfissero.

Neppure negli ultimi mesi, quando al centro del dibattito sull’imparzialità editoriale dell’emittente erano finiti alcuni dei temi più divisivi del panorama internazionale – segnalati da Prescott nel suo promemoria – come l’operato della Casa Bianca di Trump, l’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano e il conflitto con Hamas, i diritti delle persone transgender, l’immigrazione e il razzismo.

Per ciascuno di questi ambiti, sottolinea Reuters, Prescott accusava la Bbc di mantenere posizioni eccessivamente progressiste e poco imparziali.

Gli esempi riportati sono numerosi: secondo il memo, la linea editoriale sarebbe stata quasi sempre critica verso la Casa Bianca, l’edizione araba della Bbc non aveva pubblicato nessuno dei 19 articoli che la redazione in lingua inglese aveva diffuso il 7 ottobre 2023 sui rapimenti compiuti da Hamas, mentre aveva tradotto, rilanciato e, talvolta, reso più duri nei titoli i contenuti critici verso Israele.

E, ancora, avrebbe trattato i temi legati ai diritti delle persone transgender in modo unilaterale, ignorando alcuni casi e argomenti controversi ampiamente discussi da altre testate, avrebbe inviato ben poche notifiche sull’immigrazione irregolare e sui richiedenti asilo nel Regno Unito e, infine, sarebbe stata “troppo incline a diffondere materiale poco approfondito che suggerisce la presenza di razzismo anche dove non ce n’è”.

Scuse e difesa

Oltre a ringraziare Davie e Turness per il lavoro svolto, Samir Shah, presidente della Bbc e dunque a capo del board dell’emittente, ha risposto con una lettera alle critiche sollevate da Prescott, affermando che “l’azienda ha preso molto sul serio le sue preoccupazioni e ha analizzato attentamente i punti da lui sollevati”.

Pur riconoscendo gli errori e assumendosi le responsabilità di quanto accaduto, Shah ha respinto con forza alcune interpretazioni fornite da Prescott che, ha scritto, si basano su un “resoconto personale delle riunioni a cui ha partecipato”, senza tener conto dell’intero quadro delle discussioni e delle decisioni prese all’interno delle varie redazioni.

In particolare, il presidente della Bbc ha negato che l’emittente abbia cercato di insabbiare temi considerati scomodi, sia rimasta inerte di fronte a episodi di parzialità o, nel caso specifico, che Panorama abbia montato ad arte il servizio sul 6 gennaio per attribuire a Trump un’istigazione diretta all’assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio.

Tra gli esempi citati da Shah figurano la riorganizzazione del team di Bbc Arabic, la nomina di un nuovo responsabile per la qualità e gli standard editoriali nella sezione World Service e la creazione di un’unità di ricerca per verificare l’affidabilità delle fonti e dei partecipanti ai programmi.

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Sul tavolo

L’accusa più frequente sembra quindi quella di una Bbc troppo sbilanciata a sinistra – anche se questa lettura contrasta con alcune evidenze rilevanti.

Davie, al quale Boris Johnson ha detto fin da subito di “dare spiegazioni o licenziarsi”, è stato candidato con il partito conservatore negli anni Novanta in alcune elezioni locali a Londra. In quegli anni, ha anche ricoperto ruoli di dirigenza all’interno di associazioni politiche londinesi della stessa area politica e ha mantenuto rapporti con esponenti di spicco tories.

Pur non avendo più ricoperto incarichi politici da 30 anni, è difficile definirlo un uomo di sinistra.

Su Prescott, invece, restano dubbi di imparzialità.

Come sottolinea l’Independent, è inusuale che “un solo consulente abbia potuto pronunciarsi con tanta autorità” su temi così sensibili. “Non lavorava con un team, non presiedeva un comitato”, aggiunge il quotidiano.

A dare notorietà all’ex giornalista, nel 2021, è stata la nomina, proprio da parte di Johnson, a selezionatore esterno del nuovo presidente di Ofcom, l’autorità britannica delle comunicazioni, equivalente all’Agcom italiana.

Prescott è inoltre un amico di Sir Robbie Gibb, ex spin doctor dell’allora prima ministra Theresa May e cofondatore della testata di destra Gb News. Anche Gibb, uno dei cinque membri governativi del consiglio della Bbc, è stato scelto da Johnson.

Secondo l’Independent, sarebbe stato proprio Gibb a spingere affinché la commissione di selezione promuovesse la candidatura di Prescott come advisor esterno della Bbc.

Anche sulla natura delle critiche sollevate c’è incertezza.

Uno dei nodi centrali riguarda la linea editoriale della Bbc sul conflitto a Gaza.

A marzo, su decisione di Davie, la Bbc ha rimosso dal catalogo iPlayer il documentario Gaza: How to Survive a War Zone dopo che ulteriori controlli di fact-checking avevano rivelato che il protagonista intervistato, un ragazzo di 13 anni, è figlio di un esponente di Hamas.

Il programma, in seguito riesaminato da comitato indipendente, non presentava tuttavia irregolarità né dichiarazioni false dal punto di vista della veridicità dei fatti riportati.

Un secondo documentario commissionato dalla Bbc e chiamato Gaza: Doctors Under Attack non è stato mai trasmesso dall’emittente, che ha invece scelto di cederne i diritti a Basement Films, la casa di produzione che lo ha realizzato.

Il film è stato poi visionato dal team di fact-checking di Channel 4 che ha deciso di mandarlo in onda ritenendolo conforme ai fatti e agli standard previsti dal codice Ofcom Broadcasting Code.

Intanto, in America

Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, il presidente degli Stati Uniti ha colto l’occasione per attaccare la Bbc e minacciare un’azione legale da un miliardo di dollari.

Il copione è sempre lo stesso: cause analoghe sono state minacciate o intentate contro il New York Times, il Wall Street Journal, Abc News e Cbs News, fra gli altri.

In questo caso, però, le accuse sembrano poggiare su basi più solide rispetto al passato, dato il grave errore commesso dalla redazione di Panorama.

Trump continua a sfruttare ogni occasione per minare la libertà di stampa nel suo Paese.

Lo dimostrano la disputa con l’Associated Press per per il rifiuto di utilizzare l’espressione Gulf of America, il taglio totale dei fondi alla US Agency for Global Media, che supervisiona Voice of America, le pressioni su Paramount per cancellare dal palinsesto il late-show di Stephen Colbert e, nel caso della Disney, la sospensione, poi revocata, del programma del collega Jimmy Kimmel.

A tutto questo, si aggiungono le nuove restrizioni all’accesso e all’utilizzo delle informazioni imposte dal Pentagono ai cronisti.

In un contesto così critico per la libertà di stampa, tutto quello che la Bbc doveva evitare era commettere errori plateali e offrire un facile bersaglio all’aggressività della Casa Bianca in stile Maga e dei suoi alleati a Londra.

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Francesco Puggioni
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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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