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Sempre più politica transita su Substack, piattaforma di newsletter di punta per il discorso politico americano e in particolare per quello di sinistra.
Il pubblico democratico, infatti, non sembra più contento dell’ecosistema mediatico tradizionale, soprattutto perché vi intravede delle pressioni da parte dell’amministrazione di Donald Trump.
Da ultimo, la decisione di Disney di epurare Jimmy Kimmel ha scatenato polemiche nel fronte progressista e democratico, e non solo.
Kimmel è ritornato, ma anche perché il suo licenziamento ha suscitato reazioni e scandalo internazionali.
Di questo, i democratici sono consapevoli.
Hanno realizzato di aver perso la battaglia per il consenso mediatico, e stanno cercando di recuperare questo ritardo puntando sui nuovi media.
E Substack è decisamente in prima linea.
La metamorfosi di Substack
YouTube consente lunghi approfondimenti, e ha già mostrato la sua capacità di generare consenso – e polarizzazione – grazie ai vodcast e alle interviste a esponenti politici.
Substack è cresciuta da 3 a 5 milioni di abbonati, e qui stanno transitando i più prestigiosi commentatori del parterre statunitense, perché consente di esprimere la propria voce senza il vincolo della linea editoriale, e anche maggiore monetizzazione rispetto alle testate.
Secondo Semafor, Substack ha subito una vera metamorfosi, diventando un’isola felice per giornalisti e giornaliste vittime della retata di Trump.
Nata come bacino di accoglienza di un sentimento anti woke, sembra adesso portare consenso anche a chi ha un orientamento progressista e democratico.
E le cose gli stanno andando bene, a quanto pare.
A beneficio di tutti
Da un lato, il sentimento anti establishment, e soprattutto di rivalsa contro quella che è percepita come un’arena pubblica opprimente, sta beneficiando Substack, che sta accogliendo i malcontenti da tutte le parti.
Infatti, la spaccatura interna al movimento Maga si sta ampliando, a causa di recenti uscite del presidente Trump su Israele e per mancata trasparenza sul caso Epstein.
In realtà, anche il licenziamento di Kimmel e l’omicidio di Kirk hanno agito come pomo della discordia.
Sui discorsi d’odio e un aggressivo linguaggio verbale, adesso anche i repubblicani sono scettici.
La battaglia del free speech, in difesa cioè di un’assoluta libertà di espressione e di opinione, non è più appannaggio di una delle due parti politiche, ma sembra diventato anch’esso una zona contesa.
Una violenza che in forma scritta – come nelle newsletter digitali – viene temperata, e mostra certamente meno vigore di un formato audio video.
A beneficiare poi potrebbero essere anche i Democratici, se sapranno usare la piattaforma produttivamente e non solo di riflesso.
Kamala Harris, in uscita con 107 Days, ha pubblicato estratti del libro su The Atlantic e sul proprio Substack.
Newsletter come The Contrarian sono un posto privilegiato per democratici come JB Pritzker, a discapito della stampa tradizionale che è sempre più scontenta.
Schierarsi o no?
Pur essendo ancora un agorà apolitica e neutrale, anche perché commercialmente è una scelta redditizia, c’è molta politica su Substack.
L’orizzonte di crescita dei nuovi media vede una strategia commerciale aggressiva e ambiziosa.
Substack vuole creare un’alternativa a X, che significa porsi in competizione anche con Bluesky.
Netflix si sente minacciata da YouTube.
E proprio su quest’ultima, ci sono canali come Meidas Touch o The Bulwark che stanno crescendo, proprio accogliendo chi è infastidito dal tipo di rapporto che il presidente ha con l’informazione.
Insomma, le alternative ai media tradizionali sono ormai numerose e hanno una certa potenza di fuoco, come il progetto The Bulwark.
Si è ancora in una fase di transizione per cui a nuovi prodotti non corrispondono immediatamente nuovi pubblici, abituati ancora a legittimare altre fonti.
Lo scenario però è in rapido cambiamento. La questione politica su Substack genera interazione, e si è tentati di pensare che potrebbe essere un argine anche al disinteresse e all’astensionismo, in America ma non solo.
Le voci stanno transitando da una piattaforma all’altra, e le realtà indipendenti stanno guardando a orizzonti di fusione.
La speranza è che la dinamica oligopolistica non giunga, ancora una volta, a prevalere sul marketplace of ideas, cioè su un mercato delle idee veramente variegato, libero, ricco.