
Natalie Winters, la nuova corrispondente della Casa Bianca per il programma “War Room” di Steve Bannon, ha cercato di descrivere il rapporto tra i giornalisti veterani accreditati alla sala stampa del governo statunitense e i nuovi media conservatori vicini al movimento Make America Great Again, entrati nelle stanze del potere con il secondo mandato del presidente Donald Trump.
“È come se li conoscessi, o tramite i social media, o perché li attacchi in tv”, ha dichiarato l’enfant terrible del gruppo dei nuovi media.
La Casa Bianca si era infatti già aperta ai nuovi media, rispondendo a oltre 12mila candidature, per accogliere anche influencer e podcaster, che oggi si distinguono nella famosa sala stampa James Brady per le loro telecamere e i microfoni per lo streaming fai-da-te.
La portavoce Karoline Leavitt ha apertamente dichiarato: “ci riserviamo il diritto di decidere chi può entrare nello Studio Ovale”.
Stili diversi, stessa competizione
Nella sala, ci sono 49 posti permanenti scelti dall’Associazione dei Corrispondenti della Casa Bianca. Almeno altri 30 sono schiacciati sul perimetro, di cui una decina costituiscono il solido nucleo dei nuovi media conservatori pro-Maga.
C’è un netto contrasto rispetto ai colleghi seduti: molti di loro sono più giovani. Ma non solo. Rispetto ai giornalisti seduti al centro, quelli ai lati hanno uno stile diverso, sia nel vestire sia nel comunicare.
“Mettiamoci dentro un po’ di Serena and Lily”, ha detto Winters pensando a rifare il design in oro e rosa, che ha già fatto parlare di sé per lo stile.
Nonostante il senso condiviso di opposizione ai media mainstream, non tutte le testate conservatrici presenti nella sala stampa sono allineate a livello politico con l’amministrazione.
“È un gruppo ampio e variegato, quindi non tutti la pensano allo stesso modo”, ha detto Mary Margaret Olohan, la giovane pupilla di Ben Shapiro – il cui show è seguito da sette milioni di utenti su YouTube.

La placca dedicata a James S. Brady, ex portavoce del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, nella sala stampa della Casa Bianca a lui intitolata. Foto: Wikimedia Commons.
Che domande
In un marasma simile, la competizione per accaparrarsi l’attenzione è spietata, talvolta anche a costo di porre domande quantomeno singolari.
Oltre a Olohan e Winters, ad esempio, il veterano Brian Glenn, di Real American Voice, noto già prima dell’episodio domanda sull’abito con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Cara Castronuova, prima di occuparsi di politica, fino a cinque anni fa copriva incontri di box e fitness. In conferenza stampa ha chiesto a Leavitt se Trump intende condividere con i cronisti il suo piano di allenamenti, dato che è in “ottima forma”.
Un altro esempio è Monica Paige Luisi, che si occupa di un target specifico: i giovani studenti del college per Turning Point Usa ed è una sostenitrice dei dazi.
Forma e sostanza
A fine marzo, sono iniziate a circolare notizie secondo cui la Casa Bianca starebbe pianificando di assumere il controllo del piano dei posti nella sala stampa, attualmente gestito dalla White House Correspondents Association, la cui tradizionale cena è stata ripetutamente disertata da Trump per quattro volte da quando è presidente.
È una mossa incoraggiata dai nuovi media, tanto che Winters ha subito dichiarato che vorrebbe “Steve Bannon in prima fila“.
Dall’altro lato, desta invece l’allarme di chi teme e denuncia le ripetute pressioni messe in atto per scoraggiare il dissenso e imporre un certo gergo ai giornalisti, soprattutto dopo quanto accaduto ai danni della Associated Press, esclusa dallo Studio Ovale e dell’Air Force One per non aver adottato la dicitura “Golfo d’America” al posto di Golfo del Messico.
Qualsiasi modifica nella disposizione dei posti sarà comunque meno incisivo rispetto ai cambiamenti più profondi nei rapporti fra amministrazione e media nella Washington di Trump, dove la stampa tradizionale lotta per conservare pubblico e rilevanza, mentre le alternative Maga continuano a espandere il loro pubblico.
“Stanno morendo”, ha sintetizzato Winters.
In realtà, si stanno ormai facendo spazio – e con parecchio successo – i loro concorrenti progressisti. Ma per i nuovi media di sinistra non c’è spazio in questa Casa Bianca.