
Foto copertina: Arthur Gregg Sulzberger, editore e presidente del Cda della New York Times Company dal 2021. Foto: Wikimedia Commons.
Succede che, di tanto in tanto, la New York Times Company venga sottoposta alle pressioni di un azionista attivista che, dopo aver aumentato le proprie quote nel gruppo editoriale, cerca di influenzare le decisioni del consiglio di amministrazione. Stavolta è il turno del fondo Fivespan, con sede a San Francisco, in California.
Secondo Bloomberg, a fine agosto i finanzieri hanno accresciuto la propria posizione nell’azienda che pubblica il New York Times per spingere il presidente Arthur Gregg Sulzberger e il Cda a potenziare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di ottimizzare i costi e aumentare in modo più rapido il numero di abbonati.
In una lettera indirizzata agli investitori, Fivespan ha scritto che “l’IA può più che raddoppiare il potenziale di ricavi e profitti a lungo termine della società”, accrescendo il numero di abbonati e “aprendo nuove fonti di guadagno redditizie”.
Non è nota la quota raggiunta da Fivespan, ma, riporta Bloomberg, le azioni dell’editore erano salite dell’1,2% martedì 26 agosto, quando è stata pubblicata la notizia della lettera.
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Difesa e contromosse
Anche in passato la New York Times Company – e dunque la proprietà della famiglia Sulzberger – ha dovuto difendersi da attivisti che hanno tentato di contendere la leadership in Cda e dunque il potere decisionale sul gruppo, dichiarando i propri intenti agli altri azionisti o tentando la scalata per guadagnare peso nelle assemblee.
Oltre Fivespan, il caso più recente è quello di ValueAct Capital Management, un fondo guidato da quelli che oggi sono i fondatori della stessa Fivespan, Dylan Haggart e Sarah Coyne.
Nel 2022, ValueAct è arrivato a possedere il 6,7% delle azioni, con l’intento, dichiarato in una lettera, di spingere il giornale a puntare di più sul digitale e sulla formula – poi rivelatasi azzeccata – di proporre pacchetti che combinavano notizie, giochi e ricette di cucina.
Diversi anni prima, tra il 2007 e il 2008, l’hedge fund newyorkese Harbinger Capital era arrivato a detenere il 19% delle quote della società editoriale, ottenendo due seggi in Cda.
L’assalto era stato comunque sventato dai Sulzberger e Harbinger aveva ridotto poi la propria partecipazione.
Poco più di un anno prima, nel 2006, Morgan Stanley Investment Management, all’epoca quarto azionista nella New York Times Company con il 5,6% delle quote, aveva dichiarato di voler eliminare il meccanismo delle azioni a doppia classe – A e B – che garantivano alla famiglia Sulzberger la possibilità di mantenere il proprio controllo sull’azienda.
Anche in quel caso, il board aveva respinto la richiesta.

La sede del New York Times a New York, realizzata dall’architetto italiano Renzo Piano. Foto: Flickr.
IA secondo il New York Times
La principale richiesta di Fivespan, un maggiore impiego dell’IA all’interno della società, è un tema molto discusso all’interno del New York Times.
In questo caso, però, l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale riguarderebbe più le attività non editoriali del quotidiano che, in redazione, ha già adottato regole precise per l’uso di tool di IA sviluppati internamente.
In particolare, Fivespan sollecita il board ad adottare in maniera più massiccia l’IA per ridurre il costo delle traduzioni in più lingue e della produzione video, oltre che per creare paywall e prezzi di abbonamenti personalizzati per ogni potenziale nuovo cliente.

Foto: Unsplash.
Sul fronte del rapporto e delle collaborazioni con le big tech, invece, la testata ha invece mantenuto un approccio aperto ma ferreo sulla difesa dei propri contenuti.
Da un lato, a dicembre del 2023, ha fatto causa a OpenAI e Microsoft, accusandole di aver sfruttato i contenuti editoriali senza autorizzazione per addestrare i suoi modelli di IA, contro le norme sul copyright.
A ottobre del 2024, ha poi inviato una lettera di diffida a Perplexity per lo stesso motivo, invitando il motore di ricerca a smettere di utilizzare in maniera non lecita i propri articoli.
Dall’altro, la New York Times Company ha invece stretto una collaborazione con Amazon: da giugno di quest’anno, l’assistente vocale Alexa può accedere ai contenuti editoriali del quotidiano, comprese le sezioni tematiche Cooking e The Athletic.
L’accordo vale alla società guidata dalla famiglia Sulzberger circa 20 milioni di dollari all’anno, che si aggiungono a quelli raccolti dalle pubblicità – dove l’azienda ha adottato un approccio innovativo – e dai quasi 12 milioni di abbonati (11,88 milioni secondo i dati di agosto).