Prove di soft power cinese. La propaganda passa (anche) dagli influencer

Di il 24 Giugno, 2025
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Insieme alle operazioni di disinformazione e destabilizzazione politica, Pechino sta ideando campagne di pubblicità positiva attraverso i volti più famosi dei social media in Occidente

Il partito comunista cinese sta vivendo un cambiamento nel suo modo di fare propaganda.

Gli organi di stampa statale stanno puntando sempre di più su figure del mondo dei social media, con un certo riguardo per le star americane.

Questa strategia è frutto dell’intenzione di diversificare i propri mezzi, oltre ai recenti strumenti forniti dall’intelligenza artificiale come chatbot e deepfake.

L’aggiornamento della strategia di soft power cinese va di pari passo con l’aggressività delle politiche anti-immigrazione degli Stati Uniti di Donald Trump.

La scorsa settimana, mentre la Cina apriva le porte al mondo dei content creator, la Cnn confermava la detenzione del tiktoker Khaby Lame all’aeroporto Harry Reid di Las Vegas.

Il volto del canale più seguito al mondo su Tiktok, è stato poi espulso dall’Ice – l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione contro gli immigrati irregolari.

Piano cinese

La scorsa settimana, proprio mentre a Los Angeles sono scoppiate le proteste contro i raid anti-immigrazione, gli organi di stampa cinesi annunciavano il China-Global Youth Influencer Exchange Program.

Stando alle dichiarazioni del governo guidato da Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese, il programma mira a creare delle collaborazioni tra content creator occidentali e locali.

In pratica, il governo di Pechino si offre di pagare tour di dieci giorni nel Paese a influencer con più di 300mila follower per promuovere un’immagine positiva sui vari social media come X, Tiktok e Instagram.

Reputazione social

Era già noto che i travel blogger fossero apprezzati dai media locali e le agenzie statali di propaganda.

Un fenomeno simile, ma non coordinato – anzi, spesso, osteggiato – dalle istituzioni, esiste in Corea del Nord.

Il Paese sta diventando meta per molte figure dei social, affascinati dal suo misterioso isolazionismo.

Tuttavia, l’iniziativa di Pechino è il primo piano strutturato organizzato da un governo con l’obiettivo di aumentare il numero di influencer che visitano e raccontano una nazione.

Già a marzo il governo cinese aveva invitato lo youtuber statunitense IShowSpeed, che aveva pubblicato diversi video blog in cui raccontava innovazioni tecnologiche e mostrava luoghi turistici.

Poi ad aprile, Pechino si era di nuovo rivolta ai social media per la guerra commerciale con gli Stati Uniti.

Infatti, per combattere i dazi americani molte aziende cinesi avevano deciso di mostrare sui social l’origine del lusso occidentale, sfruttando il potere della viralità.

La Cina, come anche l’Iran e la Russia, negli ultimi tempi è stata al centro di diversi scandali riguardo alla disinformazione in rete.

Ultimo fra tutti, quello legato al report di OpenAI sull’utilizzo etico dei chatbot e gli strumenti di IA.

Ora, però, la strategia adottata sta virando dalla destabilizzazione politica alla pubblicità positiva, proprio tramite voci e volti dell’Occidente.

Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese dal 2012 e presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 2013. Foto: Wikimedia Commons.

Strategie contrastanti

Sembra quindi che la Cina stia mirando ad aumentare il proprio soft power anche in Occidente, dopo aver conquistato gran parte del Sud globale.

Ed è interessante, perché gli Stati Uniti dopo decenni di soft power – e diplomazia pubblica – in cui hanno puntato sulla comunicazione e sui media per espandere la propria influenza nel mondo,  stanno facendo l’opposto.

Infatti, oltre alla chiusura del programma Usaid, che ha danneggiato il predominio culturale americano, a marzo l’amministrazione Trump ha deciso di tagliare i fondi della United States Agency for Global Media, smantellando di fatto Voice of America, dopo più di 80 anni.

L’arma mediatica – usata per combattere la propaganda della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale e quella sovietica nel corso della guerra fredda poi – è stata valutata come non più necessaria dal governo Trump.

In questo cambio di prospettiva, Pechino ha visto un’opportunità.

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Foto: Unsplash.

Media e cultura

Secondo il presidente Xi Jinping, il vero divario presente tra Stati Uniti e Cina non è l’influenza mediatica, ma è il distacco nella reputazione tra i giovani.

Gli Stati Uniti sono meta turistica per la popolazione cinese, ma anche lavorativa e accademica.

Gli studenti cinesi nelle università americane continuano a crescere, mentre l’influenza culturale della Cina non riesce a fare il salto in avanti che servirebbe.

L’immagine della Repubblica Popolare è spesso collegata alla repressione politica e delle libertà civili.

Gli stessi studenti cinesi sono disillusi dalla forte presenza delle autorità nelle università e guardano verso Occidente quando si tratta di percorsi accademici.

Nonostante il crescente sviluppo tecnologico, la cultura cinese è ancora legata alla tradizione.

Si è dunque sviluppata un ostacolo all’internazionalizzazione della nazione.

Il Paese vuole cambiare e diventare un polo di scambio culturale, non solo a livello asiatico, ma mondiale.

La risposta a questo problema, secondo i dirigenti politici di Pechino, è quello di conquistare i media digitali. Non tramite la disinformazione – che comunque rimane un’arma potente per il governo – ma tramite la propaganda positiva.

La soluzione trovata dalla Cina è stata quella di aumentare le collaborazioni tra influencer locali e americani, per migliorare la propria reputazione tra i giovani e ricreare la propria immagine in Occidente.

E forse questo aiuterà a migliorare le relazioni con l’Occidente, oltre che a far riscoprire un Paese che sta vivendo forti cambiamenti e innovazioni.

O, perlomeno, questo raccontano i video dello youtuber IShowSpeed.

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