Immagine di copertina: Wikimedia Commons
Le feste di Natale sono “il periodo più terribile dell’anno”. Questo è stato il tema al centro del tanto discusso spot di McDonald’s generato dall’intelligenza artificiale che, dopo una valanga di commenti negativi, è stato rimosso.
Il caso di McDonald’s è solo uno dei tanti che hanno coinvolto altri grandi brand come Coca-Cola e Google.
Pare che al pubblico l’intelligenza artificiale generativa proprio non piaccia e anzi, la trovi non solo di cattivo gusto ma anche molto poco originale e ripetitiva, come si legge su Futurism.
Che cosa non convince
Sebbene l’intento per la catena di fast food fosse quello di giocare, ironicamente, sulla celebre canzone natalizia “It’s the Most Wonderful Time of the Year” di Andy Williams con “It’s the Most Terrible Time of the Year”, raccontando con tono leggero i piccoli disastri delle feste come regali rovinati, cene bruciate, luci ingarbugliate e proponendo McDonald’s come rifugio dallo stress, il pubblico non ha visto di buon occhio lo spot, deludendo, quindi, il raggiungimento dell’obiettivo.
Il risultato, però, è stato percepito come freddo e disturbante: personaggi dalle movenze innaturali, ambienti surreali e un’estetica priva di senso hanno trasformato l’esperimento in un caso di studio su come non usare l’AI nella comunicazione.
Come si legge su Ninja, gli spettatori hanno giudicato anche proporzioni errate e atmosfere cupe. La sensazione diffusa era che l’AI avesse privato il Natale del suo calore, generando uno spot più vicino all’horror che alla festività.
Ideata dall’agenzia TBWA\Neboko e dallo studio The Gardening.club, la pubblicità su YouTube e TikTok è stata definita “AI slop”, “creepy” e “deprimente” mentre meme e parodie hanno amplificato la percezione, trasformando il video in un fenomeno virale ma in negativo per McDonald’s.
Molti utenti hanno criticato la scelta di affidare a un algoritmo un messaggio natalizio, percepito come cinico e distante dai valori di calore e convivialità.
Dopo appena quattro giorni, McDonald’s ha ritirato lo spot dai propri canali ufficiali, ammettendo implicitamente il flop. L’episodio ha alimentato il dibattito sull’uso dell’AI nel marketing: fino a che punto i brand possono spingersi senza perdere autenticità?

Foto: Wikimedia Commons
La lezione imparata
Da questi casi gli esperti di marketing, pubblicità e comunicazione hanno in realtà molto da imparare. Anzitutto, che gli spettatori preferiscono sempre l’autenticità, riconoscono e rifiutano contenuti percepiti come artificiali o privi di empatia.
L’intelligenza artificiale è sì uno strumento, ma non un sostituto e può supportare la creatività ma non sostituire la sensibilità umana nei messaggi.
Un rapido ritiro è servito a limitare i danni per la nota catena americana di fast-food ma ha anche mostrato quanto velocemente i social possano amplificare un errore.
Il pubblico, sotto Natale, non perdona. Preferisce sempre la tradizionalità, i valori condivisi e questo è un altro esempio a dimostrazione di quanto un approccio ironico o cinico rischi non solo di alienare la community ma di essere rischioso per lo stesso brand, che viene percepito come lontano e distante dai valori condivisi.
L’ultimo spot di McDonald’s è, quindi, diventato un case study di comunicazione sui social e un esperimento tecnologico che ha evidenziato i limiti dell’automazione creativa. Per i brand, la lezione è chiara: l’AI può essere un alleato, ma la narrazione deve restare profondamente umana.




