TikTok merce di scambio fra Trump e la Cina. L’accordo entro due settimane

Di il 30 Giugno, 2025
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Dopo la terza proroga per evitare il divieto dell'app, il presidente degli Stati Uniti per ora ha svelato che gli acquirenti sono persone "molto facoltose" e Xi Jinping accetterebbe la proposta

Dopo avere posticipato per una terza volta il divieto di utilizzo di TikTok negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha annunciato di nuovo che sarebbe stato trovato un accordo per l’acquisto del ramo statunitense dell’applicazione cinese.

Durante un’intervista al programma Sunday Morning Futures, in onda su Fox News ieri mattina, 29 giugno, Trump ha dichiarato alla conduttrice Maria Bartiromo che svelerà entro “un paio di settimane” il nome dell’acquirente.

Per ora, l’inquilino della Casa Bianca si è limitato a dire che si tratta di “un gruppo di persone molto facoltose”, oltre a sottolineare che per finalizzare l’acquisizione occorrerà l’autorizzazione del governo di Pechino.

“Penso che il presidente Xi la concederà”, ha specificato.

A oggi, quindi, poco si sa dei potenziali investitori che potrebbero porre fine a una vicenda, quella del potenziale ban del social media negli Stati Uniti, che si protrae da gennaio.

A eccezione di poche ore tra il 19 – data originaria in cui la legge approvata dal Congresso e dall’ex presidente Joe Biden sarebbe dovuta entrare in vigore – e il 20 gennaio, il divieto è stato finora evitato da tre proroghe sancite con ordini esecutivi della Casa Bianca.

L’ultima, approvata il 19 giugno, garantisce altri 90 giorni di vita all’applicazione.

TikTok ban US created ChatGPT

Immagine creata con ChatGpt, Gpt-4.

Qualcosa più grande

Giornalisti e analisti hanno scritto diverse volte che il possibile scorporo delle attività statunitensi di TikTok per mantenere attiva l’app nel Paese rientra in un quadro più ampio di negoziazioni dei rapporti commerciali tra Washington e Pechino, complicati dalle tariffe di Trump.

Proprio i dazi sull’import cinese avevano fatto saltare ad aprile un accordo che la Cnn e altri media internazionali avevano dato come quasi fatto.

Questo prevedeva che una cordata di imprese americane – fra cui Amazon, Oracle e il gruppo di marketing mobile AppLovin – acquisisse il 50% degli asset statunitensi del social media, dando vita a una nuova divisione locale di TikTok.

Gli attuali investitori avrebbero mantenuto circa il 30% delle quote e ByteDance, la società cinese attualmente proprietaria dell’app, il 20%.

Come aveva riportato Mediatrends, a fronte dell’aumento della tariffa doganale al 54% sui beni in entrata dalla Cina, il governo guidato dal presidente Xi Jinping ha risposto con dazi al 34% sulle merci statunitensi e aveva vietato la finalizzazione dell’intesa per la cessione del ramo americano di TikTok.

A quel punto, Trump ha emanato una nuova proroga di 75 giorni, a cui è seguita la terza, approvata a giugno.

A complicare le trattative è stato – ed è tuttora – il punto focale della nuova struttura dell’app negli Stati Uniti: il controllo dell’algoritmo, tra i sistemi di intelligenza artificiale più avanzati nel suo ambito.

Secondo la stampa, Pechino non sarebbe disposta a cedere facilmente una tecnologia così importante e strategica a imprese americane rivali.

Senza di esso, il valore delle attività di TikTok negli Stati Uniti si aggirerebbe intorno ai 50 miliardi di dollari – e aumenterebbe anche di quattro volte se lo comprendesse.

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Foto: Pexels.

Nessun appoggio

Il divieto del social media cinese sarebbe una decisione così scomoda da prendere che nessuno vorrebbe farsene carico, sottolinea Axios.

I competitor – da Meta a Google –, seppure guadagnerebbero in totale tra i 15 e i 20 miliardi di dollari dall’uscita di TikTok dagli Stati Uniti grazie al trasferimento dei ricavi pubblicitari dei content creator, potrebbero subire la reazione della Cina e dei suoi alleati, con conseguenti ban delle proprie piattaforme in questi Paesi.

Sul piano politico, gli esponenti in Congresso di entrambi i partiti avevano votato lo scorso anno a favore del divieto dell’app per motivi di sicurezza nazionale e rischi di spionaggio e interferenza cinese – motivazioni confermate da una sentenza della Corte Suprema del 17 gennaio.

Ora, però, la situazione si è rovesciata.

Il partito repubblicano si è totalmente appiattito sulle posizioni di Trump che, dopo aver osteggiato il social media durante il suo primo mandato, cinque anni dopo dichiara di volerlo salvare.

I democratici, già in crisi di identità e dovendo recuperare elettori in vista delle elezioni di mid term del prossimo anno, non vogliono essere etichettati come i nemici di un’app utilizzata da 170 milioni di americani, per la maggior parte giovani.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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