Roberto Burioni dai social a Substack, c’è chi potrebbe seguirlo

Di il 30 Ottobre, 2025
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Il virologo non vuole più scendere a compromessi su tre punti: lo sfruttamento dei contenuti per addestrare l'IA, gli algoritmi che determinano la visibilità dei post e l'odio nei commenti
Foto copertina: Roberto Burioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Foto: Wikimedia Commons.

Tra i commenti al post in cui il virologo e divulgatore scientifico pesarese Roberto Burioni ha annunciato che non farà più attività di divulgazione sui social media, c’è anche quello dell’infettivologo Matteo Bassetti.

“Come sempre tu fai da apripista per l’innovazione nella comunicazione medico-scientifica. Se funziona, molti seguiranno il tuo esempio. Me compreso”, scrive Bassetti.

È possibile, forse probabile, che sarà così.

Burioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, è diventato noto al grande pubblico durante la pandemia di Covid-19 per la sua attività di divulgazione scientifica sui social e per le frequenti ospitate nel programma televisivo Che tempo che fa, condotto da Fabio Fazio prima sulla Rai e poi su Nove.

In dieci anni ha costruito una base base ampia di pubblico, che, sottolinea il Corriere della Sera, ammonta a oltre un milione di follower: 736mila su Facebook, 342mila su X e 13mila su Instagram.

Tre motivi

Nel motivare la decisione di trasferire l’attività di divulgazione dai social a Substack, Burioni menziona tre ragioni principali.

La prima riguarda il fatto che, secondo lui, i contenuti pubblicati online vengono utilizzati per addestrare i modelli linguistici di intelligenza artificiale senza alcun consenso da parte degli autori.

La seconda è legata agli algoritmi, che premiano alcuni post e ne penalizzano altri “secondo un’agenda a me sconosciuta”, sottolinea il docente.

Infine, resta il problema degli hater: utenti che insultano e minacciano in modo sistematico chi fa divulgazione.

Per questo, conclude Burioni, Facebook diventerà “una specie di ‘vetrina’ dove verrete informati dei contenuti che pubblico, ma per leggerli dovrete venire su Substack”.

Continuerà invece la collaborazione con Che tempo che fa, Repubblica e i suoi progetti editoriali.

Substack in teoria e in pratica

“Su Substack tutti questi problemi saranno risolti”, sostiene il docente, riferendosi alle ragioni che lo hanno spinto a lasciare la divulgazione sui social.

La motivazione principale, secondo Burioni, è che il servizio di newsletter – ormai evoluto in una piattaforma con funzioni simili a un social, come il live streaming – è a pagamento, il che dovrebbe scoraggiare gli hater dal prendersi la briga di pagare per commentare.

Nonostante questo, il virologo specifica che la “quota mensile sarà irrisoria”, tra uno e due euro.

In realtà, il modello di Substack – che a luglio contava 5,5 milioni di utenti attivi mensili e 1,5 milioni giornalieri – è più complesso e presenta alcune lacune.

Spesso può funzionare se, come ha spiegato Burioni, l’obiettivo è avere uno spazio meno contaminato dall’odio online e non guadagnarci.

Per chi con le entrate provenienti dal proprio account su Substack deve sostentarsi, la situazione è infatti molto più complessa.

Substack applica una commissione del 10% su ogni sottoscrizione.

Di conseguenza, maggiore è il numero totale degli abbonamenti e i ricavi generati, più alto sarà l’importo assoluto trattenuto dalla piattaforma.

Motivo per cui sono nate e stanno crescendo alternative, come Ghost e Beehiiv, che applicano tariffe fisse basate sul numero di abbonati.

Ma per chi, come Burioni, ha una base di follower consistente sui social, il modello di Substack presenta comunque un limite strutturale: ogni iscritto paga non per l’accesso alla piattaforma, ma per il singolo autore seguito.

Dunque, avvicinarsi al volume dei follower acquisiti nel tempo sui social media è più difficile, come mostra il fatto che solo un gruppo ristretto di personalità molto note riesce a raggiungere numeri significativi di abbonati – oltre ad avere un ritorno economico ragguardevole.

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Foto: Canva.

Dopo Burioni

Se l’esperimento del docente dovesse avere successo, raggiungendo un numero di abbonati consistente, molti altri colleghi divulgatori italiani potrebbero seguirlo.

Negli Stati Uniti, ormai da qualche anno ex giornalisti televisivi e di importanti testate hanno trasferito la loro attività su Substack per maggiore autonomia editoriale, lontano dai vincoli delle redazioni tradizionali, soprattutto a causa della crescente pressione esercitata dalla Casa Bianca sugli editori.

Anche in Italia, alcuni giornalisti – tra cui l’ex direttore di Domani Stefano Feltri, l’esperto di tecnologia Valerio Bassan e la firma del Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli – utilizzano la piattaforma per pubblicare newsletter indipendenti.

Nell’ambito della comunità scientifica, però, la scelta di sbarcare su Substack assume un significato più specifico.

Come ha osservato su Nature la giornalista scientifica Hannah Docter-Loeb, spazi come la stessa Substack e i suoi concorrenti favoriscono la creazione di comunità di lettori fedeli e interessati, con cui instaurare un rapporto diretto e continuativo.

Se la tendenza potrà diffondersi anche in Italia, è ancora da scoprire.

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Francesco Puggioni
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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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