Immagine copertina: generata dall’autrice con Sora.
Il Reuters Report sui News Creators 2025, intitolato Mapping News Creators and Influencers in Social and Video, è l’ultimo report pubblicato dal Reuters Institute, che mostra come i social network e i content creator siano diventati una fonte di informazione accreditata e, soprattutto, capace di convogliare l’attenzione di un pubblico sempre più ampio.
Secondo il Pew Research Center, un adulto su cinque negli Stati Uniti si informa tramite creator o influencer, il 37% dei quali ha meno di 30 anni.
E mentre crescono i nuovi media come YouTube e Substack, queste piattaforme diventano la piazza digitale in cui si articola il discorso politico.
Così accade che a Joe Rogan si attribuisce parte del merito per il consenso ottenuto dall’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che Emmanuel Macron si faccia intervistare da Hugo Décrypte in un momento critico per il suo gradimento tra gli elettori, ma anche che al numero 10 di Downing Street i laburisti chiamino a raccolta gli influencer.
A questi si uniscono i casi della presidentessa del Messico, Claudia Sheinbaum, che ha live stream molto popolari su YouTube, e il primo ministro dell’Australia, Anthony Albanese, che ha cominciato a invitare i TikToker alle riunioni del governo.
Il Reuters Report sui News Creators analizza 24 paesi, tutti formalmente democratici ma con livelli molto diversi di libertà di stampa. In questo contesto, il ruolo dei content creator può diventare significativo in alcune aree del mondo.

Un confronto tra l’attenzione prestata ai tradizionali media e quella rivolta ai content creator, suddiviso per paese. Fonte: Reuters Report Mapping News Creators and Influencers in Social and Video Networks 2025.
Geografia dei news creator
Secondo il report, esiste un gruppo di Paesi – Brasile, Messico, Indonesia, Filippine, Thailandia e Stati Uniti, ma anche Nigeria, Kenya e Sudafrica – dove i profili di creator che si dedicano all’informazione sono molto diffusi.
Questo fenomeno sta incidendo anche sui loro diretti competitor, cioè i media tradizionali e i giornalisti di professione.
La tendenza è invece più limitata nell’Europa settentrionale e in Giappone, dove le redazioni conservano ancora un certo prestigio e restano considerate le principali fonti di informazione.
Le differenze tra i vari contesti sono dovute a una combinazione di fattori: la diffusione dei social media nella società, le differenze culturali, le dimensioni dei mercati e lo stato di salute dei media tradizionali.
I curatori del report hanno chiesto agli intervistati di citare tre creator di riferimento, per elaborare una classifica che mette in luce alcune figure di spicco nel panorama globale.
Diversi risultano familiari anche in Europa: Rogan e Tucker Carlson, entrambi riconosciuti soprattutto come “commentatori”.
Nel Regno Unito, Dylan Page – con oltre due milioni di follower su Instagram – è definito “uno che spiega”, mentre in Brasile Leo Dias – con 19 milioni di follower – è un “infotainer” di professione, che unisce le tre “i” della comunicazione sui social: intrattenimento, ispirazione e informazione.
Come accade sempre più spesso, però, si apre una netta divaricazione tra chi riesce a raggiungere la fama e a monetizzare cifre milionarie, e la grande maggioranza che resta in secondo piano.
Nei Paesi più piccoli, i principali creator superano di rado il milione di iscritti per piattaforma, ma mantengono visualizzazioni costanti nell’ordine delle decine di migliaia.
La lingua, in questo contesto, fa la differenza: chi parla inglese parte con un evidente vantaggio. I creator di Stati Uniti e Regno Unito compaiono spesso tra le menzioni degli altri Paesi, in particolare di Canada e Australia – ancora Rogan, Carlson, ma anche Ben Shapiro.
Accanto a loro emerge una categoria di figure, per lo più maschili, che non puntano a fare informazione in senso tradizionale, distinguendosi invece per toni aggressivi e polarizzanti: Elon Musk, Andrew Tate e Trump.
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Italia (o Fabrizio Romano)
L’Italia, pur non figurando tra i Paesi analizzati, compare comunque nel report grazie a Fabrizio Romano.
Specialista di calciomercato, poco più che trentenne, Romano conta su Instagram un numero di follower paragonabile a quello – ormai disgiunto – della coppia Ferragnez, ossia Chiara Ferragni e Federico Lucia, in arte Fedez.
