Vogue World: Hollywood 2025, come Condé Nast prova a restare competitivo

Di il 31 Ottobre, 2025
Agli editori non basta la pubblicità per sostenersi: occorre stare al passo con i cambiamenti tecnologici, puntanti su eventi e contenuti che coinvolgano le diverse piattaforme su cui vivono i giornali
Foto copertina: una pubblicità di Vogue in Olanda. Fonte: Flickr.

Con il super evento Vogue World: Hollywood 2025, Condé Nast sta provando a vincere la sfida per attrarre nuove categorie di pubblico, i social e l’intelligenza artificiale.

Dopo il Super Bowl, gli Oscar e forse l’ultimo Victoria’ Secret – che ha creato un inatteso hype e raggiunto le 32 milioni di visualizzazioni in streaming – tra gli eventi mondani più attesi nel panorama internazionale c’è il Vogue World.

Nei Paramount Picture Studios di Los Angeles, il jet set del cinema, della musica, delle arti visive e della moda del mondo si è riunito per celebrare Condé Nast, l’editore di diverse testate di spicco, fra cui Vogue, New Yorker, Vanity Fair Wired.

Dall’inizio

La prima edizione di Vogue World risale al 2022, quando a New York si sono riunite celebrità – anche dal mondo dello sport – per festeggiare i 130 anni della testata.

Ad accogliere gli ospiti, per la prima edizione, c’era un’edicola: simbolo di presidio culturale e di riferimento di quartiere anche per la grande mela.

Un evento mastodontico, il primo di quella portata organizzato da Condé Nast dopo la pandemia, e che aveva un focus più generale, incentrato sul binomio di moda e cultura.

Ed è proprio questa la forza storica delle riviste del gruppo: una concezione della cultura a tutto tondo, che, partendo dalla moda, guarda a tutte le altre forme di produzione culturale, senza pregiudizi.

Dai libri ai podcast, ma con la stessa con la curiosità di riscoprirne gli impatti sulle abitudini della società.

E lo fa usando tutti gli strumenti necessari per restare competitivo.

Ponte con il cinema

Dalla prima edizione, il format si è evoluto anno dopo anno, ma con una costante: scegliere una città scelta e valorizzarla coinvolgendo le sue menti creative.

È stato il caso di Londra, nel 2023, al Theatre Royal Drury Lane.

Quell’edizione ha dato spazio alla scena artistica della capitale inglese, spaziando dall’opera lirica a Shakespeare, passando per le arti di avanguardia e arrivando a raccogliere due milioni di sterline, donati poi alla scena artistica britannica.

Lo scorso anno è stata la volta di Parigi.

A giugno, con la conduzione di Cara Delavigne per lo streaming, Place Vendôme ha ospitato l’edizione del Vogue World che, nell’anno delle olimpiadi francesi, ha deciso di concentrarsi proprio sullo sport.

Per quest’anno, Vogue World: Hollywood 2025 ha ripreso un caposaldo della propria linea editoriale: il ponte con il cinema.

Sette capitoli, associati a sette generi cinematografici: per ognuno di questi vengono celebrati costumi iconici, da quello di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany a quello di Johnny Depp in Edward Mani di forbice.

Una sfilata in cui hanno preso vita personaggi di diversi film attraverso altre celebrità, riconoscendo alla moda la capacità di interloquire con tutte le altre arti.

Un esempio è stata la collaborazione tra la direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri, e il regista Matteo Garrone, mentre a settembre Vogue Italia ha ospitato Cinemoda club a Milano.

O, ancora, la partnership tra Chanel e l’Opera di Parigi – che onora la tradizione iniziata da Coco Chanel con i Ballets Russes – o il ricordo dei costumi di Halston secondo la coreografa Martha Graham.

Punto di riferimento

Dietro a questa capacità di convogliare gli occhi del mondo su di sé, c’è Anna Wintour, storica direttrice di Vogue e global chief content officer di Condé Nast.

Dagli anni Novanta, come ben raccontato nella serie Vogue: The 90sWintour ha in mano le redini del magazine, che ha traghettato attraverso 30 anni di cambiamenti, passando dalla perdita di cari amici per l’Aids alla prima rivoluzione digitale, dai cambiamenti della body positivity all’esplosione dei social media dopo la pandemia.

Ad accompagnare Wintour sono l’amministratore delegato Roger Lynch, Chloe Malle, recente acquisto di Condé Nast e a capo dei contenuti editoriali per l’edizione statunitense di Vogue, la testata più importante dell’azienda per fatturato e profitti. Infine Mark Guiducci, direttore editoriale creativo di Vogue.

L’evento Vogue World: Hollywood 2025, fortemente voluto da Wintour, ha generato una stima di almeno 30 milioni di dollari di introito, con un incremento del 50% rispetto all’edizione dello scorso anno, secondo il Wall Street Journal.

Vogue World si inserisce in una strategia che dall’evento in presenza produce contenuti multipiattaforma associati ad ulteriori pubblicità.

È simile all’organizzazione del Met Gala, la famosa notte dedicata alla raccolta fondi per il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, realizzata in collaborazione con il magazine.

Ogni anno, collegandosi al live streaming – che nel 2025 ha avuto 15 milioni di utenti –, si può assistere a una serie di contenuti in stile Vogue. Tra questi, Getting ready, le interviste della content creator e imprenditrice Emma Chamberlain.

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Anna Wintour durante un evento di premiazione dell’Ordine dell’Impero Britannico, nel 2024. Foto: Wikimedia Commons.

Giornali oltre i giornali

Restano diversi interrogativi per il futuro dell’azienda.

In primo luogo perché la diminuzione dei lettori e degli abbonati, assieme alle sfide e alle opportunità che l’IA presenta all’industria dei media, spingono i gruppi editoriali verso strade che sembrano allontanarsi dal giornalismo tradizionale.

In realtà, alla base c’è comunque la ricerca di contenuti di valore, a prescindere dalla piattaforma con cui vengono veicolati.

Testate come WiredNew Yorker, riporta il Wall Street Journal, godono di ottima salute, pur restando al passo con i rapidi cambiamenti che attraversano la società, la politica e l’economia.

Almeno in questa fase di transizione, sembra che le realtà più potenti e consolidate riescano a confrontarsi meglio con le big tech e le società di IA – grazie alle maggiori capacità economiche e alla diffusione delle proprie pubblicazioni – rispetto ai concorrenti più piccoli.

Tuttavia, anche dentro gruppi come Condé Nast esistono delle disparità.

Vogue ha una potenza di fuoco capace di convogliare le luci su di sé diverse volte durante l’anno, ma testate minori come Glamour risultano più colpite dai cambiamenti tecnologici.

Il mondo sta cambiando e ai giornali si chiede sempre di più di andare oltre il loro business di riferimento e avere con sé figure specializzate come event manager e commerciali, per spingere l’asticella sempre un po’ più in alto.

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Ludovica Taurisano
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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.