Foto copertina: la sala stampa del Pentagono. Foto: Defense Visual Information Distribution Service, GetArchive.
Da metà ottobre decine di giornalisti hanno preferito consegnare il proprio pass per l’accesso al Pentagono, la sede del dipartimento della Difesa del governo degli Stati Uniti – ribattezzato dipartimento della Guerra –, invece di accettare la nuova direttiva che ne limita la libertà di svolgere il proprio lavoro in modo indipendente.
Tra questi vi sono collaboratori di testate di rilievo, fra cui New York Times, Cnn, Associated Press e Washington Post.
Un nuovo gruppo formato da circa 60 persone, tra giornalisti e news influencer siti di informazione di estrema destra, come The Gateway Pundit, The National Pulse, Human Events e il podcaster Tim Pool, rimpiazzerà i cronisti dei media che non hanno aderito alle nuove linee guida del Pentagono.

Pete Hegseth, attuale segretario della Difesa del governo degli Stati Uniti, durante l’evento Student Action Summit, nel 2022 a Tampa, in Florida. Foto: Wikimedia Commons.
Accesso limitato
La direttiva, definita come opera di “buon senso” dal governo statunitense, proibisce alla stampa presente nell’edificio di richiedere od ottenere qualsiasi tipo di informazione senza il consenso del dipartimento della Difesa.
Viene dunque cancellata la libertà di pubblicare qualsiasi informazione considerata non classificata: potranno infatti essere riportate solo informazioni la cui diffusione è stata autorizzata dal Pentagono.
Come ricorda il Guardian, le nuove direttive sono state presentate dal segretario della Difesa, Peter Hegseth, lo scorso settembre.
Fino a questo momento, la situazione era diversa.
Indossando i loro badge, i giornalisti potevano circolare per gli uffici del Pentagono venendo identificati come tali. Il loro compito era quello di far valere i diritti tutelati dal primo emendamento della costituzione americana e dunque informare i cittadini.
Così era sempre stato e nessuna lamentela o situazione spiacevole era emersa.
Cambio di passo
Secondo Sean Parnell, il portavoce del dipartimento della Difesa, non si tratta di un cambiamento epocale, ma di un “aggiornamento, atteso da tempo, del nostro processo di accreditamento, che non veniva rivisto da anni, se non decenni, per adeguarlo agli standard di sicurezza moderni”.
L’accesso al Pentagono è un “privilegio, non un diritto”, ha aggiunto.
Parnell mostra un cambio di posizione netto che rispecchia il nuovo atteggiamento della seconda presidenza Trump nei confronti della stampa.
Con l’introduzione dei nuovi media – in particolare news influencer e podcaster – alla Casa Bianca, Trump ha voluto rafforzare la presenza di testate a lui vicine, indebolendo le emittenti mainstream.
Hegseth, ex conduttore di Fox News, sostiene che “fino a poco tempo fa, la stampa poteva andare praticamente ovunque nel Pentagono, uno dei luoghi più riservati al mondo”.
Da ora in poi, ha sottolineato il segretario della Difesa, “non permetteremo a chiunque di girare liberamente per l’edificio”.
Con la giustificazione di carenti misure di sicurezza – nonostante abbiano funzionato finora – si motiva la necessità di controllare l’“eccessiva” libertà di cui i media hanno goduto fino a questo momento.
Dovere di informare
Intervistati da Pbs News, David Schulz, direttore del Media Freedom and Information Access Clinic dell’Università di Yale, e Nancy Youssef, redattrice dell’Atlantic che si occupa di temi legati alla sicurezza nazionale – hanno espresso le loro opinioni a riguardo.
“Affermare fin dall’inizio che possa derivare un danno dal riportare informazioni non ufficialmente approvate è un insulto per un libero mercato, per una libera democrazia”, dice Schulz.
“Quello che il Pentagono definisce richiesta illegale di informazioni, noi lo chiamiamo raccolta di notizie. E, più importante dell’etichetta, la richiesta di informazioni – “soliciting information”, ndr – è un’attività tutelata dal Primo Emendamento”.
Youssef ha ricordato che il Pentagono è “un’organizzazione che usa circa un triliardo di dollari derivanti dal denaro dei contribuenti, impiegando tre milioni di persone” e ha specificato che “poter fornire al pubblico quante più informazioni possibili su quello che accade in quell’edificio è fondamentale per il nostro lavoro di cronaca”.
Nonostante la situazione sfavorevole, Youssef vuole comunque “continuare a riportare notizie sul Pentagono e farlo in modo deciso, come abbiamo sempre fatto”.

Una fotografia aerea del Pentagono, ad Arlington, in Virginia. Foto: Wikimedia Commons.
Voce ai sostenitori
Trump, che nell’ultimo anno ha lanciato battaglie verbali, politiche e legali contro New York Times, Abc News, Cbs News, Wall Street Journal e Associated Press, ha espresso la propria solidarietà a Hegseth.
“Penso che lui consideri la stampa molto destabilizzante per la pace nel mondo”, ha detto Trump. “La stampa è molto disonesta.”
Nello stesso momento, il presidente degli Stati Uniti ha garantito accesso al Pentagono ad attivisti conservatori come Laura Loomer.
Con 1,8 milioni di follower su X, Loomer è una forte sostenitrice di Trump e il presidente si fida di lei.
Ad aprile, il presidente ha licenziato sei funzionari del Consiglio di Sicurezza nazionale dopo che lei gli aveva presentato presunte prove della loro slealtà.
L’influencer 32enne si è fatta notare anche per alcuni post anti-islamici e anti-immigrazione. In particolare, durante la scorsa campagna presidenziale, in un post contro Kamala Harris, scriveva che “la Casa Bianca puzzerà di curry e i discorsi della Casa Bianca saranno gestiti tramite un call center”.
Assieme a lei, un’altra maggioranza di testate conservatrici hanno aderito alla nuova normativa imposta dal Pentagono, il cui corpo stampa è stato ridisegnato a immagine e somiglianza del governo.