Non sorprende, se si considera che quasi la metà dei dieci post più apprezzati sulla piattaforma ritrae un uomo con un pallone da calcio.
Romano gestisce anche un canale YouTube da 132mila iscritti nella versione italiana, numeri modesti rispetto ai tre milioni del suo canale internazionale.
L’85% dei primi 15 creator menzionati nei 24 Paesi sono uomini, con il picco in Canada e, all’estremo opposto dell’equilibrio di genere, le Filippine.
A una prima lettura, sembra che il panorama resti intrappolato nell’idea che gli uomini parlino di quello che spesso è ancora considerato da uomini, ossia calcio e politica, e si rivolgano soprattutto ad altri uomini.
Dall’altra parte, le donne dominano nel lifestyle, ma si rivolgono quasi solo ad altre donne, tra pilates e “what I eat in a day”.
Il risultato è una segmentazione tanto schematica quanto familiare: blu e pallone da un lato, rosa, bambole e centrifugati dall’altro.
Eppure, sono proprio gli under 35 a mostrarsi più propensi a informarsi tramite i content creator. Le differenze tra canali restano minime, di pochi punti percentuali, ma delineano una dieta mediatica ibrida, divisa quasi a metà tra vecchi e nuovi media.
La frattura generazionale è invece più evidente sul piano politico: il pubblico più giovane tende a seguire sui social creator che si identificano con la sinistra.

Attenzione rivolta a media tradizionali e content creator per età. Fonte: Reuters Institute Mapping News Creators and Influencers in Social and Video Networks 2025.
Transizione incompiuta
I giornali tradizionali non sono riusciti ad approdare su Instagram e TikTok in modo davvero efficace, anche se i risultati variano molto da Paese a Paese.
In generale, X e YouTube restano le piattaforme di riferimento per i commentatori politici, mentre YouTube, Instagram e TikTok si prestano meglio ai formati brevi e visivi, ideali per sintetizzare le notizie.
Il report non dedica un’analisi specifica a Spotify che, pur investendo molto nel settore dei podcast, deve fare i conti con la concorrenza del vodcast su YouTube — preferito da chi lo utilizza come una sorta di televisione, da guardare durante i pasti o per lunghi periodi.
Alcune testate però stanno performando particolarmente bene, imparando a navigare sui nuovi social e anche, nel caso, a navigare il successo dei creator. È il caso di Cnn, Fox News e Bbc, che devono però confrontarsi con collettivi di creator in ascesa come, MeidasTouch o The Bulwark.
È una fase caotica, in cui i contenuti si mescolano e circolano tra un medium e l’altro, adattandosi di volta in volta al formato più premiato dagli algoritmi e più gradito al pubblico.
Come osserva il report, si può parlare di un “cocktail sconcertante”, in cui mantenere alta l’attenzione e restare attrattivi è sempre più difficile.
Affinità e differenze
Questo interesse per influencer e content creator è giustificato dal modo in cui stanno giocando le proprie carte nell’economia dell’attenzione.
Eppure, quando si parla di informazione – e ancor più di informazione politica – è necessario confrontare questi grandi numeri con altri indicatori.
Nel Reuters Digital News Report 2025, ad esempio, gli influencer sono percepiti come una fonte di disinformazione, purtroppo in una percentuale non molto diversa da quella attribuita ai giornalisti.
Le celebrità, invece, godono di un rapporto di fiducia più solido, anche perché la loro carriera non dipende direttamente dall’attività sui social.
Nonostante i social media alimentino l’illusione di vivere in un villaggio globale, le differenze tra Paesi restano evidenti. Dipendono dal livello di sviluppo economico e culturale, dalla natura dei governi e delle dinamiche politiche, oltre che dalla struttura demografica.
A meno che non si tratti di eventi di portata realmente internazionale, le politiche sul tema restano materia degli Stati.
Di conseguenza, anche l’interesse per il commento politico è condizionato dai confini nazionali, con l’unica eccezione di Trump, la cui figura trascende i limiti geografici.
Secondo il report, i creator si sono dimostrati più abili nel fare storytelling e nel sapersi adattare alle diverse piattaforme, abbracciando tutte le esigenze del pubblico, in particolare quella dell’intrattenimento.
Rappresentano una sfida e, al tempo stesso, uno stimolo al cambiamento: la partita è ancora aperta e di fronte ai professionisti della comunicazione e del giornalismo si estende un vasto campo di sperimentazione e creatività.




