Il movimento Maga si spacca ancora a causa di Tucker Carlson

Di il 12 Novembre, 2025
La sua intervista a Nick Fuentes, voce nota e ascoltata tra i conservatori americani, ha suscitato molte critiche. E in un'America così polarizzata, il ruolo dell'informazione è sempre più delicato
Foto copertina: una spilla del Project 2025 della Heritage Foundation. Fonte: Flickr.

Un’altra frattura nel movimento Make America Great Again, dopo la conversazione tra Nick Fuentes e Tucker Carlson, le cui interviste continuano a suscitare reazioni contrastanti nella destra statunitense.

Si spacca di nuovo il fronte del conservatorismo americano, a causa di un revival di negazionismo, questa volta diretto all’Olocausto.

Infatti, Nick Fuentes e Tucker Carlson hanno mescolato machismo e antisemitismo, scatenando condanne anche da figure apertamente schierate a destra.

Carlson gode dei favori dell’Heritage Foundation, think tank che plasma il pensiero di destra americano dai tempi di Ronald Reagan e fautore del Project 2025, il documento di quasi mille pagine che invita il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ad assumere pieni poteri.

Il suo direttore, Kevin Roberts, autore di Tacking Back Washington to Save America, ha ribadito il sostegno al conduttore, inasprendo i rapporti con la coalizione Maga e convogliando verso di sé accuse pesanti.

La destra americana si trova adesso a dover capire come gestire gli estremismi interni ma, forse, c’è anche un tema di libera opinione e responsabilità dell’informazione che non può essere sottovalutato.

Retroscena e reazioni

Il programma di Carlson è un punto di riferimento nei supporter della destra reazionaria americana e non è la prima volta che genera aspri dibattiti anche nel fronte conservatore.

La conversazione è stata già vista oltre sei milioni di volte soltanto su YouTube, senza considerare la viralità di altri estratti o la quantità di contenuti mediatici collaterali.

Come riporta il Financial TimesBen Shapiro – podcaster e collega di Calrson – lo ha accusato di “normalizzare il nazismo”, mentre il vicepresidente JD Vance sta provando a ridimensionare la faida, con una nota tattica di benaltrismo.

Su X, infatti, Vance ha incoraggiato i suoi a preoccuparsi di altro, inserendo nei punti un riferimento al “disastro ereditato da Joe Biden”, con una nota di riferimento alla Roma imperiale, in piena sintonia con l’orizzonte culturale di riferimento dell’amministrazione trumpiana.

Nell’Heritage Foundation le poltrone tremano e Roberts ha chiesto scusa in maniera maldestra dopo la prima uscita, attirando su di sé critiche interne ed esterne, mentre molti chiedono le sue dimissioni.

Trump è a conoscenza dell’estremismo di Fuentes, ma per ora evita di prendere posizioni.

Mentre alimenta le accuse ai democratici di dover gestire i propri estremismi, dopo l’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York – ottenuta anche grazie alla sua comunicazione – è proprio il suo fronte che comincia a scalpitare per espellere alcune frange.

Lo speaker della Camera, Mike Johnson, e il senatore Ted Cruz, hanno preso le distanze da Fuentes, ma anche da Carlson.

Moderati cercasi

Quello che è accaduto tra Carlson e Fuentes segnala che gli estremismi del movimento Maga non si possono ignorare e hanno delle conseguenze politiche.

Sarà interessante capire come i leader repubblicani e democratici affronteranno l’eccessiva polarizzazione nel proprio elettorato.

Infatti, se si volesse applicare la classica teoria dei partiti di Giovanni Sartori, si dovrebbe utilizzare il modello bipartitico per il caso statunitense.

Nel modello sartoriano, i due partiti tendono a convergere verso il centro, per andare a recuperare il voto degli indecisi moderati. Questo significa che l’area remunerativa nella competizione elettorale dovrebbe collocarsi tra i moderati, altrimenti il sistema è disfunzionale.

In sostanza, secondo Sartori, i partiti non dovrebbero avere modo di competere per guadagnare l’elettore estremista indeciso.

Tuttavia, questo problema non si pone se la maggioranza degli elettori negli Stati Uniti smetteranno di essere moderati.

E, allora, contenuti come quello di Fuentes potrebbero essere destinati a destare sempre meno scalpore.

Per ora, però, l’indignazione e il dissenso sono ancora l’ancora di salvezza della democrazia americana, che deve anche decidere – ancora di più dopo l’omicidio di Charlie Kirk – che cosa intenda davvero per libertà di opinione e parola.

E come questo si concili con un mondo dell’informazione attaccato su più fronti dalla Casa Bianca, decisa a utilizzare minacce e querele miliardarie per spegnere ogni critica nei propri confronti.

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Ludovica Taurisano
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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.