
Foto: Il negozio di Ben & Jerry’s a Burlington, nel Vermont. Wikimedia Commons
Jerry Greenfield, co-fondatore dello storico marchio “Ben & Jerry’s”, ha annunciato il suo addio all’azienda dopo 47 anni, in un momento cruciale: la scissione del comparto gelati da Unilever, che porterà alla nascita di un’altra entità.
Il nuovo brand si chiamerà “Magnum Ice Cream Company”. Ma che cosa si cela dietro la notizia?
Il caso Ben & Jerry’s
Greenfield ha motivato la sua decisione con un’accusa diretta: il brand sarebbe stato “silenziato per timore di disturbare i potenti”. In particolare, il co-fondatore, in un post a suo nome diffuso dall’amico e socio Ben Cohen su X ha scritto: “Ben & Jerry’s è stata messa a tacere, messa da parte per paura di irritare chi detiene il potere”.
After 47 years, Jerry has made the difficult decision to step down from the company we built together. I’m sharing his words as he resigns from Ben & Jerry’s. His legacy deserves to be true to our values, not silenced by @MagnumGlobal #FreeBenAndJerrys pic.twitter.com/EZXGRjs76a
— Ben Cohen (@YoBenCohen) September 17, 2025
Un’affermazione che riflette e mette in luce il conflitto tra l’identità comunicativa di Ben & Jerry’s — da sempre attiva su temi sociali e politici — e le logiche di controllo del colosso Unilever, che ha acquisito il marchio nel 2000 con un accordo che garantiva autonomia decisionale su marketing e posizionamento valoriale.
La rottura si è acuita negli ultimi anni, in particolare per le posizioni espresse dal brand sul conflitto israelo-palestinese, culminate nella decisione di interrompere le vendite nei territori occupati. Ma le ostilità si erano manifestate già anni prima, con la rimozione dell’ex amministratore delegato del marchio, David Stever, e varie tensioni legate all’attivismo sociale, come si legge sul Wall Street Journal.
Controversia che poi è culminata all’inizio di quest’anno con il consiglio di amministrazione di Ben & Jerry’s che ha definito il conflitto di Gaza un genocidio e ha messo la sua casa madre in una posizione difficile.
Unilever ha affermato di aver collaborato per oltre due decenni con il consiglio di amministrazione indipendente di Ben & Jerry’s per sostenere la missione sociale del marchio, ma che negli ultimi anni il consiglio ha cercato di sostenere “argomenti unilaterali, altamente controversi e polarizzanti” che hanno messo a rischio Unilever, Ben & Jerry’s e i loro dipendenti.
Così Greenfield e il co-fondatore Ben Cohen hanno più volte denunciato la perdita di indipendenza comunicativa e hanno persino tentato di riacquistare il marchio, senza successo, come si legge sul Post. Ma facciamo un passo indietro.

Ben Cohen e Jerry Greenfield durante il Dylan Ratigan Show (2010) Foto: Wikimedia Commons
Gli inizi di Ben & Jerry’s
Ben Cohen e Jerry Greenfield, amici d’infanzia di Long Island, fondano Ben & Jerry’s nel 1978 a Burlington, Vermont, dopo aver frequentato un corso sulla produzione di gelato costatogli 5 dollari.
Con un investimento iniziale di 12.000 dollari (di cui 4.000 presi in prestito), aprono la loro prima gelateria in una stazione di servizio ristrutturata.
Il successo è immediato: gusti audaci, texture ricche e una comunicazione giocosa e inclusiva conquistano il pubblico.
Nel 1979 nasce il “Free Cone Day”, giornata di gelati gratis per tutti, che diventa un rituale annuale e tra i primi esempi di quello che oggi chiamiamo “marketing esperienziale”.
Negli anni ’80, Ben & Jerry’s si espande con negozi in franchising e distribuzione nei supermercati. Ma ciò che distingue il brand non è solo il prodotto ma anche la sua vocazione sociale.
I fondatori creano la Ben & Jerry’s Foundation, devolvendo il 7,5% dei profitti pre-tasse a progetti comunitari. Il gelato diventa veicolo di messaggi su giustizia sociale, ambiente, diritti civili e pace.
Ben Cohen, affetto da anosmia (incapacità di percepire gli odori), contribuisce a definire la cifra stilistica del gelato: sapori intensi e consistenze contrastanti, pensati per un’esperienza multisensoriale. Questo approccio si riflette anche nella comunicazione del brand, attenta all’inclusività e all’empatia.
Quando Unilever nel 2000 acquisisce Ben & Jerry’s, l’accordo include una clausola unica: il brand mantiene autonomia sulla missione sociale e la comunicazione. Tuttavia, negli anni successivi emergono tensioni crescenti tra i fondatori e la multinazionale.

Ben Cohen, co-fondatore Ben & Jerry’s. Foto: Wikimedia Commons
La posizione di Unilever
Per contro, Unilever ha dichiarato di voler “rafforzare la posizione valoriale di Ben & Jerry’s nel mondo” e di essere “in disaccordo con la visione di Greenfield”. Ma il nodo resta: può un brand costruito su una comunicazione attivista sopravvivere all’interno di una struttura corporate che privilegia la neutralità?
Quale è quindi il confine tra brand activism e controllo aziendale? E cosa accade quando la voce del brand entra in conflitto con quella del suo proprietario?