
Foto copertina: Piazza San Pietro. Foto: Flickr.
Il Giubileo dei Giovani è stato un trionfo, anche grazie all’ottima strategia social, scrive Elisabetta Povoledo, corrispondente del New York Times da Roma.
L’evento, che si è guadagnato l’appellativo di “Woodstock del Papa”, si è svolto dal 28 luglio al 3 agosto, riunendo molte più persone di quelle stimate fino a raggiungere il milione di pellegrini, soprattutto giovanissimi.
Evento centrale dell’anno giubilare, Anno Santo che la Chiesa celebra ogni 25 anni, il Giubileo dei Giovani era stato annunciato da Papa Francesco in occasione della messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù 2023 a Lisbona, che aveva radunato circa 1,5 milioni di giovani.
“Questa è la gioventù del Papa”, hanno urlato in migliaia quando Papa Leone XIV è atterrato in elicottero sabato scorso, su uno sfondo sonoro riempito di conga e tamburi africani.
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Lato social del Giubileo
Per la promozione del Giubileo dei Giovani, il Vaticano sembra aver riconosciuto la legittimità degli influencer cattolici come strumento di evangelizzazione.
Lo sforzo di apertura da parte dell’istituzione ecclesiastica sembra inevitabile.
Infatti, è proprio sul rapporto e la comunicazione tra i giovani e la Chiesa che quest’ultima intende lavorare, piuttosto che sul loro senso di spiritualità.
In occasione del Giubileo, sono stati presentati i risultati di un progetto di ricerca chiamato Footsprint, un sondaggio realizzato nel 2023 su 4.889 soggetti tra i 18 e i 29 anni di otto Paesi, cioè Argentina, Brasile, Filippine, Italia, Kenya, Messico, Spagna e Regno Unito.
La metà degli intervistati ha confermato di provare un interesse verso la spiritualità, ma una diffidenza verso le istituzioni tradizionali.
“I giovani cercano il senso spirituale”, ha detto ad Avvenire José María Díaz-Dorronsoro, sacerdote e professore associato alla Facoltà di Comunicazione istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce – Pusc –, dove insegna Opinione pubblica e dottrina della Chiesa cattolica sulla comunicazione.
“Ma questo non significa che si rivolgano alle religioni tradizionali”, ha affermato Díaz-Dorronsoro, confermando quanto emerge dal fenomeno dei cosiddetti faithtoker.
La società civile, in cui i giovani hanno trovato rinnovato protagonismo anche grazie ai social, procede a un passo più spedito di quello che ci si può aspettare da un’istituzione antica e tradizionalista come il Vaticano.
Come scrive Roberto Esposito, le istituzioni sono il ponte attraverso il quale il diritto e la politica modellano le società, differenziandole e articolandole tra loro.
Il loro compito è “vitam instituire”: devono cioè consentire la convivenza e la continuità, ossia la proiezione di sé per l’uomo.
La Chiesa, mostrando questo carattere organico ed evolutivo, si rivolge ai social per il Giubileo dei Giovani e non solo.
Cerca ora anche di instaurare un dialogo con i giovani nonostante i motivi di frizione, su temi come l’aborto o i diritti delle comunità Lgbtq+.
E lo fa proprio sui social.
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Opportunità e rischi
In questo Giubileo dei Giovani dal volto social, c’è stato anche un momento dedicato a missionari digitali e influencer cattolici, durante il quale il cardinale Pietro Parolin ha incontrato – tra gli altri – gli influencer Nicola Campo, Michael Mattarucco e Pietro Calore, conosciuto su Instagram come @fantascienza_cattolica.
“Credo che non abbiate bisogno di incoraggiamento. Siete molto motivati”, ha detto il cardinale in un contenuto social.
Il profilo social del Pontefice su X ha oltre cinque milioni di follower, su Instagram sono 14.
Alla morte di Papa Francesco, le interazioni social hanno superato i 139 milioni, mentre si svolgeva uno pseudo-conclave su X, fatto di scommesse e analisi del “sentiment” sui candidati.
Per la prima volta, il Vaticano proclamerà santa una persona nata nella fascia d’età dei millennial. È lo studente Carlo Acutis, morto nel 2006 a soli 15 anni per una leucemia e noto per la sua opera di diffusione della fede cattolica in rete e per le sue attività di volontariato.
Tra gli influencer digitali presenti al festival anche Katie Prejean McGrady, conduttrice radiofonica statunitense e autrice di tre podcast, in cui spesso si concentra sul tema della famiglia tradizionale e legge la Bibbia.
Anche lei sembra aver recepito il messaggio: #digitalismission è l’hashtag che ha scelto per i post del Giubileo.
Secondo Povoledo, anche Brett Robinson, docente dell’Università di Notre Dame, considera il digitale uno strumento efficace per evangelizzare, ma avverte del “rischio che il messaggio si confonda con il brand della persona”.
Un problema che potrebbero correre figure popolari come quella di don Ambrogio Mazzai, nato nel 1991 e parroco della diocesi di Verona, con 106mila follower su Instagram e 406mila su TikTok.
Il Telegraph lo descrive come un “hot priest”, un prete di gran bell’aspetto, come evidenziato dai commenti sotto le foto che lo ritraggono suonare la chitarra o andare in bicicletta.
La personalizzazione è una delle chiavi competitive di successo sui social media, ma non è detto che vada a detrimento della causa di don Mazzai.
Tutt’altro. Come ha dimostrato il Giubileo dei Giovani dal volto (molto) social.