Tra SEO e AEO verso la costruzione di una nuova frontiera ibrida

Di il 23 Dicembre, 2025
Tra coloro che sostengono l'importanza di un contenuto basato sull'ottimizzazione e chi, invece, pensa al miglioramento dei motori generativi, una nuova era sta prendendo forma
Immagine di copertina: Shutterstock

Per chi lavora nel marketing digitale, il Black Friday di quest’anno non è stato soltanto un picco di consumi, ma un banco di prova per capire quanto la ricerca basata sull’intelligenza artificiale stia iniziando a incidere davvero sui comportamenti degli utenti.

Secondo Semrush, in questo periodo di scontistica, 20 grandi retailer hanno ricevuto in media 183mila visite al giorno da parte di ChatGPT e altri Large Language Model.

È ancora poco rispetto alla search tradizionale, ma è otto volte più del 2023.

Un risultato particolarmente significativo guardando anche al fatto che il settore ha capito come la ricerca basata su AI stia iniziando a generare traffico e potenzialmente ricavi ma, allo stesso tempo, ancora non è ben chiaro come le aziende debbano prepararsi.

Nel frattempo, Adobe ha comprato Semrush per 1,9 miliardi di dollari, segnale che i big del software in questo nuovo mercato ci credono eccome!

Un’accelerazione che ha acceso un dibattito su come ci si prepara a un ecosistema in cui le risposte generate dall’AI diventano un punto di accesso all’informazione commerciale e se si tratti di un fenomeno destinato a convivere con la ricerca tradizionale o a sostituirla.

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Tra SEO e AEO

Lo scenario oggi appare, quindi, frammentato. Da una parte ci sono i ferventi sostenitori del fatto che la SEO non sia ancora morta, premiando le buone pratiche classiche a cui oramai ogni sito web deve rispondere ed è abituato come l’autorevolezza, la proposta di contenuti di qualità, la presenza di fonti affidabili.

Da un’altra ci sono coloro che sostengono che ci troviamo davanti a una nuova era. Si chiama AEO – Answer Engine Optimization, conosciuta anche come GEO (Generative Engine Optimization) ed è pensata per l’ottimizzazione dei motori generativi.

Startup come Evertune e Profound stanno attirando investimenti milionari, mentre nuovi attori — dalle piattaforme PR ai network di affiliazione — stanno costruendo servizi pensati per rendere i contenuti più “leggibili” dai chatbot.

Secondo alcuni analisti, il mercato SEO+AEO potrebbe arrivare a 171 miliardi di dollari entro il 2030, come si legge sul Wall Street Journal.

La vera domanda che in tanti si fanno è, quindi, se l’AI cambierà – e fino a che punto sarà in grado di farlo – le regole del gioco.

L’imprenditore Benjamin Houy ha già sperimentato quanto sia difficile “ottimizzare” la presenza dei brand nei risultati degli LLM.

Il suo progetto, Lorelight, nato per aiutare le aziende a emergere nelle risposte dei chatbot, ha finito per confermare una verità meno rivoluzionaria del previsto: ciò che funziona per la SEO classica — autorevolezza, contenuti solidi, presenza su fonti credibili — continua a funzionare anche nell’era dell’intelligenza artificiale.

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Verso una nuova convivenza

Per la maggior parte degli analisti, arriveremo a un punto in cui SEO e AI riusciranno a convivere senza assistere a una sostituzione, ma a una fusione.

Le aziende specializzate in SEO stanno integrando servizi legati all’AI, mentre le nuove realtà dell’AEO stanno scoprendo che molte tecniche consolidate restano indispensabili.

La differenza principale riguarda la natura dei contenuti: i modelli linguistici hanno bisogno di una quantità maggiore di informazioni, aggiornate e dettagliate per rispondere a domande complesse e contestuali.

Da qui, il ritorno in auge di strumenti spesso considerati “vecchia scuola”, come i comunicati stampa o le schede prodotto estremamente dettagliate.

Alcuni brand, come Expedia, hanno visto migliorare la propria visibilità nelle risposte dei chatbot semplicemente arricchendo le descrizioni dei servizi offerti.

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A marcia indietro

Un altro cambiamento significativo riguarda il peso crescente delle conversazioni spontanee degli utenti. Forum, community, commenti video diventano centrali nella costruzione delle risposte da parte degli LLM.

Per i brand, questo significa tornare a lavorare sulla reputazione, sulla chiarezza della propria proposta di valore e sulla capacità di generare conversazioni autentiche.

In questo scenario, il marketing del brand torna centrale: non più come esercizio di stile, ma come leva per influenzare ciò che gli utenti dicono e condividono. È un ritorno alle origini, sì, ma con strumenti nuovi.

Se c’è una certezza, è che nessuno ha una mappa definitiva del futuro sull’AI.

E sono gli stessi protagonisti del settore che invitano alla prudenza: chi promette formule magiche o previsioni a lungo termine rischia di vendere illusioni.

L’unica strategia sensata, oggi, è sperimentare: testare formati, osservare come gli LLM evolvono, capire quali contenuti vengono premiati e quali no.

Il panorama è in movimento, e proprio per questo rappresenta un terreno fertile per chi lavora nella comunicazione.

E forse non si tratta di abbandonare la SEO né di inseguire ciecamente l’AEO, ma di costruire un approccio ibrido, capace di adattarsi a un ecosistema in cui la ricerca non è più un elenco di link, ma una conversazione continua tra utenti, brand e intelligenze artificiali.

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Chiara Buratti
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Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).