Foto copertina: il merchandise prodotto dall’universo di Ne Zha 2. Fonte: Wikimedia Commons.
L’industria dell’intrattenimento in Cina si sta affermando in tutto il mondo.
L’ondata creativa cinese è inarrestabile, e la sua esportazione può generare ricavi importanti per il paese.
Fenomeni mondiali come il film d’animazione “Ne Zha 2” o il videogioco “Black Myth: Wukong”” ne sono un esempio.
Molto popolari sono anche i drammi brevissimi: soap opera condensate in formato verticale, in stile TikTok, della durata di massimo due minuti.
Il Partito Comunista cinese si trova perciò davanti a un dilemma: e se la censura avesse conseguenze economiche indesiderabili?

Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese dal 2012 e presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 2013. Foto: Wikimedia Commons.
Un’industria promettente
L’indotto dell’industria dell’intrattenimento in Cina resta alto nonostante il governo abbia scelto di dare priorità agli investimenti in scienza e tecnologica.
Ad esempio, i ricavi generati dalle serie dei microdrammi, composte da mediamente 90 microepisodi, hanno superato la vendita dei biglietti cinematografici, riporta l’Economist.
Al contrario, i giganti tecnologici come Tencent, continuano a destinare importanti somme anche all’intrattenimento.
Il risultato è che gran parte di questi contenuti vengono fruiti su smartphone e altri dispositivi mobili.
Tutto rigorosamente in versione locale: Douyin e Bilibili sono alcuni esempi di app molto popolari nel paese, in sostituzione delle internazionali TikTok e YouTube.
Su queste app, i contenuti vengono monetizzati soprattutto tramite e-commerce, piuttosto che con pubblicità o abbonamenti.
Le vendite e i ricavi derivano soprattutto da progetti di merchandising, ma anche da eventi di live-streaming e performance dal vivo.
Prendersi qualche rischio
I commentatori si chiedono se questo tipo di intrattenimento sarà capace di creare fenomeni duraturi e destinati a permanere nell’immaginario.
Al momento, si tratta di brevi e improvvise fiammate alimentate da un’eccellente macchina pubblicitaria e divistica, piuttosto che dalla solidità dell’estro creativo.
Il paradigma tutto commerciale dietro le produzioni è quindi evidente agli addetti del settore e ai critici, e forse lo sarà anche al Partito Comunista.
Per ora la censura resta severa, perché il governo richiede che film e programmi TV aderiscano a un certo schema valoriale, e vieta i contenuti più scabrosi, come sesso, superstizione e violenza.
Questo genera anche un’avversione al rischio da parte dei creativi stessi, a cui si chiede di coprire eventuali danni derivanti dalla censura.
Un sistema che scoraggia in principio idee radicali e dirompenti.
Ma neanche il Partito Comunista cinese può restare intaccato dal cambiamento che incombe travolgendo l’industria dell’intrattenimento in Cina.
Per ora, ha investito in enormi parchi di intrattenimento e sostenuto sgravi fiscali per il comparto. Più in generale, la Cina sta spingendo sul soft-power, anche attraverso il reclutamento di influencer filogovernativi.
Anche la revisione dei contenuti, soprattutto per gli adattamenti stranieri, si sta ammorbidendo, sia per gli show che per i videogiochi.
Questioni economiche a parte, c’è chi si chiede se, tra una riunione e l’altra, anche i leader di partito non facciano un po’ di scrolling tra i microdrammi.




