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L’intelligenza artificiale generativa sta portando alla creazione di nuove dinamiche che definiscono la qualità della presenza in rete di ogni tipo di organizzazione. Dalle aziende, alle associazioni, ai partiti politici.
Questi sviluppi, a seconda di come vengono gestiti, possono trasformarsi velocemente da circoli virtuosi a viziosi e viceversa.
Essere online attraverso contenuti qualificati e ben indicizzati è fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità dell’IA, uno dei principali strumenti di creazione di contenuti per i social network.
Si arriverà al punto di chiedersi: è nato prima l’uovo o la gallina? O meglio, viene prima la capacità dell’utente di influenzare i contenuti utilizzati dall’AI o quella di impiegare l’AI per creare contenuti?

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Reazione a catena
Questo nuovo assetto dell’economia delle informazioni in rete spinge a una necessaria identificazione dei messaggi chiave che le aziende e ogni organizzazione sociale dedita a promuovere la propria attività devono saper comunicare.
Torna anche la necessità di pianificare una strategia volta a posizionare i giusti contenuti, in modo tale che questi possano a loro volta alimentarne e posizionarne altri.
Nel momento in cui il focus si concentra sempre più sulla scrittura dei giusti prompt da comunicare ai chatbot, tutta l’attenzione di una corretta presenza in rete si focalizza sull’identificazione dei messaggi posizionanti.
Chi non saprà portare avanti una strategia efficace in questo senso, tenderà a essere via via estromesso dalla rete e, quindi, dal mercato.
Intelligenze a confronto
Messo a fuoco questo contesto, va però fatta una precisazione: i chatbot lavorano in buona parte secondo la logica della probabilità, sebbene la loro attività si basi anche sulla capacità di formulare ipotesi non vagliate da dati empirici passati.
Non può dunque tenere conto di tutti i fattori della realtà in cui un’azienda o un’organizzazione opera.
Di conseguenza, la radice dell’intelligenza umana, che consiste nel discernere le diverse possibilità insite in ogni circostanza, non è ultimamente alienabile.
È proprio la categoria della possibilità che deve spingere i comunicatori attivi nelle varie organizzazioni sociali, dalle associazioni alle imprese, a individuare i contenuti più approriate e le giuste interazioni nel gestire la presenza in rete dell’organizzazione.
Il comunicatore 5.0 diventa quindi sempre più un timoniere in mare aperto. Per evitare di cadere nell’oblio, sarà essenziale individuare la direzione corretta. Motivo per cui l’ingresso dell’IA rappresenti una rivoluzione del marketing sotto il profilo cognitivo.

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Nuovo marketing
Il peso dell’impiego dei large language models – Llm – sul mondo del marketing si riscontra dai risultati dell’ultima indagine di Nielsen, secondo cui “per il 59% dei marketer globali l’IA per la personalizzazione e l’ottimizzazione delle campagne è la tendenza di settore di maggiore impatto, destinata a fare la differenza entro il 2025”.
Le campagne digitali oggi generano enormi quantità di dati, più di quanti se ne possano monitorare manualmente.
L’IA rende possibile la comprensione di questo mare di informazioni, tanto più intellegibili quanto chiari e rispondenti a una strategia sono i messaggi chiave veicolati online.
Sempre secondo Nielsen, quasi metà delle aziende intervistate (47%) dichiara di generare contenuti tramite l’IA.
La ricerca evidenzia come il 44% delle società sentite utilizzi l’IA anche per la segmentazione dei clienti, ossia per suddividere le categorie di pubblico di riferimento tramite criteri specifici.
Infine, il 42% ne fa uso per personalizzare il proprio approccio nei confronti di potenziali clienti, sfruttando la capacità meticolosa dell’intelligenza artificiale di lavorare sui dati non aggregati.
Fattori chiave
Sono diverse le componenti identificate da Nielsen che influenzano la velocità e la profondità con cui l’IA riesce a integrarsi nelle attività di marketing e comunicazione delle società: l’infrastruttura tecnologica di una data area geografica, le normative sulla privacy dei dati, la cultura aziendale e la presenza di tecnici ed esperti in materia all’interno dell’azienda.
Considerando il fattore geografico, sono il Nord America e l’America Latina a registrare la percentuale media più alta di adozione di tecnologie di IA generativa, l’85%. Segue a stretto giro l’Asia-Pacifico, all’84%. L’Europa è indietro di quasi 20 punti percentuali (65%).
Sebbene la pervasività dell’IA nelle società vari da Paese a Paese, è significativo che soltanto l’1% delle aziende a livello globale non impieghi in alcun modo l’intelligenza artificiale.

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Metro di giudizio
In poche parole, misurare la pervasività dell’applicazione dell’intelligenza artificiale generativa nelle aziende significa quantificare l’impatto dei social media sulla vita delle organizzazioni.
Per questo motivo, non è più sufficiente pubblicare contenuti coerenti e adeguati sulle piattaforme, poiché questi contenuti devono adeguarsi a una strategia che tenga conto dell’effetto moltiplicatore dei chatbot.